Pino Rauti, scomparso lo scorso 2 novembre, fu un
grande politico o un grande ideologo?
O le due cose insieme? O nessuna delle due? A
dirla tutta, e sorvolando sul fazioso giudizio della cultura
politica antifascista (che scorgeva in lui un terrorista
tout court), nell'ambiente missino, da vivo, Rauti non
era considerato, a parte alcuni giovani turchi, un grande ideologo
ma solo un giornalista, più colto della
media, in grado di spiegare Evola al popolo...
E da altri, non pochi, non era neppure
ritenuto un vero politico, perché troppo
dedito, almeno secondo lo standard vitalistico del
mondo missino, alle costruzioni intellettuali... Quindi scontentava
tutti o quasi...
Insomma, fu vera gloria? Sì,
stando ai compiacenti "coccodrilli"
degli ultimi neofascisti duri e
puri come dei postcamerati berlusconiani ( e chissà che
altro, tra poco...) del "Secolo d'Italia". In realtà, non è facile
rispondere. Ci prova l’amico Carlo Pompei. E con cognizione di
causa. Buona lettura. (C.G.)
Pino Rauti: l’ossessione della sintesi
di Carlo Pompei
La morte santifica tutti. In molti si sono affrettati a
rilasciare dichiarazioni stucchevoli sul decesso di Giuseppe Umberto Rauti
(detto Pino) che hanno generato perlopiù nausea in chi ha frequentato
l'ambiente e le persone che lo hanno "plasmato" in questi ultimi
venti anni. Si dice che l'acqua di Fiuggi purifichi e guarisca anche dai
"mali assoluti"… Non che Pino Rauti avesse bisogno di subire un
processo di canonizzazione, intendiamoci, ma la sua dipartita non dispiace
affatto a molti tra quanti affermano pubblicamente il contrario.
Assolto l'obbligo del doveroso incipit sull'ipocrisia
umana, veniamo al punto: fu intellettuale o ideologo? O semplicemente politico?
Ci sentiamo di escludere l'ultima figura citata, almeno nell'odierna accezione.
Rauti, oltre ad avere un'idea politica, aveva anche un'idea di come fare
politica, giusta e sbagliata, se ci si passa la critica. Vediamo perché.
Innanzitutto detestava i "politicanti" in
"doppio petto", una tipologia presente anche tra ex militanti dell'ex
MSI, poi promossi almeno consiglieri comunali nelle file di Alleanza Nazionale.
In secondo luogo ha ottenuto visibilità sui media nazionali soltanto dopo la
morte (o quando si parlava di "terrorismo nero").
A differenza del Grillo urlante, però - che diffida gli
esponenti del proprio movimento ad apparire in Tv per paura che (ingenui?)
possano essere inquinati e travolti da un sistema - Rauti avrebbe desiderato
più visibilità, più sèguito, specialmente tra i giovani, ma non era certo il
tipo di persona che elemosinava un'intervista. Lui avrebbe voluto che le sue
"idee che mossero il mondo" (seppur contaminate dal pensiero
evoliano) fossero analizzate - spontaneamente - da più persone, anche di idee
opposte, ma non avrebbe mosso un dito per forzare questo meccanismo che doveva
essere, ripetiamo, spontaneo. Tanto che alcuni media "diversamente
informati" hanno rispolverato la definizione "fascista di
sinistra" per questo suo possibilismo teorico, poi spesso smentito nei
fatti. Vedremo più avanti che cosa vogliamo intendere.
Al di là delle categorizzazioni, Pino Rauti è sempre stato
ossessionato dalla ricerca di sintesi, era un "intellettuale
inquieto" infastidito e incuriosito al tempo stesso dalla quotidianità e
dalla modernità. Un carattere non facile - risultante da un mix di DNA,
cultura, origini geografiche e segno zodiacale (Scorpione, per chi crede nelle
stelle) - faceva dell'uomo Rauti un piacevole interlocutore, ma anche un
"capo" intransigente e talvolta furibondo. Proviamo a capire, quindi,
che cosa volesse trasmettere una personalità così complessa.
La smania della ricerca del leader in se stessi - tormentone
della sinistra di oggi - a destra è sempre esistita: ognuno pensa di essere
meglio di chi comanda e allora si parte alla ricerca dell'idea vincente:
l'ideologo infatti vorrebbe convincere tutti della bontà del proprio pensiero;
Rauti, invece, non voleva far cambiare idea a coloro che già ne avevano una,
anzi, tendeva ad escluderli, voleva fornire idee a quanti non ne avessero o
fossero dubbiosi (e sono ancora molti). Questo suo atteggiamento, però, anziché
metterlo in evidenza e a capo di rivoluzionari insoddisfatti e frustrati dal
sistema, sovente provocava l'effetto contrario, quasi un'auto-esclusione.
D'altronde con il suo anti-americanismo (per lui, gli USA,
erano "I gendarmi del mondo") sembrava un anziano saggio capo indiano
a guardia della riserva dei princìpi. L'american style, con gingillo
tecnologico, di stampo veltroniano, era agli antipodi del suo modo di pensare e
con queste premesse è (purtroppo) difficile fare breccia tra i giovani d'oggi e
non soltanto tra di loro.
Tuttavia era abbastanza nota la sua lungimiranza per gli
sviluppi di questioni nazionali ed internazionali: con largo anticipo scriveva
di una futura crisi del sistema economico planetario e della sottomissione
della politica vera al "turbocapitalismo"; sosteneva l'impossibilità
di creare un'Europa solida soltanto con l'adozione di una moneta unica e, cosa
più importante, già prevedeva gli squilibri economici che ne sarebbero derivati
con i Paesi più forti. A più riprese ripeteva che l'Italia è "Il ventre
molle dell'Europa" e il Vecchio Continente è un "nano politico".
Si potrebbe affermare che anche altri sapevano queste cose,
ma rimane il fatto che soltanto lui e pochissimi altri - Rutilio Sermonti, ad
esempio - ne scrivessero già molti anni addietro, quando internet non aveva
ancora raggiunto il livello di sviluppo e diffusione di oggi. Proprio in quei
mesi nel Primo Governo Prodi uscente e nel D'Alema entrante si brindava al
neonato Euro, fissato a quota 1936,27 lire. Per la sinistra, il "nano
politico", era Silvio Berlusconi.
Poi, sfortunatamente, non seguirono azioni di rilievo, forse
per scarsa visibilità, forse per preconcetti sul personaggio più che sulla
persona, forse perché un avvicendamento di leggi elettorali sfavorevoli ai
movimenti minori non consentì la diffusione e l'eventuale promulgazione
(figuriamoci) di un progetto politico che probabilmente avrebbe meritato
maggior successo.
La tesi "andare oltre" presupponeva un superamento
del sistema dei partiti (ben prima di Tangentopoli o dell'odierna antipolitica)
e degli schieramenti destra - sinistra, per lui obsoleti già trenta anni fa:
non sarebbe mai potuto scendere a compromessi per l'acquisizione di poltrone, anche
se queste servono per imporre, o quantomeno presentare, le proprie idee in
Parlamento. Non che non lo sapesse, ma la sua "linea" di pensiero non
gli consentiva di accettarlo (fatte salve scelte di campo recenti dettate
dall'ennesima sconfitta subita "in casa"). La costituzione di
Alleanza Nazionale, cioè l'apertura politica a partiti estranei alle
"radici" del Movimento Sociale Italiano, rimase uno dei suoi più
grandi crucci, anche se - bisogna ammetterlo - i risultati ottenuti precedentemente
come Segretario del MSI furono un insuccesso che diede il pretesto a Fini e ai
suoi colonnelli per iniziare il cammino verso Fiuggi (e, paradossalmente,
oltre).
Insomma era un "teorico idealista probabilista",
ma anche uno spietato "fondamentalista metodologico", stimato
probabilmente più dagli avversari politici (di un tempo) che non da chi è stato
al suo fianco.
Ora Giuseppe Umberto Rauti ha subito l'ultima beffa: le sue
spoglie sono state ospitate in una Camera ardente allestita nella contestata ex
sede di AN in via della Scrofa a Roma, anche se i suoi funerali, turbati da
veementi proteste contro Gianfranco Fini, si sono tenuti nei pressi di Piazza
Venezia vicino a quel balcone che ha influenzato e caratterizzato la sua vita
terrena...
Carlo Pompei
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena
nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.