Lo sciopero per il clima del 15 marzo
Ma Greta Thunberg sa che...
L’idea fissa
Allacciarsi le cinture. E armarsi di santa pazienza. Domani, 15 marzo gli studenti, di tutto il mondo, celebreranno una giornata di mobilitazione collettiva in difesa, si dice, della
salute sempre più compromessa del
Pianeta Terra. Il colore ideologico della
manifestazione, al di là della
sbandierata apoliticità, rinvia direttamente all’immaginario di sinistra. E anche più in là. Come vedremo.
A dire il vero, Greta Thunberg, la ragazza svedese, che ha
aperto il fuoco ideologico, prontamente rilanciato da mass media e Social, sembra muoversi in un’ottica riformista. Che però rinvia, programmaticamente, alla “fissa”
della sinistra per l’ecologia? Vi siete mai chiesti, cari lettori, perché la
sinistra, nelle sue varie sfumature, sbavi per l’ecologia?
Le origini della sinistra
ecologista
Marx e Lenin erano sviluppisti a
oltranza, Stalin pure. I comunisti italiani sulla stessa linea. I socialismi
mediterranei e le socialdemocrazie
nordiche pure (le ultime però con qualche distinguo). Un credo durato fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Dopo di che i delusi del Sessantotto, tra i quali molti intellettuali e aspiranti uomini politici che volevano rovesciare il
capitalismo, scorsero, non deviando però dalla linea scientista del marxismo, nelle
teorie ambientaliste, professate da accademici eccentrici, la chiave per
un attacco indiretto, ma non meno duro, al capitalismo. Nacque così la sinistra ecologista. L’ultima carta dell’anticapitalismo di sinistra contro un
capitalismo, che invece si stava dimostrando, come proveranno gli eventi, tra il 1989
e il 1991, sempre più forte e sicuro di sé.
Dalla “coscienza di classe” alla “coscienza
ecologica”
Inutile perfino fare i nomi. La biografia di numerosi intellettuali e politici della sinistra extraparlamentare dà prova dell'avvenuto travaso delle idee, dalla sinistra radicale, passando per l’
esperienza dei partiti
verdi, alla sinistra riformista. Insomma, dal comunismo contestatario verso i lidi del socialismo democratico e del liberalismo macro-archico (di sinistra).
Alla “coscienza di classe”, messa in soffitta, si è sostituita la “coscienza ecologica”.
L’approccio cognitivo non è variato: designazione (a) di un capro espiatorio (il borghese inquinatore), come ostacolo (b) alla costruzione di mondo nuovo (la società ecologicamente perfetta) , che si serve (c) della scienza, non più identificata con le ferree leggi e marxismo, ma con quelle, altrettanto inesorabili dell’ecologia.
Riforme e rivoluzione
Ovviamente, come nel marxismo, dove secondo alcuni, per giungere al socialismo, sarebbero bastate le riforme, mentre per altri si doveva puntare sulla conquista violenta del potere (unico mezzo, si diceva, per imporre la trasformazione radicale della
società), anche l'ecologismo si è sviluppato lungo le linee contrastanti della dinamica tra riforme e rivoluzione: dall’idea, apparentemente più giudiziosa, di sviluppo
sostenibile a quella rivoluzionaria ( o quasi) di decrescita economica (felice o meno). Attualmente, il ruolo del leone è svolto dall'ecologia riformista che ritiene bastino le riforme. Il che
spiega il ruolo, probabilmente involontario per carità, di Greta, entusiasta e giovane portabandiera del riformismo .
Le riforme però fanno lievitare i
costi dei beni e ostacolano la circolazione delle merci. E il tutto rischia di finire, come di regola avviene, sulle spalle dei consumatori, ai quali però si chiede di pazientare in nome di
un mondo migliore. Insomma di pagare tributi crescenti con il sorriso sulle labbra. Greta, come il Pippo di una famosa canzonetta, sembra non sapere tutto questo. Oppure sa? E fa finta di niente? O meglio, come per tanti giovani, anche non politicizzati, Greta sembra dare per scontata l' "immagine" del mondo che ha "trovato", per così dire dominante, intorno a sé, nei suoi sedici anni di vita. Con la quale, insomma, è cresciuta.
Una costosa medicina preventiva
Immagine del mondo. Perché, sulla natura scientifica del
catastrofismo ecologista non c’è accordo
generale tra gli scienziati. Gli uni accusano gli altri di essere al
servizio di interessi economici, politici e geopolitici. Sicché, gli scienziati
“verdi”, hanno reinventato, per tutelarsi dalle critiche, il principio di precauzione o responsabilità, principio che però tradendo
le sue origini filosofico-costruttiviste, rischia di tramutarsi, come per il welfare
state, sorta di costosa e gigantesca macchina assicurativa, in una palla al piede per l’economia. Non solo nazionale, ma mondiale
Il vero punto però è che il terrorismo mediatico ecologista
- un po’ come accadeva con i sindacalisti rivoluzionari e gli
anarchici tra Ottocento e Novecento -
sottopone le persone a un bombardamento collettivo di notizie, o meglio di "immagini" sulla prossima fine del Pianeta Terra. Sicché molti credono che la medicina
preventiva per un mondo, "immaginato" sull’orlo del collasso, sia l’unico rimedio. Ecco spiegata l' "immagine" del mondo "trovata" da Greta.
In realtà, l’idea millenarista, tra l’altro
antichissima, del mondo che sta per perire da un momento all’altro, sembra aver trovato un potente alleato in una paura collettiva, generata e rigenerata dai
meccanismi mediatici, per logica interna, che si tenta di esorcizzare, sul
piano politico, investendo risorse ideologiche, economiche sul riformismo
ecologista. E come? Implementando una specie di gigantesca medicina preventiva per salvare il Pianeta Terra. Che, come si dice, pure
se non fosse ammalato, potrebbe ammalarsi. Ergo...
Per usare, una chiave sociologica, il disordine
porta con sé una richiesta di ordine. Detto altrimenti, più cresce il potere immaginario del pessimismo collettivo sulla sorte del
Pianeta Terra, più il potere reale delle istituzioni pubbliche, in forma scalare dal micro al macro, si
accentra, più proliferano, per effetto
di ricaduta, le regolamentazioni, più rischiano di moltiplicarsi
gli effetti indesiderati del costruttivismo politico: dalle risposte
centrifughe, come quelle dei nuovi populismi, all’indebolimento di interi comparti come quelli automobilistici e dell’energia, dalle conseguenze recessive per
l’economia mondiale.
L’odio verso la società aperta
E qui ritorniamo all’anticapitalismo
della sinistra, al quale si associa quello delle destre neofasciste e delle
sinistre cristiane. Riaffiora l’odio verso la società aperta. Odio, che,
si scorge, perfino in una graziosa fanciulla
come Greta. Sorride, enunciando
tesi apocalittiche.
Del resto, a proposito di "immagini" del mondo "trovate", non erano altrettanto leggiadre e terribili le fanciulle della gioventù hitleriana e sovietica?
Carlo Gambescia