giovedì 14 marzo 2019

Lo sciopero per il clima del 15 marzo
Ma Greta Thunberg sa che...


L’idea fissa
Allacciarsi le cinture.  E armarsi di santa  pazienza.  Domani, 15 marzo  gli studenti, di tutto il mondo, celebreranno  una   giornata  di mobilitazione collettiva in difesa,  si dice,  della salute sempre più compromessa del  Pianeta Terra. Il colore ideologico della manifestazione,  al di là della sbandierata apoliticità,  rinvia direttamente all’immaginario di sinistra. E anche più in là. Come vedremo.
A dire il vero,  Greta Thunberg, la ragazza svedese, che ha aperto il fuoco ideologico, prontamente rilanciato da mass media e Social,  sembra  muoversi  in un’ottica riformista.  Che però rinvia, programmaticamente, alla   “fissa” della  sinistra per l’ecologia?  Vi siete mai chiesti, cari lettori, perché la sinistra, nelle sue varie sfumature,  sbavi per l’ecologia?  

Le origini della sinistra ecologista
Marx e Lenin erano sviluppisti a oltranza, Stalin pure. I comunisti italiani sulla stessa linea. I socialismi mediterranei  e le socialdemocrazie nordiche pure (le ultime però con qualche distinguo). Un credo durato  fino agli anni Ottanta del secolo scorso.  Dopo di che i delusi del Sessantotto, tra i quali molti intellettuali e aspiranti uomini  politici  che volevano rovesciare il capitalismo, scorsero, non deviando però dalla linea scientista del marxismo, nelle teorie ambientaliste, professate da  accademici  eccentrici, la chiave per un attacco indiretto, ma non meno duro,  al capitalismo. Nacque così la sinistra ecologista.  L’ultima carta  dell’anticapitalismo di sinistra contro un capitalismo, che invece  si stava dimostrando, come proveranno  gli eventi, tra il 1989 e il 1991, sempre più forte e sicuro di sé.

Dalla “coscienza di classe” alla “coscienza ecologica”
Inutile perfino fare i nomi.  La biografia di numerosi  intellettuali e politici della sinistra extraparlamentare  dà prova  dell'avvenuto travaso delle idee,  dalla sinistra radicale, passando per l’ esperienza dei partiti verdi, alla sinistra riformista.  Insomma, dal comunismo contestatario verso i lidi del socialismo democratico e  del  liberalismo macro-archico (di sinistra).  
Alla “coscienza di classe”, messa in soffitta,  si è sostituita  la “coscienza ecologica”. 
L’approccio cognitivo  non è variato: designazione (a) di un capro espiatorio (il borghese inquinatore), come ostacolo (b) alla costruzione di mondo nuovo (la società ecologicamente perfetta) , che si serve (c) della scienza, non più identificata con le ferree leggi e marxismo, ma con quelle, altrettanto inesorabili dell’ecologia.


Riforme e rivoluzione
Ovviamente, come nel marxismo,  dove  secondo alcuni, per giungere al socialismo, sarebbero bastate le riforme,  mentre per altri si doveva puntare  sulla conquista violenta del potere (unico mezzo, si diceva, per imporre la trasformazione radicale della società), anche  l'ecologismo si è sviluppato lungo le linee contrastanti della dinamica tra  riforme e rivoluzione:  dall’idea, apparentemente più giudiziosa, di sviluppo sostenibile a quella rivoluzionaria ( o quasi)  di decrescita economica (felice o meno).  Attualmente,  il ruolo del leone è svolto dall'ecologia   riformista  che ritiene bastino le riforme. Il che spiega il ruolo, probabilmente involontario per carità,  di Greta,  entusiasta e  giovane   portabandiera  del riformismo .
Le riforme però fanno lievitare i costi dei beni e ostacolano la circolazione delle merci. E il tutto rischia di  finire, come di regola avviene,  sulle spalle dei consumatori, ai quali però si chiede di pazientare in nome di un mondo migliore. Insomma di pagare  tributi crescenti con il sorriso sulle labbra.  Greta, come il Pippo di una famosa canzonetta,  sembra non sapere tutto questo. Oppure  sa?  E fa finta di niente?  O meglio, come per tanti giovani, anche non politicizzati, Greta sembra dare per scontata l' "immagine" del mondo che ha "trovato", per così dire dominante,  intorno a sé,  nei suoi sedici  anni di vita. Con la quale, insomma, è cresciuta.          

Una costosa medicina preventiva
Immagine del mondo.  Perché,  sulla natura scientifica del catastrofismo ecologista non c’è accordo  generale tra gli scienziati. Gli uni accusano gli altri di essere al servizio di interessi economici, politici e geopolitici. Sicché, gli scienziati “verdi”, hanno  reinventato, per tutelarsi dalle critiche, il principio di precauzione o responsabilità, principio  che però tradendo le sue origini filosofico-costruttiviste,  rischia di tramutarsi, come per il welfare state, sorta di costosa e gigantesca  macchina assicurativa,  in una palla al piede per l’economia. Non solo nazionale,  ma mondiale     
Il vero punto  però è che il terrorismo mediatico ecologista -  un po’ come accadeva  con i sindacalisti rivoluzionari e gli anarchici tra Ottocento e Novecento -  sottopone le persone a un bombardamento collettivo  di notizie, o meglio di "immagini"  sulla prossima fine del  Pianeta Terra.  Sicché molti credono che la medicina preventiva per un mondo, "immaginato"  sull’orlo del collasso, sia l’unico rimedio. Ecco spiegata  l' "immagine" del mondo "trovata" da Greta. 

 Gli effetti indesiderati
In realtà,  l’idea millenarista, tra l’altro antichissima, del  mondo che sta per perire da un momento all’altro,  sembra aver trovato   un potente alleato  in  una  paura collettiva, generata e rigenerata dai meccanismi mediatici, per logica interna, che si tenta di esorcizzare, sul piano politico, investendo risorse ideologiche, economiche sul riformismo ecologista. E come? Implementando una specie di gigantesca  medicina preventiva per salvare  il Pianeta Terra.  Che, come si dice, pure se non fosse ammalato, potrebbe ammalarsi.  Ergo...    
Per usare, una chiave sociologica, il disordine porta con sé una richiesta di ordine. Detto altrimenti, più cresce il potere immaginario del pessimismo collettivo sulla sorte del Pianeta Terra, più il potere reale delle istituzioni pubbliche, in forma scalare dal micro al macro, si accentra,  più proliferano, per effetto di ricaduta, le regolamentazioni, più rischiano di  moltiplicarsi  gli effetti indesiderati del costruttivismo politico: dalle risposte centrifughe, come quelle dei nuovi populismi,  all’indebolimento di interi comparti  come quelli  automobilistici e  dell’energia,  dalle conseguenze recessive per l’economia mondiale.

L’odio verso la società aperta
E qui ritorniamo all’anticapitalismo della sinistra, al quale si associa quello delle destre neofasciste e delle sinistre cristiane.  Riaffiora l’odio  verso la società aperta.  Odio,  che, si scorge, perfino in una graziosa  fanciulla  come  Greta.  Sorride, enunciando tesi apocalittiche.   
Del resto, a proposito di "immagini" del mondo "trovate",  non erano altrettanto  leggiadre e terribili  le fanciulle della  gioventù hitleriana e sovietica?             


Carlo Gambescia