Sono già passati tre mesi. A mano a mano che i giorni trascorrono,
crescono in modo esponenziale le responsabilità della Russia. Perché
stupirsi della guerra per il grano, come titolano i giornali? La crisi
economica mondiale in atto non è che un portato, più che
prevedibile, dell’invasione russa dell’Ucraina.
Del resto, cosa veramente grave, l’iniziativa, come volontà di
raggiungere un fine determinato, resta saldamente in mani russe: cosa
gravissima dal punto di vista strategico e politico. Perché l’Occidente
euro-americano invece di dettare la linea, subisce in modo
neghittoso le decisioni russe. Insomma, l’Occidente, al massimo
reagisce, ma di sicuro non agisce.
Spiegazioni. Un passo alla volta però.
Innanzitutto le guerre non hanno mai favorito il libero scambio e il
benessere dei popoli né prima, né durante, né dopo, perché accrescono
il ruolo dello stato in tutti gli ambiti e la centralizzazione
dell’economia. Certo, è vero che dopo le guerre avvengono le cosiddette
ricostruzioni, ma l’abbandono dei principi economici liberali, come
prova la storia del Novecento, prima o poi, si fa sentire. Quindi
quanto più durerà la guerra tanto più la crisi economica si farà dura.
Si dirà, che per tornare alla pace e ai buoni affari, basterebbe
cedere, facendo pressione sull’Ucraina, per favorirne il ritorno
nell’orbita politica della Russia
Non crediamo. La Russia ha aggredito l’Ucraina, innanzitutto, in nome
di un’ ideologia autocratica (“Decido, io, Russia, chi sia russo o
meno, e quali siano i miei giusti confini geopolilitici”), militarista
(“La guerra è la soluzione di tutti i contrasti”), tradizionalista
(“Dio, patria e famiglia”). E, cosa non secondaria, la Russia ha
approfittato della debolezza economica post Covid dell’Occidente,
accentuatasi, anche politicamente, dopo la disfatta in Afghanistan e il
ritorno con Trump dell’isolazionismo americano.
Il problema non è Putin, che comunque, individualmente, non è un
santo, ma un blocco ideologico, militare, sociale ed economico, che
continua a vedere – almeno da due secoli abbondanti – nell’Occidente
il nemico naturale.
La crisi ucraina mette in grave discussione il modello di vita
occidentale, al momento, già compromesso in misura crescente
nell’ambito economico.
Cedere alla Russia, cosa che significa lasciarle l’iniziativa, vuole anche dire rassicurare la Russia circa la bontà della sua politica
aggressiva verso l’Occidente, quindi favorirne l’appetito politico
verso gli stati baltici e dell’Europa orientale, nonché in prospettiva
verso la stessa Europa occidentale. Che la pacifica e pacifista Svezia –
passi, si fa per dire, per la storicamente disgraziata Finlandia –
abbia chiesto di entrare nella Nato, indica tutta la gravità della
situazione e soprattutto il timore di un’iniziativa, non solo militare,
lasciata nelle mani della Russia.
In Occidente non ci si vuole rendere conto che per la mentalità
russa la guerra è un normalissimo strumento di risoluzione dei
conflitti politici ed economici come pure di appropriazione e
saccheggio di tutte le risorse del nemico. Quanto viene riferito sui
saccheggi e sullo smantellamento del sistema produttivo ucraino,
industriale e agricolo, conferma la tesi dell’ approccio militare
russo alla soluzione dell’approvvigionamento economico. Si tratta,
purtroppo, di un sistema antico quando il mondo, che, prescindendo
dalle risorse di cui gode lo stato conquistatore, consiste nello
sfruttamento diretto dei popoli vinti, per la semplice ragione che i
popoli vinti, proprio perché tali, quindi inferiori, vanno sfruttati.
Gli ultimi a mettere in pratica nel Novecento, e in modo radicale,
questo “metodo” furono i nazisti e i comunisti russi. Con una
differenza: Hitler lo aveva scritto nel Mein Kampf, mentre Stalin e i
suoi successori lo nascondevano sotto il manto pseudo-pacifista
dell’internazionalismo proletario. Per contro, la Russia
contemporanea, pur muovendosi nella scia Stalin, ha recuperato,
sostituendola all’internazionalismo, l’antica ideologia panslavista.
Quindi nessuna pietà per i vinti.
L’errore dell’Occidente, in particolare dell’Europa, è quello di
aver creduto che il coinvolgimento economico della Russia, dopo la
dissoluzione del comunismo, avrebbe favorito la sua modernizzazione
culturale e sociale. Purtroppo ci si è dimenticati della forza
nascosta e profonda dell’ideologia panslavista, che tuttora anima la
dirigenza politica russa e in larga parte quella economica. Si legga a
tale proposito l’opera di Dugin, La Quarta Teoria Politica,
rappresentativa, quanto meno degli umori, delle classi dirigenti russe
(*).
Il punto è che la Russia, grazie alle risorse economiche e
all’estesa capacità di controllo sociale sulla sua popolazione, può
sostenere a lungo la guerra, alternando fasi di stallo a fase
aggressive. Pertanto l’attendismo dell’Occidente, in particolare la
tesi pacifista che i russi gireranno le spalle a Putin, è totalmente
irrealistico e controproducente.
Per fare un esempio storico, nel 1917, per il cambiamento di
regime, furono necessari tre anni di guerra mondiale, con milioni di
morti, e altri quattro di guerra civile, con altrettanti milioni di
morti. Mutamento istituzionale, per modo di dire, perché il comunismo
russo fu in pratica la prosecuzione dello zarismo su larga scala . Non va dimenticano che tra gli oppositori del regime zarista
si contavamo uomini – nel bene e nel male – della statura di Lenin,
Stalin, Trotsky e un intero partito, il bolscevico, organizzato in base a
criteri militari da eccellenti quadri politici.
Oggi, l’unico vero oppositore Alexei Navalny , ha subito una
condanna a nove anni (dopo, tra l’altro, un tentativo fallito di
avvelenarlo, roba da Russia profonda…). Condanna confermata ieri, che
dovrà espiare in prigioni, dove a differenza di quella zariste nel 1917,
le guardie carcerarie non solidarizzano con i detenuti, come
riferisce, il sociologo Pitirim A. Sorokin nei suoi diari sulla
Rivoluzione russa (**).
Concludendo, la Russia sa perfettamente ciò che vuole e come
perseguirlo, l’Occidente euro-americano, no. La Russia, non teme la
crisi economica, l’Occidente euro-americano, sì.
Ciò significa che l’iniziativa è nelle mani della Russia. Perciò la
guerra continuerà, con effetti devastanti sull’economia e le
istituzioni politiche occidentali, fino a quando la Russia non deciderà
diversamente.
Carlo Gambescia
(*) Qui un nostro articolo in argomento: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2019/07/la-quarta-teoria-politicadi-aleksandr.html .
(*) Cfr. P.A Sorokin, Leaves from a Russian Diary – and Thirty
Years After (1950), Kraus Reprint, New York 1970, pp. 117-132.