Il "Corrierone"
Come ti erudisco il lettore...
Domenica 30 luglio 2006. Corriere della Sera:
una tranquilla domenica di disinformazione.
Apertura sull'indulto, con qualche dubbio... Si sa, i borghesi hanno paura dei furti ... Si ironizza invece sull'opposizione di Di Pietro. Ma accanto alla vignetta di Giannnelli che lo assimila a "Hez Bollah"(guarda caso...), si annuncia a pagina tre un servizio sui reclusi di Giarre, che invece preferiscono "restare in carcere". Che bravi! Poi magari mandiamo loro gli avanzi del pranzo domenicale (come faceva la brava borghesia del tardo Ottocento con i poveri...).
Apertura sull'indulto, con qualche dubbio... Si sa, i borghesi hanno paura dei furti ... Si ironizza invece sull'opposizione di Di Pietro. Ma accanto alla vignetta di Giannnelli che lo assimila a "Hez Bollah"(guarda caso...), si annuncia a pagina tre un servizio sui reclusi di Giarre, che invece preferiscono "restare in carcere". Che bravi! Poi magari mandiamo loro gli avanzi del pranzo domenicale (come faceva la brava borghesia del tardo Ottocento con i poveri...).
L' editoriale, è ovviamente scritto dal San Sebastiano
dei professori liberisti: Francesco Giavazzi. Che questa volta se la prende con
i coltivatori diretti. Ottima scelta, perché i coltivatori che percepiscono i
sussidi comunitari sicuramente non leggono il Corriere della Sera. E
poi abitano fuori Milano. Mentre i tassisti di cui il professore sarebbe
diventato "bersaglio" no. Intanto, l'altro ieri, Pierluigi Battista,
in qualità di "Commissario Politico del Partito Unico Liberale - sezione
di Via Solferino", ha scomunicato proprio i tassisti milanesi, colpevoli
di aver criticato le idee iperliberiste di Giavazzi. Per Battista sono tutti
futuri brigatisti rossi... Dopo di che verrà il turno dei coltivatori diretti,
di note simpatie leniniste...
Al centro della prima pagina, viene data grande evidenza alla Rice che "lavora alla tregua". Voi ci credete? Probabilmente neppure il Corriere della Sera. Ma devono crederlo i lettori. E dunque avanti tutta...
Al centro della prima pagina, viene data grande evidenza alla Rice che "lavora alla tregua". Voi ci credete? Probabilmente neppure il Corriere della Sera. Ma devono crederlo i lettori. E dunque avanti tutta...
In alto, accanto al titolo di apertura, in buona
evidenza, si annuncia a pagina 27 ("Cultura") un articolo di Giuliano
Amato su Terzani. L'obiettivo è "normalizzarlo", strappandolo ai
pacifisti antiamericani. Titolo, sul confidenziale, che fa molto vippaio
accademico-mediatico: "Ma Tiziano non sarà mai un santone"... Notare
che anche Aldo Grasso nella sua rubrica a pagina 35, dice più o meno le stesse
cose, sul rischio "dell'iconografia pacifista". Evidentemenete dai
piani alti di via Solferino è partito l'ordine per l'offensiva estiva contro i
movimenti.
Alle pagine 8 e 9 , si tocca il fondo con la seconda e
ultima puntata ("Contro le falangi del male"), di un reportage sulla
"guerra vista da Israele", vergato - siamo sul Corriere della
Sera - da Bernard-Henri Levy. Gli israeliani vengono assimilati ai
combattenti repubblicani spagnoli e gli Hezbollah ( più Iran e Siria) ai
fascisti di Franco. Guarda caso, Levy fa certe comparazioni storiche, tipo da
guerre stellari, proprio quando l'attenzione mediatica sulla guerra civile
spagnola, scoppiata proprio settant'anni fa nel luglio del 1936, è massima.
Come per dire: la guerra contro il fascismo continua. Ora, è la volta, di
quello islamico...
Dopo la notizia cattiva quella buona: non c'è il solito
pezzo di Magdi Allam.
A pagina 12 si celebra Joseph Kabila (figlio), come
candidato gradito all'Occidente: il solo con il quale combinare buoni affari...
Di che tipo non si sa (o non si dice). Mentre più sotto, si ironizza sul
"glossario autarchico" introdotto da Ahmadinejad. Scontata la foto di
Mussolini (più piccola di quella del presidente iraniano), con richiamo, in
perfetto stile Bernard-Henri Levy, alla "campagna" fascista contro i
forestierismi" negli anni Trenta.
Invece nelle pagine economiche si inneggia alle
fusioni-acquisizioni (leggi concentrazioni). Si veda infatti l'intervista al
presidente di Abn-Amro. E liberismo dei professori? Quando fa comodo. E solo in
prima pagina, come specchietto per le allodole.
Infine, nelle pagine dedicate agli spettacoli, si
presenta il conto a Mel Gibson. Reo di aver guidato in stato di ubriachezza e
rivolto insulti antisemti a un poliziotto di Malibù. Il che in effetti è
esecrabile. Ma perché affiancare al resoconto dei fatti, un corsivo dove si
lascia intendere che Gibson per famiglia, letture, e soprattutto come regista
di "The Passion" (orrore!), se fosse nato cinquant'anni prima un tè
con Mussolini e Hilter lo avrebbe preso.
Si dirà, è inutile insistere sulla disinformazione. Sono
cose per gli addetti ai lavori... Tanto il lettore comune neppure se ne
accorge. O comunque legge altro: di Moggi e Biscardi.
Ma il punto è proprio questo: il condizionamento del
lettore. Assuefarlo, senza che se ne accorga, alla vulgata occidentalista
(chiacchiere liberiste e distintivi militari), somministrandogli, con tocco
apparentemente leggero (per gli inesperti), un mix di fatti e commenti tutti
orientati a difendere, in primis, la politica americana e israeliana
in Medioriente: dalle pagine dedicate alla politica a quelle economiche e
culturali, senza tralasciare persino quelle degli spettacoli. Ma anche
eliminando ogni remota possibilità di critica o dissenso.
Ad esempio, un fatto minore, ma probabilmente
significativo: sarà un caso, ma dopo che Geminello Alvi, ha recensito un buon
libro del grande orientalista Giuseppe Tucci (più di un mese fa), pubblicato da
una casa editrice romana, sicuramente non filostatunitense, la sua firma è
sparita dalle pagine culturali. Scrive solo di economia, e neppure spesso come
prima...
Certo, il Corriere della Sera, pur non essendo
mai stato antiamericano (neppure ai tempi in cui guardava con favore al
compromesso storico e al ruolo del Pci), con la direzione Mieli si è
decisamente spostato da posizioni filo a posizioni ultramericane.
E il processo di condizionamento del lettore sembra
irreversibile. Anche perché, proprio in questi giorni, il patto di sindacato di
Rcs ha tolto di mezzo l'amministratore delegato Vittorio Colao, sostituendolo
con Antonello Perricone, più gradito a Mieli. Il quale potrà finalmente
disporre di maggiore libertà economica (nella scelta di eventuali collaboratori
prestigiosi, e dunque "costosi", ma in linea con le sue idee) . Pare
che anche Prodi sia soddisfatto della scelta. Contento lui.
E le ambasciate americana e israeliana ?
Carlo Gambescia