Un anno dal punto di vista metapolitico è quasi nulla. Si pensi, ad esempio, al famoso attacco alle Torri Gemelle, anno di grazia 2001. Non pochi storici ne parlano tuttora come un punto di svolta.
In realtà, dal punto di vista metapolitico, al di là dei simbolismi che piacciono tanto ai socio-astrologi, il 2001 rimanda a una sciabolata, per quanto ardita e spettacolare, del fondamentalismo islamico.
Un colpo mandato a segno. Nulla di più di una ennesima reazione allo sviluppo e diffusione della modernità occidentale. Un processo centripeto, come insegna la metapolitica, che si può far risalire alla conquista oceanica delle marine occidentali (portoghese, spagnola, olandese, francese e britannica), consolidatosi nel XVI secolo e in quelli successivi.
Marinai e soldati, preti e mercanti, agricoltori, pirati e corsari: uomini superbi che prima strapparono l’Oceano Indiano agli arabi, per poi dilagare fino all’India, alla Cina e al Giappone. Assaltando infine l’Oriente anche dal lato del Pacifico, dopo aver creato dal nulla alla fine del XVIII, la Repubblica Stellata, nonché nel secolo successivo le consorelle repubbliche ispano-americane.
Da allora incominciò un gioco mondiale di azioni e reazioni tra l’Occidente e l’Oriente.
Il 2001 non è altro che un episodio di questo processo secolare, che non va mai perduto d’occhio. Dal punto di vista delle regolarità metapolitiche siamo dinanzi al contrasto tra la forza centripeta, moderna e potente, dell’Occidente euro-americano, e quella centrifuga dei suoi nemici, che nel caso del mondo islamico ha assunto caratteristiche religiose e antimoderne.
Detto questo, si può capire quanto sia ridicolo fare un bilancio del 2023 sulla base degli eventi dell’ultimo anno.
Si può solo asserire che il 2023 ha confermato questa dinamica metapolitica. Come provano la continuazione della guerra russa contro l’Occidente in Ucraina e l’ennesima aggressione contro Israele, baluardo dell’Occidente.
Ovviamente, quando appena detto, si può interpretare al contrario, come un “sano” movimento centrifugo di risposta agli sforzi centripeti dell’Occidente.
In realtà – qui forse sta il fatto nuovo – l’Occidente, dopo i processi “di” decolonizzazione, anzi “con” i processi di decolonizzazione, che hanno avuto luogo nel seconda metà del Novecento, ha rinunciato al progetto centripeto. Di qui il gran parlare, con effetti anche pratici, da parte dei suoi nemici, dell’ “auspicabile” nascita di un modo multipolare, cioè segnato da forze centrifughe. Niente di più inesatto dal punto di vista metapolitico. Torneremo sulla questione nella chiusa.
Inutile indagare a fondo le motivazioni della marcia indietro dell’Occidente. Basterà ricordarne tre: pacifismo diffuso, welfarizzazione dei rischi sociali e politici, ritorno dei nazionalismi (quindi processi centrifughi interni).
L’Occidente potrà risalire la corrente nel 2024? Sarà sufficiente un anno per invertire una deriva che risale almeno agli anni Cinquanta del Novecento. Non crediamo, perché le forze centrifughe interne rischiano di facilitare il lavorio disgregativo delle forze esterne all’Occidente.
Facciamo solo una semplice osservazione. Se alle elezioni europee di quest’anno dovessero vincere le destre nazionaliste, il processo centrifugo interno potrebbe acquisire ulteriore velocità. Del resto anche se vincesse la sinistra, pacifismo e welfarizzazione, fattori di indebolimento interno, favorirebbero inevitabilmente il processo centrifugo esterno.
Lo stesso discorso potrebbe essere esteso al duello elettorale, che molti osservatori danno per scontato, tra Biden e Trump.
Certo, è vero che dinanzi all’aggressione russa l’Occidente si è mostrato meno disunito. Però è altrettanto vero che si è ben guardato dall’ impartire una dura lezione a Mosca. Si vive tuttora alla giornata. Mentre il tempo lavora in favore della Russia e delle forze centrifughe esterne nemiche dell’Occidente.
Un atteggiamento, quello occidentale, se non rinunciatario, pericolosamente attendista, che può essere esteso alle titubanti e ambigue reazioni dinanzi alla recente aggressione subita da Israele.
Alla luce di quanto detto, sarà perciò difficile che nel 2024, l’Occidente rinsavisca, e torni a giocare un ruolo centripeto all’esterno. Come pure che le forze centrifughe esterne facciano un passo indietro. Perché non dovrebbero non sfruttare la debolezza dell’Occidente?
Il potere – altra regolarità metapolitica – tende sempre a ricostituirsi, perciò, una volta ridotto a brandelli centrifughi l’Occidente, le forze centrifughe esterne dovranno fare i conti, al loro interno, con le forze centripete rappresentate dalle potenze più forti vittoriose sull’Occidente. Il multipolarismo non è altro che una razionalizzazione o giustificazione ideologica – di nuovo un’altra regolarità – dei temporanei desiderata delle forze centrifughe in attesa di trasformarsi in centripete.
Per uscire da questo vicolo cieco sarebbe necessaria una rivoluzione culturale, una specie di superbo ritorno caratteriale alle origini militari e marinaresche della conquista del mondo da parte dell’Occidente. Diciamo pure al momento storico centripeto.
Un “recupero” che ovviamente non può avvenire in un solo anno. Soprattutto se la destra, non solo italiana, continuerà a recitare il mantra nazionalista e isolazionista, e la sinistra a predicare pace e welfare. Dimenticando la grande lezione della metapolitica.
Carlo Gambescia