giovedì 29 agosto 2013


Gli esodati ( a peso d'oro)   del “Secolo d’Italia”






In  effetti,  fa  malinconia.   Chi?  Il  “Secolo d’Italia”, ora  on Web.  Perché,  pur sforzandosi  di navigare  a vista nel tempestoso mare del Pdl,  si capisce subito che   politicamente  non rappresenta più nessuno.  Se non   un gruppetto  di  esodati (a peso d’oro) dal Parlamento,  tornati al  giornalismo,  tanto per non farsi mancare nulla.  Inutile fare i nomi,  basta “sfogliarlo”: http://www.secoloditalia.it/  . 
Assomigliano a  generali in pensione.  Danno consigli non richiesti,  tracciano pomposi scenari politici, formulano idee strategiche da guerre stellari...  Ma  nessuno se li fila: non hanno truppe. Detto altrimenti, voti. Sotto sotto molti confidano nelle prossime elezioni europee, pochi altri nella rinascita di An, pochissimi nella bontà (retroattiva, questa sì) del Cavaliere. Tutti quanti, però,  sperano, per restare in metafora,  di essere richiamati in servizio attivo.  Per certi versi  ricordano -  ma senza la dignità di essere passati  tra le fiamme della guerra civile -   i loro nonni e padri   che,   nel 1945-1946,  si accapigliavano sotto i portici della romana piazza Colonna, discutendo, rigorosamente a stomaco vuoto, sulle cause della sconfitta mussoliniana:  leggere  per credere gli avvincenti  libri di Ugo Franzolin,  già  redattore  del “Secolo d’Italia”, oggi scomparso,  uomo di  altra tempra.  Parliamo, insomma,  di poveri cristi che avevano  giocato e perduto tutto.  Mentre  gli  esodati  goldfinger  di Fini e Berlusconi  possono addirittura  permettersi di scrivere a tempo perso.
Alcune settimane fa  sul “Secolo d’Italia” è  apparso il    necrologio di un intellettuale gentiliano della vecchia guardia missina,  scritto da un ex collaboratore del Gianfranco Fini  leccatissimo Presidente della Camera. Le lacrime sembravano vere…  Mentre leggevamo,  abbiamo però  pensato:  quante  volte l’autore della commemorazione ha  invitato il professore scomparso alle Giornate montecitoriane del libro politico? Nessuna.  O magari, vista la salute malferma,  solo  ricordato,  dedicandogli una sessione?  Come sopra.  E per quale ragione? Perché, evidentemente, un fascista tutto d'un pezzo poteva compromettere la nuova immagine democratica di Fini & Co.  Ora, però, come in ogni buon coccodrillo e coccodrillo egli stesso, cita,  con le lacrime agli occhi,  lo studioso scomparso,  quale prezioso esempio di  schiena dritta ...   Che pena.

Carlo Gambescia

domenica 25 agosto 2013


Marcello Veneziani e il Papa  
Diversamente coraggioso



Ieri sul  "Giornale” è apparso un  pezzo di Veneziani  dedicato al  Papa.  Prima  di giudicarlo, rileggiamolo insieme.


Sua Santità in interurbana
Da quando ha cambiato gestore, il Papa prende dappertutto. Ha campo perfino dove prima non aveva neanche mezza tacca, fra gli atei e i refrattari. L'altro giorno anche un ragazzo di Padova ha ricevuto una sua telefonata di otto minuti, Francesco ha scherzato con lui e gli ha detto diamoci del tu. Ormai se ricevi una telefonata da numero sconosciuto non pensare che sia un operatore in cerca di piazzare offerte, magari è il Papa. Ti sta squillando - vedi chi è per favore - non compare il numero - allora sarà Papa Francesco - vedi tu cosa vuole, comunque diGli che ce l'abbiamo già.
Stalker divino, il Papa dispone di un abbonamento illimitato, come si addice al Vicario di Lui. In principio fu twitter, ora aspettiamo le faccine papali. Il Papa fa bene il suo mestiere. Certo, sconcerta un po' se paragoni il suo stile you and me al respiro solenne dei secoli, alla maestà dell'Auctoritas papale, al Sacro che incute rispetto e distanza.
Ma lo spirito soffia dove vuole, anche in un cellulare. Quel che annoia invece è l'ammirata e rituale sorpresa dei media. Ogni cosa che fa, anche banale, è un miracolo: san Francesco parlava agli uccelli, a Francesco invece gli rispondono perfino i pesci. Miracolo doppio. Grande, apre ai gay e a Balotelli, telefona e scherza con tutti, magari organizza gavettoni in Vaticano. Bertone ne sa qualcosa del nonnismo papale... Comunque Francesco ha oscurato Obama (si può dire o è razzismo?). Ha scalato la top ten dello star system. Che poi cresca con lui pure la Fede, lo sa solo Dio.


Cosa dire?  Che è assai difficile che la cultura,  lugubre e  inteschiata,  in cui  sguazza  Veneziani,  con tanto di ciambella littoria  e canotta rigorosamente nera (siamo in estate...),  possa concepire  un Santo Padre scherzoso,  dal bel sorriso, aperto  e sincero.   Di qui,   l’ironia dozzinale - neppure svaticanante futurista ma farinacciana esse esse,  lui capisce... -  su Papa Francesco.   Salvo  le solite frasi ad effetto, da tradizionalista un tanto al chilo,  sul  “respiro solenne dei secoli”,  sulla  “maestà dell'Auctoritas papale”, sul  “Sacro che incute rispetto e distanza”. Gli ultimi a ragionare così  mandarono a morire i nostri soldati, male armati e in scarponi cartonati, nella gelida steppa russa in difesa della civiltà cristiana, liberamente  reinterpretata da  Mussolini,  mezzo ateo e neppure devoto. Il Papa  userà pure  il cellulare, forse troppo,   ma si espone, anche in senso fisico: fendendo  senza alcuna paura  le folle. Molti  parlano addirittura di temerarietà.  Anche  in questo modo  Francesco  può far crescere la fede.  E  tutto ciò - sia chiaro -  a prescindere da quel che possano scrivere i  media - alcuni media -   sempre pronti  a tramutare tutto in glamour…  Certo,  il Santo Padre,   può, far crescere la fede: si tratta di una sfida. E perciò  di una pura e semplice possibilità,  nella  quale si può credere o meno:  scelta che  dipende  dalla buona  fede  personale... Fede nel senso fiduciario e teologale del termine.
A dire il vero, in Russia,  una scappata la fece pure lo svaticanatore  Marinetti.  Altri tempi, altri uomini... Invece Veneziani -  a voler essere buoni, anzi buonisti... -   può  essere definito  un  diversamente coraggioso: con la scusa di criticare il conformismo mediatico,  ironizza sul Papa a costo zero,  ma al dunque  ha paura persino di fare il saluto romano. Leggere (qui) per credere: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2012/01/marcello-veneziani-e-il-saluto-romano.html .

Carlo Gambescia

lunedì 19 agosto 2013

I sessant’anni di Nanni Moretti
Il moralista  che ci meritiamo


Nanni Moretti  oggi compie sessant'anni.  Auguri.
In che modo parlarne? Innanzitutto,  le celebrazioni  vanno  lasciate alle  penne al  glucosio della stampa adorante.  Del resto  riteniamo  inutile   discutere   del regista, dell’attore, del produttore dal punto di vista tecnico:  chi scrive non ha competenze specifiche.   Tuttavia,  da poveri  spettatori (paganti) della domenica, potremmo definirlo  -  "a pelle" -  regista  prevedibile e attore mediocre.  Di produzione poi,  ne sappiamo perfino meno:   anche se - come dicono -  sembra  sia bravo, soprattutto nel tagliare i costi e captare finanziamenti.  Resta invece  molto più interessante  parlare del Nanni Moretti moralista,  come ama definirlo, nel bene e nel male,  una critica comunque ai fumi di incenso.  
Piccola premessa.  Ai moralisti classici e moderni  -  stando a due antologie  canoniche  - appartengono Machiavelli, Guicciardini,  Montaigne, Descartes, Pascal,  Mann, Croce, Eliot, Valéry.  Pesi massimi,  in larga misura al di sopra delle parti,  tesi a cogliere il lato universale  della condizione umana. E mai il particolare. Detto altrimenti:   l'uomo,  non l'ideologia.  Insomma, che relazione può esserci tra Nanni Moretti, un attore-regista manettaro e Benedetto Croce, il filosofo della libertà?  Tra  un vespista nutellomane e il profetico Thomas Stearns Eliot? Tra lo  sdoganatore di Caterina Caselli e il raffinatissimo    Thomas Mann?   
Nessuna. Evidentemente, dalla pubblicazione delle celebri  raccolte curate da Macchia, Zolla e Moravia,   si sono abbassati gli standard etici.  E di molto. Oggi   viviamo in un mondo dove  la parola moralista  non ha più alcun significato: un  "titolo", come quello di dottore, che  non  si nega più a nessuno; neppure a un cinematografaro di sinistra.

Ecco: di sinistra. La nuance ideologica spiega tante cose.  Parliamo di un  preciso riflesso culturale egemonico,  non solo italiano: riservare il titolo onorifico di moralista a chiunque  professi idee progressiste. E perciò di sinistra.  Idee di parte ( ilparticolare di cui sopra...),  visto che, almeno su questa terra, nessuno ha il monopolio della verità. Inoltre  in Italia  da circa vent'anni per essere laureati  moralisti,  oltre ai giovanili trascorsi di sinistra, occorre possedere l’attestato di benemerito anti-berlusconiano. Come dire:  il particolare del particolare... Altro che ricerca dell'essenza etica dell' uomo.
Concludendo, Moretti è proprio il moralista che ci meritiamo.  Il suo è  un moralismo compiaciuto, rigorosamente di parte,  che naviga a vista tra autobiografia politica, narcisismo generazionale e manicheismo ideologico.  Perfettamente  in  linea con quel  che oggi  passa  il convento della strabica etica  del mordi,  fuggi  e, quando conviene, ammanetta...      

Carlo Gambescia                

venerdì 16 agosto 2013

Modello algerino per l’Egitto?




Egitto.  Esercito e  polizia sparano sulla folla.  Centinaia se non migliaia di morti… Obama  depreca, l’Onu pure, l’ Ue si accoda. Israele vigila in silenzio.   Può darsi  che siano solo prese di posizione ad uso e consumo del marketing  retorico.  E che sotto sotto, in futuro,  soprattutto gli  Stati  Uniti  continueranno a sostenere  economicamente   l'esercito e le forze politiche anti-islamiche.
Se non fosse così,  dal  punto di vista del realismo politico (ossia degli interessi occidentali: Usa e  Ue ),  delegittimare  le forze armate  egiziane, favorendo l’islamizzazione politica  via elezioni,  sarebbe  un errore gravissimo: come   prima ripercussione  potrebbe esplodere un  nuovo conflitto  arabo-israeliano dalle conseguenze imprevedibili.    
Naturalmente,  il marasma egiziano è ben visto -  come ghiotta occasione per  dividere l’Europa dagli Stati Uniti  -  da tutte le forze anti-occidentali.   E  anche questo è realismo politico: sfruttare ogni occasione, anche la minima,  per mettere in difficoltà il nemico,   evidenziando, come nel caso,   la contraddizione insita nell’avversario tra teoria (i diritti, la democrazia, eccetera)  e pratica (appoggio ai repressori). Di  qui,  la debolezza costitutiva, quantomeno  sul piano del marketing  retorico,  dell’Occidente:  costretto a celebrare i diritti umani  anche contro i propri interessi.     
Va però  detto che  il fronte anti-occidentale, sul piano dei valori,  è  più composito  di quello filo-occidentale ( ad esempio la Russia di Putin non ha mai visto di buon occhio l’ integralismo islamico), ciò però non significa che sul piano degli interessi, magari  in futuro,  non possano  essere trovati  punti  di accordo.
Come finirà in Egitto?   Se l’ Occidente - e in particolare gli Stati Uniti -  chiuderà un occhio sui diritti umani, il modello evolutivo potrebbe essere quello algerino anti-Fis . Che però, a suo tempo,  richiese circa dieci anni di guerra civile. Naturalmente, dal punto di vista egiziano,  sull' evoluzione e durata della crisi  influiranno  il grado di  compattezza  dell' organizzazione  militare,  nonché  l'intensità della dialettica  moderati/estremisti  interna ai due schieramenti.  E ciò  significa che per il momento  nessun esito può essere giudicato scontato. Tutto è possibile. 

Carlo Gambescia

lunedì 12 agosto 2013


L’intervista di Lucia Annunziata a Ignazio Marino
Il sindaco e la cameriera



Si parla spesso, e criticamente,  del giornalismo  pro-Berlusconi in ginocchio. Giustissimo. Ma il fenomeno è diffuso anche a sinistra. Si legga ad esempio l’intervista  in crestina e grembiulino di Lucia Annunziata  al neo-sindaco di Roma sulla chiusura al traffico (per ora parziale)  di via dei Fori Imperiali.  Roba da ufficio stampa (del Campidoglio):

 Un presepe politicamente corretto (a sinistra, of course). La fidanzatina caraibica ma in carriera negli Usa, la passeggiata mano nella mano, lo stupore  dell’obamina in gonnella verso la storica indifferenza storica del romano medio. E poi l’antifascismo, l’ecologismo,  l’ archi-vulgata Insolera-Cederna.  Su Argan,  si insiste meno (forse perché a suo tempo attapirato  in camicia nera...). Nonché  la  spocchiosa  pretesa di   sapere ciò che è  bene per ogni singolo romano… Con l’Annunziata, pronta a porgere tartine, pasticcini,  tazze, sottopiatti e piatti. Salvo il “vedremo” finale (sulle possibilità del progetto),  per salvarsi l’anima, già  abbondantemente ceduta  in leasing ideologico al Pd.      
Personalmente,  non siamo contrari alla creazione di una grande area archeologica dal Foro Romano ai Mercati di  Traiano. Però si dovrebbe avere un’idea  di città  molto diversa da quella del sindaco Marino. Che, come si intuisce,  è  tutta  piste ciclabili (magari selvagge, come in viale della Milizie),  turisti (tanti) da spennare e romani (non periferici) da tassare.

Però, non ci si chieda quale…   Non siamo primi della classe come  lui…   

Carlo Gambescia

giovedì 8 agosto 2013

Nel verso giusto
di Nicola Vacca

Aforismi 2/ Città invisibili


Città invisibili per scrittori convinti di non avere mai dubbi. Quello che conta per loro non è sporcarsi le mani con la vita, ma specchiarsi nella loro" esistenza perfetta" circondati dai loro cortigiani, adulatori per tutte le occasioni di autocelebrazione


Scrittori che amano definirsi intellettuali chiusi nelle loro città invisibili. Si parlano addosso e non sanno vedere oltre la loro cecità.

Nicola Vacca

Nicola Vacca è nato a Gioia del Colle e vive a Salerno. È scrittore, opinionista, critico letterario, collabora alle pagine culturali di quotidiani e riviste. Svolge, inoltre, un’intensa attività di operatore culturale. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, tra i quali ricordiamo, Civiltà delle anime (Book) , Incursioni nell’apparenza ( Manni), Esperienza degli affanni, Almeno un grammo di salvezza (Edizioni Il Foglio), nonché Mattanza dell' incanto ( Marco Saya Edizioni), intensa raccolta fresca di stampa

venerdì 2 agosto 2013

 Berlusconi condannato
 Carcere  o  cappotto  tedesco?




La condanna di Berlusconi  può essere interpretata in due modi opposti: a) vittoria  della legalità b) trionfo dell’ingiustizia. 
Risulta evidente che la scelta tra le tesi  a) e b)  non può che essere di tipo politico. Chi ritiene Berlusconi un mascalzone opterà per a), chi un povero perseguitato  per  b).  Ovviamente, dal punto di vista giuridico la sentenza di ieri, come  ogni pronunciamento giudiziario definitivo, costituisce un punto fermo.  Di qui,  il dovere   per l’ex Cavaliere (visto che per effetto della sentenza Berlusconi  perderà anche questo titolo...) di  farsi da parte.        
Naturalmente, ci sono tanti modi per uscire di scena. Ci permettiamo di consigliarne uno (non sappiamo però se tecnicamente possibile…):  Berlusconi rifiuti le scorciatoie. O se si preferisce,   il “cappotto tedesco” (nel senso dell’ultimo Mussolini travestito da soldato della Wehrmacht).  E  scelga la prigione, come, tra l'altro, sembra aver dichiarato prima della sentenza. Sarebbe una risposta  rigorosa, e in certa misura persino socratica ( verso le istituzioni e le leggi italiane),  all' inflessibilità  mostrata dalla magistratura italiana nei suoi riguardi.   
Infine,  a proposito della capacità di non piegarsi all’altrui volontà, soprattutto se  politica, sarà interessante seguire  nei prossimi mesi le vicende dell’affaire  Monte dei Paschi di Siena. Dove ci si aspetta dalla magistratura lo stesso atteggiamento inflessibile.  

Carlo Gambescia