Libertà di stampa
Perché "Messaggero" e "Mattino" ce l’hanno all'unisono con Salvini
per la legge sulle autonomie?
Oggi, come da alcune settimane, “Il Messaggero” e “il Mattino”
giornali di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone , alla testa, si dice, del
quinto gruppo editoriale italiano, martellano Salvini, criticandone
l’operato, sulla questione di una maggiore autonomia finanziaria alle Regioni del Nord, di recente rilanciata
dal Giostraio Mancato.
Non siamo giornalisti
investigativi, però la cosa è sospetta. Probabilmente - tesi più semplice - Caltagirone
teme di perdere relazioni e lavori, insomma denari, al Nord, oltre a quelli che già sta perdendo nella Capitale, dove domina l’immobilismo orientale edilizio a Cinque Stelle. E
quindi si difende, dando ordine di attaccare agli affidabili direttori, Virman Cusenza e
Federico Monga, che nel giugno scorso sostituì al "Mattino" Alessandro Barbano (nella foto),
dimissionato perché antipopulista.
Come si può capire, Caltagirone, inizialmente, aveva ordinato di
sospendere il giudizio sul Governo
giallo-verde, sacrificando il recalcitrante Barbano. Ora però, sembra aver cambiato idea su Salvini (ma anche su Di Maio, visti i non pochi attacchi al Reddito di Cittadinanza e a Quota Cento). Sicché da alcune settimane i suoi giornali
hanno aperto il fuoco su una questione, sostanzialmente di soldi, come quelle
delle autonomie.
Si dirà, Caltagirone paga,
Caltagirone comanda. Giustissimo. Però,
ecco, sarebbe compito dei giornalisti, dalla redazione ai collaboratori, non attaccare il famigerato asinello dove desidera il padrone, quando e se ritenuto lesivo della
propria dignità e della libertà di stampa. Anche a rischio di perdere lavoro o contratto di collaborazione.
A questo proposito, quando
Barbano venne dimissionato, nel silenzio generale della stampa italiana, alcuni intellettuali e accademici - come si legge nell’unico
foglio, per giunta pubblicato Oltreoceano, che osò sfidare il conformismo, intervistandolo
- indirizzarono, assai preoccupati, una lettera aperta al
nuovo direttore.
Ottimo. Sottoscriviamo. Ci sarebbe però piaciuto leggere, accanto a queste firme, quella di Alessandro Campi, professore a Perugia, già consigliere di Gianfranco Fini e, per l'appunto, collaboratore del “Messaggero” e del “Mattino”. Che invece si è ben guardato da aggiungere la sua. Le tesi di Étienne deLa
Boétie sono
note. La servitù volontaria se la impongono gli uomini, da soli…
In un quadro politico che cambia confusamente e che
accredita linguaggi semplificati, programmi fantasiosi e perfino oscure
identità geopolitiche, abbiamo appreso increduli del licenziamento di
Alessandro Barbano dalla direzione del Mattino, scrivono, il suo allontanamento
ci sembra segnalare una pericolosa tendenza a seguire, talvolta
pedissequamente, il carro della politica di Palazzo. Ma riteniamo non meno
gravi le reazioni a un atto così repentino, ufficialmente immotivato, in
qualche misura drammatico.
Le reazioni, infatti, non ci sono state. Non una parola è
stata spesa da parte della stampa nazionale e perfino della stampa locale. Non
una parola è venuta da una solitamente combattiva Fnsi, dall’Ordine dei
Giornalisti o dalle istituzioni politiche, continua la missiva. Non è per una
corriva acquiescenza al retroscenismo che denunciamo le due notizie: il
licenziamento e il silenzio. Esse avvengono nei giorni stessi in cui cambia il
quadro governativo e sembra dilagare una lettura manichea del Paese e del mondo
che sarebbe errato giudicare semplicemente ingenua.
Biagio De Giovanni, Paolo Macry e Aldo Masullo
Ottimo. Sottoscriviamo. Ci sarebbe però piaciuto leggere, accanto a queste firme, quella di Alessandro Campi, professore a Perugia, già consigliere di Gianfranco Fini e, per l'appunto, collaboratore del “Messaggero” e del “Mattino”. Che invece si è ben guardato da aggiungere la sua. Le tesi di Étienne de
Pertanto, Caltagirone fa il suo lavoro. Sono certi
intellettuali che non fanno più il loro.
Carlo Gambescia