sabato 23 marzo 2019

Per non farla finita con Alessandro Campi
Domanda in attesa di risposta…



Proprio questa mattina  ne sorridevo ancora, radendomi la barba . Alessandro  Campi mi ha raffigurato come una specie di  incrocio umano  tra il dottor Livore, il ragioniere nevrotico inventato da Guzzanti, e una sorta di Mino Pecorelli della sociologia. 
Chi mi conosce,  sa bene che sono tutt’altra persona.  De minimis non curat praetor... Ci mancherebbe altro. E poi il mix Livore-Pecorelli mi fa sorridere "per quessto, quessto e quesst'altro motivo"... Fermo restando, purtroppo, che Pecorelli, oggi giustamente riabilitato da alcuni storici, fece una brutta fine… Come diceva Baltasar Gracián, “la queja trae descrédito, también a quien tiene razón”. Fino alle ultime conseguenze.
Nella mia replica (*), per chiudere il circolo balzachiano sul personaggio,  mi sono concentrato sul narcisismo di Campi, lasciando, intenzionalmente, inevaso un punto del suo post, la chiusa.  Dove Campi, mi ordina  di tacere  sui suoi rapporti personali con l’ex direttore del “Mattino”, Alessandro Barbano.    
Ecco il passo:

«Mentre invece una risposta finale e definitiva la merita la sua insinuazione sui miei rapporti personali con l'ex direttore del 'Mattino' Alessandro Barbano: su ciò che non conosci, taci, caro il mio bamboccione. »

Ora, io non ho insinuato proprio nulla. I rapporti personali tra Campi e Barbano, giornalista che apprezzo ma che  non conosco (come del resto stimo Ocone, che invece conosco), esulano dalla mia analisi, che non si occupa di buchi della serratura:  buchi ai quali Campi invece desidera ricondurre l'intera  questione, dipingendomi come il dottor Livore-Pecorelli.       
In realtà, il privato, in senso stretto, spoglio di inflessioni psicologiche e caratteriali, lo lascio volentieri a Dagospia. A me interessano, come accennato, i risvolti balzachiani degli individui sociali. Insomma,  mi intriga il punto di raccordo tra carrierismo e determinismi  politici e sociali,  non il carrierismo in sé.  E in chiave di sociologia applicata alle vicende della destra post-fascista,  come ben sanno i  non pochi lettori  che mi seguono.  
Pertanto Campi è solo  uno  tra i tanti "soggetti" osservati.  Certo, in un passato ormai lontano,  siamo stati amici. Non l'ho mai negato. Ne conosco perciò  vizi e virtù  (perché anche quelle ci sono). Però, mi si creda, non c'è nulla di personale, come invece il nostro Narciso vuole far credere.  Mi sono occupato, nei miei scritti, anche di Veneziani, Cardini, Buttafuoco, Malgieri e tanti altri con i quali ho interagito e collaborato. Però, ripeto, il mio interesse di studioso è sempre andato all'intellettuale come figura pub-bli-ca.    
Ed è  alla figura pubblica Campi,  nel quadro di ciò che si chiama dibattito pubblico, che ho chiesto pubblicamente, e tre,  di spiegare  perché si  sia esposto per  Ocone e non per Barbano,  “licenziati” in tronco, tutti e due, dai rispettivi editori (per così dire):  il primo, si dice,  perché vicino ai sovranisti e populisti, il secondo, come pare,  perché contrario al governo giallo-verde (**).
Ovviamente, ho avanzato una spiegazione al riguardo, sbagliata o meno. Evidentemente però  urticante. Ma la domanda resta lecita.  E purtroppo ancora in attesa di risposta.   
C'è stata o non c'è stata una  presa di posizione pubblica  anche per Barbano ? Campi può non rispondere. E' un suo  diritto.  Ma  non può vietare di porre domande del genere.  Si tratta dell'ABC del dibattito pubblico liberale. Pongo, insomma, una questione di metodo. Che va addirittura oltre i contenuti delle spiegazioni stesse.  
Carlo Gambescia 
   

Nessun commento: