lunedì 31 ottobre 2016

L’editoriale di Gian Antonio Stella sul terremoto
 È tornato Nonno Libero



Premessa. La statistica, soprattutto se economica e sociale è un’arma pericolosa. Arma, attenzione, come una pistola carica: quindi la pericolosità o meno  dipende all’uso che ne può fare chi la impugni. Si prenda l’editoriale  di oggi sui terremoti (ormai bisogna usare il plurale) di Gian Antonio Stella (*).   Prima snocciola una selezione di dati,  il cui scopo, in soldoni,  è  provare 1) che gli italiani vivono su una polveriera sismica e, cosa più importante,  2) che servono:  a) un piano nazionale di ricostruzione secondo criteri anti-sismistici (tradotto: altre tasse), b) l’assicurazione obbligatoria anti-terremoti (tradotto: altro invito all’evasione e ai contenziosi tributari e civilistici). Naturalmente, le lobby assicurative già ringraziano per il regalino. Per inciso, si tratta di una tecnica, sulla quale Stella ha costruito la sua produzione saggistica (e fortuna). Diciamo che  ha fornito le armi per la guerra che Grillo ha continuato con altri mezzi. Vecchia tradizione del "Corriere della Sera". Si potrebbe risalire alla guerra tra  Giovanni Giolitti e  Luigi Albertini, che indirettamente, favorì, l'ascesa di Mussolini (fa anche rima). Infatti, sia Giolitti che Albertini, vennero pensionati. E a vincere fu quella stessa  retorica anti-parlamentare alimentata da Albertini & Co.    
Forse però  la comparazione storica è troppo elevata. Allora, come definire l'approccio di Stella ? Semplificando,  alla Nonno Libero (il simpatico Banfi, non ce ne voglia), ferroviere dello stato in pensione, testimonial  post-datato del welfare catto-comunista:  tasse, leggi, obblighi, sindacati e tante nobili parole. Al vento. Come se nei decenni passati, non si  fosse  speso abbastanza e legificato a oltranza,  favorendo  sprechi e imbrogli. E perché, all’improvviso le cose dovrebbero cambiare?
In realtà,  il  problema dell’Italia è un altro.   Quello di deregolamentare e far ricostruire ai privati. Certo nel rispetto delle leggi in materia (magari dopo una  bella  sfoltita).  E di finirla con le stupidaggini buoniste  alla Nonno Libero (seduto il poltrona tra nipoti e nipotini),  tipo  quella  dei centri storici «risanati e sicuri»… Ma proprio perché sono storici non possono essere sicuri, soprattutto nel zone sismiche. Oppure  di chiedere la quadratura del cerchio,  tipica di certo populismo socialistoide ( sempre alla Nonno Libero e sempre in poltrona):  più controlli  meno burocrazia. E come? In Italia poi? Con i sindacati (soprattutto statali) sul piede di  guerra.  
E qui ci fermiamo, perché, per dirla  di nuovo con Nonno Libero,  “una parola è troppa e due sono poche!”.

Carlo Gambescia

lunedì 24 ottobre 2016

Arma dei Carabinieri (*) 
Nucleo di Polizia Giudiziaria di [omissis]
VERBALE DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI
(ex artt. 266,267 e 268 C.P.P.)
L'anno 2016, lunedì 16 ottobre, in [omissis] presso la sala ascolto sita al 6o piano
della locale Procura della Repubblica, viene redatto il presente atto.
VERBALIZZANTE
M.O Osvaldo Spengler
FATTO

Nel corso dell'attività tecnica di monitoraggio svolta nell'ambito della procedura riservata n. 765/2, autorizzazione COPASIR 8932/3a [Operazione NATO “ASCOLTO FRATERNO” N.d.V.] è stato effettuata in data 15/10/2016, ore 10.37, l’intercettazione di una conversazione telefonica intercorsa tra le utenze di Stato 333***, in dotazione a S.E. FINZI MATTIA, Presidente del Consiglio dei Ministri, e  347***, in dotazione a SENSINI FABIO, consulente per la comunicazione della Presidenza del Consiglio. Si riporta di seguito la trascrizione integrale della conversazione summenzionata:

[omissis]



S.E. FINZI MATTIA: “Era proprio indispensabile mandare i nostri soldati in Lettonia?”
SENSINI FABIO: “Be’ ma scherzi?”
S.E. FINZI MATTIA: “C’è tensione, Fabio.”
SENSINI FABIO: “C’è tensione sì! C’è la legge di stabilità, c’è l’Unione Europea che può avviare la procedura di infrazione, c’è il referendum! C’è il referendum, Mattia! Se perdiamo rischiamo la spaccatura del partito, rischiamo le elezioni, rischiamo di perdere! Vuoi che ci mettiamo contro anche gli americani? Che sono gli unici che ci possono dare una mano?”
S.E. FINZI MATTIA: “No, dicevo che c’è tensione internazionale, Fabio.”
SENSINI FABIO: “Quella c’è sempre.”
[PAUSA]
S.E. FINZI MATTIA: “Mah…”
SENSINI FABIO: “Cosa c’è?”
S.E. FINZI MATTIA: “Mah, non so…si sentono dei toni, Fabio, dei toni…viene da pensare che…”
SENSINI FABIO: “…che?”
S.E. FINZI MATTIA: “Che possa scoppiare la guerra.”
SENSINI FABIO: “Che guerra? Ce ne sono tante…”
S.E. FINZI MATTIA: “Quella vera, Fabio. Con la Russia.”
SENSINI FABIO: “Ma dai!”
S.E. FINZI MATTIA: “Lo so, lo so, sembra una cosa da matti, però…”
SENSINI FABIO: “E’ una cosa da matti.”
S.E. FINZI MATTIA: “Sarà.”
[PAUSA]
SENSINI FABIO: “Intanto, abbiamo mandato solo una compagnia. Cento uomini, Mattia. Vuoi che la Russia si spaventi per cento uomini?”
S.E. FINZI MATTIA: “Sì, sì…”
SENSINI FABIO: “E poi lo abbiamo detto chiaro che secondo noi con la Russia bisogna dialogare, no?”
S.E. FINZI MATTIA: “Vero.”
SENSINI FABIO: “Ecco, un problema se vuoi c’è: che non l’abbiamo presentata come una missione di pace.”
S.E. FINZI MATTIA: “E come facciamo?”
SENSINI FABIO: “Non è facile, ma ci possiamo provare. Per esempio, potremmo dire: ‘Nell’ambito della solidarietà europea, in vista di una maggiore integrazione della Difesa comune’…”
S.E. FINZI MATTIA: “Lascia perdere. Meno ne parliamo meglio è.”
SENSINI FABIO: [PAUSA] “Sì, forse hai ragione.”
S.E. FINZI MATTIA: [PAUSA] “E’ che vedi, Fabio: io li ho visti in faccia.”
SENSINI FABIO: “Chi?”
S.E. FINZI MATTIA: “Gli americani, i russi…Putin, Obama, la gente che gli sta intorno…sono diversi, Fabio.”
SENSINI FABIO: “Diversi come?”
S.E. FINZI MATTIA: “Diversi da me, da te…diversi da noi. Se li guardi negli occhi, ci vedi… [PAUSA] Te hai mai ammazzato qualcuno?”
SENSINI FABIO: “Coosa?!”
S.E. FINZI MATTIA: “Ecco, neanche io. Noi al massimo i nemici li rottamiamo, Fabio. Li facciamo indagare, intercettare, spiare…gli scateniamo contro le campagne di stampa, gli compriamo i colla…”
SENSINI FABIO: “Siamo al telefono!! Mattia, siamo al telefono!”
S.E. FINZI MATTIA: “Ma cosa vuoi che me ne freghi, lascia che ascoltino.”
SENSINI FABIO: “Mattia, io metto giù.”
S.E. FINZI MATTIA: “No, tu adesso mi ascolti. [PAUSA] Quelli sono diversi, Fabio. Gli americani, i russi… sono diversi. Quelli quando pensano ai nemici non pensano ai Cinque Stelle, Fabio, non pensano a D’Altema…non pensano a rottamarli, pensano a farli fuori, pensano alla guerra.”
SENSINI FABIO: “Adesso esageri.”
S.E. FINZI MATTIA: “E se invece non esagero? [PAUSA] Sai cosa mi viene da pensare?”
SENSINI FABIO: “No.”
S.E. FINZI MATTIA: “Che non abbiamo capito niente. Che credevamo di essere tanto bravi, tanto svegli, tanto spregiudicati, tanto cinici…ti ricordi come ce la godevamo guardando House of Cards? Con Francis Underwood che fa fuori tutti gli avversari, che non si ferma davanti a niente per arrivare alla Presidenza? Che butta la giornalista sotto il treno? E facevamo le battutacce su quei vecchi rimbambiti di Bertani, D’Altema, Valtoni? Con le loro chiacchiere sentimentali, i loro festival dell’Unità con le lasagne e i salsicciotti, le loro figurine Panini, il loro Pasolini, la loro Costituzione più bella del mondo? ‘Alè! Bertani sotto il treno, hop!’ ”
SENSINI FABIO: “Certo che mi ricordo. E allora?”
S.E. FINZI MATTIA: “E allora adesso ci siamo noi, e questa non è una serie TV, Fabio. Questa è una cosa vera. Gli americani, i russi…quelli non guardano House of Cards, quelli la fanno. La fanno sul serio, Fabio. Quando pensano ‘nemico’ pensano uccidere, pensano guerra, pensano…”
SENSINI FABIO: “Mattia, stai bene?”
S.E. FINZI MATTIA: “Sì. No. Sai cos’ho pensato?”
SENSINI FABIO: “Siamo al telefono, Mattia.”
S.E. FINZI MATTIA: “Ho pensato che non abbiamo capito niente. Che la politica è davvero così: nemico, uccidere, guerra.”
SENSINI FABIO: [PAUSA] “Hai bisogno di staccare un po’, Mattia. Perché non ti…”

S.E. FINZI MATTIA: “…perché non ti guardi una bella serie tv?” [INTERROMPE LA COMUNICAZIONE]

(*) "Trattasi" -   tanto per non cambiare stile,  quello  della  Benemerita...  -   di ricostruzioni che sono  frutto della mia  fantasia di  autore e commediografo.  Qualsiasi riferimento  a fatti o persone  reali  deve ritenersi puramente casuale. (Roberto Buffagni)

Chi è il  Maresciallo Osvaldo Spengler?  Nato a Guardiagrele (CH) il 29 maggio 1948 da famiglia di antiche origini sassoni (carbonai di Blankenburg am Harz emigrati nelle foreste abruzzesi per sfuggire agli orrori della Guerra dei Trent’anni), manifestò sin dall’infanzia intelletto vivace e carattere riservato, forse un po’ rigido, chiuso, pessimista. Il padre, impiegato postale, lo avviò agli studi ginnasiali, nella speranza che Osvaldo conseguisse, primo della sua famiglia, la laurea di dottore in legge. Ma pur frequentando con profitto il Liceo Classico di Chieti “Asinio Pollione”, al conseguimento della maturità con il voto di 60/60, Osvaldo si rifiutò recisamente di proseguire gli studi, e si arruolò invece, con delusione e sgomento della famiglia, nell’Arma dei Carabinieri. Unica ragione da lui addotta: “Non mi piace far chiacchiere .” (Com’è noto, il carabiniere è “uso a obbedir tacendo”). Mise a frutto le sue doti di acuto osservatore dell’uomo in alcune indagini rimaste celebri (una per tutte: l’arresto dell’inafferrabile Pino Lenticchi, “il Bel Mitraglia”). Coinvolto nelle indagini su “Tangentopoli”, perseguì con cocciutaggine una linea d’indagine personalissima ed eterodossa che lo mise in contrasto con i magistrati inquirenti. Invitato a chiedere il trasferimento ad altra mansione, sorprese i superiori proponendosi per la sala ascolto della Procura di ***. Richiesto del perché, rispose testualmente: “Almeno qui le chiacchiere le fanno gli altri.”
***

Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...


mercoledì 19 ottobre 2016

Rapporto Caritas 2016
Si fa presto a dire "lotta alla povertà"...


Leggevamo alcuni giorni fa i dati della Caritas  sulla povertà.  Mah…  A parte le questioni tecniche legate alle misurazioni ( basta uno scarto reddituale  o di un parametro  e i poveri aumentano o diminuiscono a piacere),  al sociologo cosa si chiede? Neutralità affettiva. E i sociologi della Caritas sono obiettivi? No, perché l’analista deve considerare la povertà, come un fenomeno naturale, non un male da combattere o una guerra da vincere. Insomma, basta con queste dichiarazioni di intenti!  Non se ne può più!  Parliamo di dati e cifre che, regolarmente, come per  l' "esclusione sociale"  (altro termine ancora più impreciso di "povertà")  sono  dati in pasto  ai leoni e alle volpi della politica, che  rilanciano, creando messianiche aspettative  e sdegno a comando.                 
Che cosa significa fenomeno naturale? Che la povertà in tutte le società è un fenomeno legato alla stratificazione sociale e  che riflette la distribuzione naturale dei talenti, della fortuna e del potere. Pertanto inevitabilmente c’è sempre  ( e ci sarà sempre) chi sale e chi scende. Di riflesso, la povertà è un fenomeno  naturale, come del resto  la ricchezza. Quindi parlare di guerra alla povertà è ridicolo:  è come parlare di guerra alla  pioggia, alla neve eccetera, eccetera. 
Ovviamente, ci si può riparare dalla pioggia, dalla neve e  perciò anche dalla povertà. Si possono distribuire cappotti, impermeabili, ombrelli. Nessuno lo nega. E le nostre, fortunatamente,  sono società ricche e quindi possono permettersi, mediante la leva fiscale di mantenere e aiutare  un certo numero di poveri. Ma parlare di guerra (di qualcosa che si possa vincere un giorno),  come abbiamo detto,  è pura fantasociologia.
Sotto l'aspetto dell' "aiuto",  esistono storicamente e sociologicamente tre modelli, quello del welfare state, quello totalitario, quello confraternitario-religioso.  Nel primo si cede un poco di libertà economica (per alcuni fin troppa) in cambio di  sicurezza;  nel secondo si scambia la sicurezza con la libertà tout court;  nel terzo si baratta  la libertà di fede con la sicurezza.  Tuttavia, senza libertà economica la società  va a picco, senza libertà tout court si trasforma nell’anonima conformisti, senza libertà di fede muore l’intelligenza. Pertanto ogni modello   ha un costo preciso.
Naturalmente esistono forme intermedie. Dove fermarsi però, dal punto di vista della pressione fiscale? E soprattutto, chi deve intervenire? Lo stato, i privati, la chiesa? Infine, siamo sicuri che l’eliminazione di qualsiasi rischio, anche quello di cadere in povertà, favorisca l’iniziativa e l’impegno dei singoli? Insomma, si fa presto a parlare di  "lotta alla povertà".
Ecco i  problemi che  il sociologo dovrebbe porsi, invece  di parlare come un attivista politico qualunque di "lotta alla povertà"…


Carlo Gambescia           

martedì 18 ottobre 2016

Renzi , Obama e una certa idea dell’Italia
Buona cena Signor Presidente!


Renzi  porta con sé a cena da Obama, piaccia o meno,  una certa idea dell’Italia. I premi Oscar Roberto Benigni e Paolo Sorrentino, lo stilista  Giorgio Armani,  la coraggiosa  sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini,   Raffaele Cantone  come testimonial di una  giustizia non giustizialista, la brillante  curatrice del  Moma, l'architetto Paola Antonelli,   mentre in rappresentanza  della scienza  la direttrice generale del Cern Fabiola Gianotti  per lo sport, la campionessa paralimpica Bebe Vio.  
Naturalmente, alcuni,  sono amici anche di Renzi… Fa parte del gioco. Ma, sullo sfondo,  c’è l’idea di un' Italia mite  e  universalista,  che si fa conoscere all’estero,  creativa, seria, produttiva.  Esiste un’ idea dell’ Italia rappresentativa e  alternativa, con lo stesso respiro internazionale e la stessa concretezza di cose fatte e da fare? Piaccia o meno, no.   
La destra chi avrebbe portato?  Mi viene da ridere solo a pensarlo. I pentastellati?  Ci sarebbe voluto un anno per decidere, e  un altro ancora, per sottoporre il nome dei candidati  al placet di Grillo e  Casaleggio jr. Va da sé, che l’idea dell’Italia di Renzi,   non piace a larga parte dell’italiani. Per quale ragione? Per la stessa ragione che spinge la maggior parte degli italiani a chiedere tasse più basse e pensioni più alte.  Non sanno bene quel che vogliono.   Anzi, no,  una cosa, anzi due, anzi tre cose sanno benissimo:  lavorare il meno possibile, lamentarsi e invidiare chiunque ce l’abbia fatta. E le opposizioni, di destra e sinistra assecondano, favorendo la confusione e il vittimismo.  Di conseguenza: nessuna  idea dell’ Italia, se non in negativo. Con la bava alla bocca e le nostalgie autoritarie, fasciste, giacobine.
Renzi, che  è molto pragmatico,  per un verso tenta di cambiare le cose, puntando su una certa idea dell’Italia, seria, costruttiva,  apprezzata  all’estero,  per l’altro, se vuole durare, come ogni politico , è costretto ad assecondare  la corrente, accontentando  piagnoni, sfaticati  e invidiosi.  
Ogni tanto  però ci scappa l’invito importante. E lì Renzi si prende la sua rivincita.   Buona cena Signor Presidente!
Carlo Gambescia          

lunedì 17 ottobre 2016

  
   
Arma dei Carabinieri (*)
Nucleo di Polizia Giudiziaria di [omissis]
VERBALE DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI
(ex artt. 266,267 e 268 C.P.P.)
L'anno 2016, lunedì 6 giugno, in [omissis] presso la sala ascolto sita al 6o piano
della locale Procura della Repubblica, viene redatto il presente atto.
VERBALIZZANTE
M.O Osvaldo Spengler
FATTO
Nel corso dell'attività tecnica di monitoraggio svolta nell'ambito della procedura riservata n. 765/2, autorizzazione COPASIR 8932/3a [Operazione NATO “ASCOLTO FRATERNO” N.d.V.] è stato effettuata in data 05/06/2016, ore 11.37, l’intercettazione di una conversazione telefonica intercorsa tra le utenze di Stato 333***, in dotazione a S.E. FINZI MATTIA, Presidente del Consiglio dei Ministri, e  347***, in dotazione a SENSINI FABIO, consulente per la comunicazione della Presidenza del Consiglio.  Si riporta di seguito la trascrizione integrale della conversazione summenzionata:

[omissis]


S.E. FINZI MATTIA: “Secondo te come va?”
SENSINI FABIO: “Gli ultimi sondaggi…”
S.E. FINZI MATTIA: “No, no, niente sondaggi. Secondo te.”
SENSINI FABIO: [pausa] “Secondo me comunque vada abbiamo vinto.”
S.E. FINZI MATTIA: “Scusa?”
SENSINI FABIO: “Perché non possiamo perdere, Mattia. E’ impossibile.”
S.E. FINZI MATTIA: “Mi piace, ma spiega un po’.”
SENSINI FABIO: “C’è l’astensione record? Ottimo, meno gente vota meno gente ci serve per la maggioranza alle politiche. Col premio di maggioranza, andiamo al governo con meno del 20% degli aventi diritto, praticamente li possiamo conoscere tutti di persona, sai che customer care?”
S.E. FINZI MATTIA: “E uno.”
SENSINI FABIO: “Perdiamo Roma? Perfetto. Chiunque vince affonda nella palude romana, lo attacchiamo e facciamo il partito di lotta e di governo.”
S.E. FINZI MATTIA: “E due.”
SENSINI FABIO: “Perdiamo Milano? Buona occasione per fare fuori i dissidenti, l’ultrasinistra, tutta la pattumaglia che intralcia e basta. Con il neosindaco comunque ci si mette d’accordo.”
S.E. FINZI MATTIA: “E tre.”
SENSINI FABIO: “Perdiamo Torino? Tanto la Fiat non c’è più.”
S.E. FINZI MATTIA: “E quattro.”
SENSINI FABIO: “Ma quel che più conta, chiunque vinca non riuscirà mai a costruire un’opposizione credibile per le politiche. Al governo ci siamo e ci restiamo…”
S.E. FINZI MATTIA: “…per abbandono dell’avversario.”
SENSINI FABIO: “Poi, intendiamoci: secondo me vinciamo noi.”
S.E. FINZI MATTIA. “Dici?”
SENSINI FABIO: “Massì.”
S.E. FINZI MATTIA: “Con quello che abbiamo combinato? Le tasse che salgono, i posti di lavoro che calano, le aziende che chiudono, gli immigrati, le batoste in Europa, i nostri indagati, le banche fallite?”
SENSINI FABIO: “Massì, massì. Quando le cose vanno veramente male, di cosa ha bisogno la gente?”
S.E. FINZI MATTIA: “Di qualcuno che risolve.”
SENSINI FABIO: “Quello è il piano A. Ma se non c’è nessuno che risolve, qual è il piano B?”
S.E. FINZI MATTIA: [pausa] “Non lo so.”
SENSINI FABIO. “Distrazione, Mattia. Quando le cose vanno veramente male e nessuno le può risolvere, la gente ha bisogno di distrazione. E chi è che racconta la storia migliore, oggi come oggi?”
S.E. FINZI MATTIA: “Noi, non c’è dubbio.”
SENSINI FABIO: “Esatto. Ti rendi conto? Abbiamo detto che i posti di lavoro sono aumentati, e sono aumentati anche i disoccupati. Abbiamo detto che c’è la ripresa. Abbiamo detto che l’Europa si farà carico dell’emergenza immigrati. Abbiamo detto…guarda, ne abbiamo dette di quelle che mi vergognavo, eppure…”
S.E. FINZI MATTIA: “…è vero, eppure la gente ci crede. Chissà perché…”
SENSINI FABIO: “Perché così sta meglio, Mattia. Ti pare poco?”
S.E. FINZI MATTIA: “Come quando la moglie ti mette le corna e tu in fondo lo sai, ma se lei ti dice ‘Amo solo te’…”
SENSINI FABIO: “…ci credi, esatto. Perché sennò ti tocca litigare, soffrire, divorziare, trovare un’altra moglie…”
S.E. FINZI MATTIA: “E così si tira avanti, si sta tranquilli...”
SENSINI FABIO: “Come diceva Berlinguer? Il nostro partito è una forza tranquilla.”
[ridono]


Letto, confermato e sottoscritto
L’UFFICIALE DI P.G.
M.o  Osvaldo Spengler



(*) "Trattasi" -   tanto per non cambiare stile,  quello  della  Benemerita...  -   di ricostruzioni che sono  frutto della mia  fantasia di  autore e commediografo.  Qualsiasi riferimento  a fatti o persone  reali  deve ritenersi puramente casuale. (Roberto Buffagni)

Chi è il  Maresciallo Osvaldo Spengler?  Nato a Guardiagrele (CH) il 29 maggio 1948 da famiglia di antiche origini sassoni (carbonai di Blankenburg am Harz emigrati nelle foreste abruzzesi per sfuggire agli orrori della Guerra dei Trent’anni), manifestò sin dall’infanzia intelletto vivace e carattere riservato, forse un po’ rigido, chiuso, pessimista. Il padre, impiegato postale, lo avviò agli studi ginnasiali, nella speranza che Osvaldo conseguisse, primo della sua famiglia, la laurea di dottore in legge. Ma pur frequentando con profitto il Liceo Classico di Chieti “Asinio Pollione”, al conseguimento della maturità con il voto di 60/60, Osvaldo si rifiutò recisamente di proseguire gli studi, e si arruolò invece, con delusione e sgomento della famiglia, nell’Arma dei Carabinieri. Unica ragione da lui addotta: “Non mi piace far chiacchiere .” (Com’è noto, il carabiniere è “uso a obbedir tacendo”). Mise a frutto le sue doti di acuto osservatore dell’uomo in alcune indagini rimaste celebri (una per tutte: l’arresto dell’inafferrabile Pino Lenticchi, “il Bel Mitraglia”). Coinvolto nelle indagini su “Tangentopoli”, perseguì con cocciutaggine una linea d’indagine personalissima ed eterodossa che lo mise in contrasto con i magistrati inquirenti. Invitato a chiedere il trasferimento ad altra mansione, sorprese i superiori proponendosi per la sala ascolto della Procura di ***. Richiesto del perché, rispose testualmente: “Almeno qui le chiacchiere le fanno gli altri.”

***

Roberto Buffagni è un autore teatrale. Il suo ultimo lavoro, attualmente in tournée, è Sorelle d’Italia – Avanspettacolo fondamentalista, musiche di Alessandro Nidi, regia di Cristina Pezzoli, con Veronica Pivetti e Isa Danieli. Come si vede anche dal titolo di questo spettacolo, ha un po’ la fissa del Risorgimento, dell’Italia… insomma, dell’oggettistica vintage...




domenica 16 ottobre 2016

Sartre, Dylan e il Premio Nobel
Irregolari?  No, furbi




Mi  ha colpito un commento di Roberto Pavanello su “la Stampa”, dove ci  si arrampica, post-modernamente, ( nel senso di arrampicarsi  in cima alle stupidaggini)   sul silenzio di Dylan:

“Dopo due giorni, non un fiato, non un commento. La risposta, amico mio, sarà anche nel vento, ma le parole del padre del cantautorato non si muovono. Vento o non vento.  
Ora, va bene che il buon Dylan non ha mai fatto dell’espansività la sua dote migliore, ma c’è chi comincia a supporre che potrebbe anche arrivare dal menestrello del rock un rifiuto dell’onorificenza, così come fece un altro irregolare come Jean Paul Sartre nel 1964”.  

Ritengo sia inutile interrogarsi  sul silenzio di Dylan.  E  pure  sul  perché di un premio.  I Nobel vengono assegnati due volte, la prima dai  professori di Stoccolma, la seconda  dal  tempo,  grande galantuomo:  basta rileggersi l’elenco dei passati Nobel (uno lo vinse anche la nostra Deledda: Grazia chi?). Quanto al silenzio  è un problema di Dylan.  E  di chi si interroga su  certe fregnacce. Invece, il vero punto della  questione  è la  qualifica  "di irregolare",  come  Sartre,  aggiunge Pavanello: gossippando sul  rifiuto di Dylan, visto che Sartre nel 1964   girò le spalle all’onorificenza.
Chi è irregolare?  In genere, per quanto  ne so e basandomi  sulla storia del Novecento, l’irregolare è uno che sfida il potere.  E poi?  Semplificando,  se ne assume le conseguenze. Politiche, di regola.  Nella Russia comunista si finiva  in un  Gulag. Anche con Putin, non si scherza. Con Hitler si passava attraverso un camino.  Mussolini era più "comprensivo":   Matteotti e tanti altri furono picchiati fino a morire di percosse. E che conseguenze si sono assunti Sartre e Dylan?  Zero.
E' l'Occidente bellezza... L'odiato borghese  si pulisce dagli schizzi di merda ricevuti, ti chiede scusa e ti premia pure. Che pacchia!    
Ergo, Dylan e Sarte  non possono essere definiti irregolari.  Furbi, probabilmente, sì.

Carlo Gambescia              



venerdì 14 ottobre 2016

La scomparsa di Dario Fo
Uno di meno

Oggi, mentre lavoravo,  mi sono alzato di scatto dalla scrivania. E  dopo un attimo di raccoglimento,  ho cominciato ad alzare ritmicamente le braccia al cielo,  accompagnando il  gesto, come fanno i pellerossa, pardon, i nativi americani,  con movimenti delle  ginocchia, sempre più rapidi,  come  se stessi ballando,  ma  da fermo.  Il tutto accompagnato da gorgoglii,  borborigmi,  e da  una flatulenza, traditrice e rumorosissima, che ha scandalizzato mia moglie…  
Io però, prima che parlasse,  magari per chiedere la separazione, l’ho bloccata: “ Come,  non  riconosci  l’arte di Dario Fo? Sto sfidando il potere.  Celebro un grande artista e mi alleno per il Nobel”.  
Però c’è un problema, ho subito pensato   non sono comunista. Quindi…
Negli anni  Ottanta del secolo scorso  c’era un deputato missino, un omaccione,  non ricordo il nome,  fascistissimo che girava per Roma in camicia nera. Un personaggio patetico.  Ogni volta che al bar ordinava un aperitivo, chiedeva un rosso  e subito  aggiungeva, ad alta voce, guardandosi intorno con tono di sfida: “Uno di meno!”.
Io che non sono fascista, quando ho saputo della morte di Fo, ho pensato la stessa cosa. Devo preoccuparmi?   

Carlo Gambescia