mercoledì 30 aprile 2025

Il nuovo sport. Dare addosso alla sinistra

 


Dai toni dei giornali, anche quando la sinistra sta zitta e subisce, diciamo quando mostra di essere sottotono, sembra che il povero Sergio Ramelli, sia stato ucciso ieri l’altro da Schlein, Conte, eccetera.

In Italia si assiste a qualcosa di veramente grave. Si chiama contraffazione della realtà. Anzi della verità. Che culmina nel brutto spettacolo di un governo, di estrema destra, che prende regolarmente a pugni l’opposizione. E quest’ultima, seduta al banco degli imputati, non reagisce. Come se la destra fosse all’opposizione e la sinistra a governo. Insomma va per la maggiore lo sport di dare addosso a una sinistra ormai inerme o quasi. Ovviamente dipigendola come complice degli assassini di Sergio Ramelli.

Singolare anche la posizione di Mattarella, che, pur proviene dalla sinistra democristiana. E che come gli è stato rimproverato, da fior di giuristi, avrebbe dovuto bocciare il decreto sicurezza perché incostituzionale. E invece è passato.

Non si vuole capire ( poi spiegheremo perché ) che ogni “vittoria” della destra, amplificata da un diabolico asse mediatico e social, spostatosi completamente a destra, significa renderla più forte, più sicura di sé. Il che spiega i quotidiani pugni sferrati contro l’opposizione. Ormai al tappeto.

Si rifletta. Quando la seconda carica dello stato, Ignazio La Russa, dedito ad ampliare la collezione paterna di busti del duce, dichiara pubblicamente, che i saluti romani non hanno alcuna importanza, e che invece è la sinistra a dover tuttora rendere conto della morte di Sergio Ramelli, significa che si è ben oltre la linea rossa o meglio nera.

Anche perché polemisti e politici di destra replicano con durezza, persino alle critiche più timide. Come fosse cosa più normale del mondo chiedere conto alla sinistra della morte di Sergio Ramelli dopo cinquant’anni.

E quali ragioni evoca la destra? Che la sinistra, a sua volta, chiede conto (ma sarebbe meglio dire chiedeva) alla destra della dittatura fascista.

Di cose, come dichiarato dalla stessa Meloni, accadute addirittura cento anni fa. Quindi – ecco il veleno – perché la destra non deve chiedere, eccetera, eccetera?

Capito il “trucco”? La destra mette sullo stesso piano un regime politico catastrofico, che per vent’anni immobilizzò l’Italia in un busto di gesso, al quale Fratelli d’Italia, di fatto e di diritto guarda (l’impostazione del decreto sicurezza è più autoritaria che mai), e quattro delinquenti impolitici, già isolati cinquant’anni fa, che non hanno nulla in comune con il Partito democratico.

Dietro l’ approccio, che poi è quello “storiografico” (si fa per dire) del Movimento Sociale Italiano, si cela la tesi che tra i fascisti di Salò e gli uomini della Resistenza non c’ era e non c’è alcuna differenza etico-politica. Todos caballeros.

Si tratta di una pericolosa rilettura della storia d’Italia, diciamo pure buonista (perché la cattivista dichiara la superiorità morale delle brigate nere), un tempo ristretta alle sezioni del Movimento Sociale, oggi condivisa pubblicamente. Anzi sfacciatamente da Fratelli d’Italia. E che, paradossalmente, chi scrive, che ha sempre condannato il profilo leninista della sinistra, sia ora a costretto a spezzare una lancia in suo favore, indica la gravità del momento. Semplificando, qui abbiamo, un anticomunista, e da sempre, Carlo Gambescia, che scrive cose che la sinistra sembra abbia il timore di riaffermare

Lo spettacolo della sinistra “punching ball” è veramente deprimente. 

Anche negli Stati Uniti, strapazzati da Trump, i Democratici sono accusati di eccessiva timidezza. Ora però sembra che la sfida sia stata raccolta, seppure in chiave populista, da Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, nonno e nipote vista la grande differenza di età, lanciatisi a capofitto in un tour politico di manifestazioni, dal discreto seguito, contro il tentativo autoritario di Trump. Auguri sinceri.

In Italia invece si continua a registrare una passività preoccupante.

Da cosa dipende? Non è facile rispondere. Sembra però che la sinistra, per un verso abbia accettato la nuova vulgata storica “degli uni e gli altri pari sono”, e che per l’altro soffra di una specie di senso colpa verso i fascisti. Senso di colpa per che cosa? Di aver sparato ai fascisti? Probabilmente. Si chiama pacifismo retroattivo. Giudichi il lettore.

Piaccia o meno, le due cose sono però collegate, e in modo circolare: quanto più si svaluta la Resistenza, tanto più diminuisce il senso di colpa verso i fascisti, più diminuisce il senso di colpa più si svaluta la Resistenza.

Dicevamo della contraffazione della verità portata avanti sistematicamente dalla destra. E qui sorge spontanea la domanda: è normale, seppure in perfetta linea con i nostri brutti tempi, che i membri dell’Anpi e coloro che celebrano la Resistenza vengano definiti estremisti e nostalgici? Parliamo delle radici etiche e politiche della Repubblica. Sacre in quanto tali, a prescindere da ogni aspetto politicamente contingente. Non ci si comporti da stupidi. Si guardi la Luna della Resistenza e non il dito di quattro estremisti filopalestinesi.

Forse sbaglieremo, ma è nostra impressione che la sinistra abbia tirato i remi in barca. Che pensi alla pura sopravvivenza in attesa che la “nottata” passi. E quel che è peggio, molti tra i pochi liberali italiani, sono schierati dalla parte del governo Meloni.

Di qui le stesse divisioni del tempo di Mussolini, tra liberal-democratici e liberali fiancheggiatori se non addirittura liberal-fascisti. I famosi liberali del “Listone” del 1924. Insomma, si scambiano i nemici della liberal-democrazia, quindi del sistema, per avversari interni al sistema. Sotto c’è l’antica speranzella antropologica del civilizzare i barbari, da Teodorico a Mussolini e Hitler.

I liberali non hanno imparato nulla. Che malinconia.

Carlo Gambescia

martedì 29 aprile 2025

260 parole

 


La prima cosa da chiarire è che a quanto pare la destra, quella con radici neofasciste, oggi al governo, ha celebrato e pubblicamente il "suo" Venticinque Aprile. Come? Ricordando, con varie cerimonie pubbliche, per ora non ancora istituzionalizzate, la figura di Sergio Ramelli un giovane di diciotto anni, attivista del Fronte della Gioventù, trucidato a colpi di chiave inglese da estremisti di sinistra, di Avanguardia Operaia.

Peraltro alcuni giorni prima Giorgia Meloni aveva celebrato il “vero” Venticinque Aprile. Anche qui cerimonie pubbliche, in questo caso istituzionali, eccetera, eccetera. Dopo di chi ieri, oltre a presenziare, ha ricordato la figura di Ramelli e il senso della celebrazione.

Partiamo da un dato concreto Giorgia Meloni quante parole ha dedicato all’Ottantesimo anniversario della Festa della Liberazione? 100.

Qui:

“Oggi l’Italia celebra l’ottantesimo Anniversario della Liberazione.In questa giornata, la Nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana. La democrazia trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto e sulla libertà e non sulla sopraffazione, l’odio e la delegittimazione dell’avversario politico.Oggi rinnoviamo il nostro impegno affinché questa ricorrenza possa diventare sempre di più un momento di concordia nazionale, nel nome della libertà e della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, autoritarismo e violenza politica” (*)

Quante invece ai cinquant’anni trascorsi dal morte di Sergio Ramelli? 260. Quasi tre volte di più.

Qui:

“Ci tenevo moltissimo ad esserci in questo anniversario così importante. Siamo reduci da giorni intensi, nei quali la scomparsa del Santo Padre ci ha portato a riflettere su temi profondi: misericordia, perdono, pietas, provvidenza. Ed è terribilmente difficile accostare questi valori alla vicenda di Sergio Ramelli. Cinquant’anni fa si spegneva la sua giovanissima vita: una morte tanto brutale quanto assurda e forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia. Cinquant’anni dopo siamo chiamati ad interrogarci su quello che ancora oggi ci può insegnare il suo sacrificio. Sergio era una persona libera, ma essere liberi in quei tempi duri comportava un’enorme dose di coraggio, che spesso sfociava nell’incoscienza, addirittura. Sergio amava l’Italia più di ogni altra cosa e aveva deciso di non tenerselo per sé, di dirlo al mondo, senza odio, arroganza o intolleranza. La sua storia ce l’ha raccontata chi lo ha conosciuto, chi ha condiviso con lui la militanza politica, chi ha sperato e pregato per quei terribili quarantasette giorni di agonia che Sergio potesse risvegliarsi, chi ha pianto quel 29 aprile in cui si è spento e nei giorni successivi quando persino celebrarne il funerale divenne un’impresa, chi ha ricercato incessantemente verità e giustizia, prima e durante il processo, chi in questi anni ha dedicato alla sua memoria una strada o un giardino e chi invece un libro, una canzone, un fumetto o uno spettacolo teatrale. E quella storia ce l’ha raccontata Anita, mamma Ramelli, che per quasi quarant’anni ha onorato il suo amato Sergio insegnando dignità e amore infinito” (**).

Cioè Giorgia Meloni dedica più spazio a un evento di partito, di patriottismo di partito. Se si vuole di appello ai “suoi” caduti. Per la Nazione ovviamente (quella con la maiuscola).

Non si dimentichi mai che la visione dell’Italia del Movimento Sociale ai tempi di Ramelli, come quella odierna di  Fratelli d’Italia, era ed è intrisa di nazionalismo fascista e di anticomunismo becero, allora diffusissimi sulla stampa missina, e che adesso ritroviamo puntualmente, addirittura sulle prime pagine di "Libero", "La Verità", "Il Giornale", eccetera.  Detto altrimenti:  il fior fiore dell'intolleranza politica.

Per non parlare delle perfide dichiarazioni, contro l'opposizione, diremmo quotidiane,  dei politici di destra. A partire da Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, un estremista di destra, oggi seconda carica dello stato. Che tra l’altro  -  si faccia un giro su Internet -  è criticato dai fascisti con il complesso di Badoglio rimasti  fermi al mito della Repubblica Sociale. Veramente inimmaginabile quel che ruota intorno a Fratelli d’Italia.

E non entriamo nel merito dei contenuti, né de saluti romani, né dei commenti incendiari sotto il video di Giorgia Meloni. E neppure del vergognoso tentativo, ripetiamo, di dipingere il nazionalismo, come un atto di amore, in perfetta linea con la tradizione fascista.

Per quanto bestiale l’uccisione di Sergio Ramelli, come pure i terribili "Anni di Piombo", che, si badi  bene, la destra missina e postmissina ingigantisce e dipinge come gli anni della “loro” Resistenza al “sistema” (quello liberal-democratico )… Per quanto bestiale, dicevamo, non si possono dedicare solo 100 parole a un evento epocale come il Venticinque Aprile e 260 a un evento che qualsiasi storico obiettivo non può non definire di partito.

Per quale ragione la Festa della Liberazione è un fatto epocale? Perché riguarda l’Italia e il mondo libero. Il mondo intero. Non si dimentichi mai che le divisioni celebrative continuano a vederle solo  i  fascisti, perché non hanno mai accettato la giustissima sconfitta. Per un democratico festeggiare il Venticinque Aprile resta la cosa più normale del mondo. Un riflesso politico naturale. Di cui però sono privi, dalla nascita, i persecutori di ebrei e partigiani. Che perciò, per non fare i conti ideologici con se stessi, parlano di “divisioni”.

Le 100 parole dedicate alla Resistenza registrano come un obiettivo fotografico lo squilibrio politico e ideologico che oggi purtroppo marchia al fuoco della fiamma la disgraziata realtà italiana.

Se i fascisti non sono ancora tornati, siamo abbastanza vicini. La progressione c’è: nel 2023 la commemorazione di Sergio Ramelli all’Istituto Molinari, scuola frequentata dalla giovane vittima, avvenne alla presenza della sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti. Quest’anno si è mosso tutto lo stato maggiore del partito ed è stato pure emesso un francobollo.

Se la destra riuscirà a conservare il potere approvando la legge sul premierato si rischia la cancellazione della celebrazione del Venticinque Aprile.

Ogni giorno che passa si sentono più forti. Sono sempre “loro”: i fascisti di un tempo. E il fatto che Giorgia Meloni, che all’epoca della morte di Ramelli neppure era nata, mostri di possedere  una memoria da elefante,  prova una specie di verità generazionale: che i missini, i fascisti dopo Mussolini, di generazione in generazione, non hanno imparato nulla e nulla hanno dimenticato. 

E come sembra neppure gli italiani. Dal momento che votano Fratelli d'Italia.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.governo.it/it/articolo/ottantesimo-anniversario-della-liberazione-dichiarazione-del-presidente-meloni/28294 .
(**) Qui: https://www.youtube.com/watch?v=W4-SrQQejk0.

lunedì 28 aprile 2025

Marche. Laboratorio politico rossobruno?

 


Il fatto che il sindaco di Ascoli, “enfant prodige” di Fratelli d’Italia, Marco Fioravanti, difenda i vigili che si sono comportati come militi della MVSN è cosa grave. Ma ancora più grave sembra essere la sua rappresentazione della realtà. Cioè come la dipinge. Si legga qui.

‘Le vittime sono gli agenti di polizia, che hanno subìto una violenta aggressione social solo per aver fatto il proprio lavoro: dopo una segnalazione, come accade ogni giorno e accaduto anche lo scorso anno il 25 aprile, hanno semplicemente verificato il contenuto di uno striscione. Registrato come il contenuto era legittimo e non offensivo, non ne hanno ordinato la rimozione e hanno continuato a svolgere il loro lavoro per garantire la sicurezza dei cittadini’. Rompe il silenzio il sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti (Fdi) sui controlli il 25 Aprile alla panetteria “L’Assalto ai Forni” per lo striscione dal contenuto antifascista. Controlli a cui sono seguite delle polemiche” (*).

Che diceva lo striscione? “25 Aprile, buono come il pane bello come l’antifascismo”. Certo, una frase così feroce imponeva seri controlli… Da reiterare addirittura anno dopo anno… In realtà, siamo dinanzi a una intimidazione tipicamente fascista. Che il Sindaco, mostrando una pericolosa propensione auoritaria, ignora, presentando i controlli di polizia – inauditi per un cosa del genere – come normale routine, come se si fosse dimenticata, storicamente parlando,  la natura  dittatoriale e soratttutto violenta del fascismo. Come pure il sacrosanto diritto, in una società aperta, di dichiararsi antifascisti, tra l’altro, come nello striscione, in maniera elegante e innocua. Diremmo perfino simpatica. E invece? Poveri agenti  della polizia locale...

Siamo davanti a un insidioso rovesciamento di valori. La Repubblica sembra non essere più antifascista. Il fascismo non si critica… Ecco il messaggio rovesciato. Molto pericoloso perché giustifica una specie di nuova normalità dove sotto sotto si punta alla riabilitazione del fascismo.

Ma non è tutto. Si legga cosa è accaduto a Pesaro.

Odio social contro la senatrice a vita Liliana Segre dopo la sua partecipazione alle celebrazioni del 25 aprile a Pesaro. ‘Sanguisuga ebrea’; ‘la più nazista di tutte’; ‘vecchia il popolo italiano non ti vuole’; “stanno facendo la raccolta differenziata”: questi alcuni tra le centinaia di insulti che sono stati scritti sotto i video dei festeggiamenti del Comune di Pesaro e del sindaco Biancani per la festa di Liberazione, rivolti dagli haters alla sopravvissuta ai campi di concentramento” (**).

Haters? Chiamiamoli antisemiti. Di sinistra? Forse. Però non va eslcusa neppure la destra.   Non si dimentichi mai che in Italia ( e non solo) esiste una specie di pozzetto nero politico, fetido, rossobruno, frutto venefico di una convergenza ideologica  tra  estremismo fascista e anarco-comunista. 

L’antisemitismo – il che è un fatto storico – rappresenta il collante tra rossi e neri. A questo proposito si legga Nolte sul collegamento tra l’antisemitismo di Marx e quello di Hitler. Con a rimorchio, quello di Mussolini. Che volente o nolente fece approvare le leggi razziali. Per non parlare di quel che accadde durante la Repubblica di Salò. E sotto i suoi occhi. E con  il dettato del  punto 7 del Manifesto di Verona.

Ricapitolando: L’antifascismo rischia il pensionamento, l’antisemtismo sembra dilagare.

Che le Marche, tra l’altro governate da Fratelli d’Italia, regione, come sembra, bruna o “rossobruna”, nel senso di quella fucina di estremismi che fu il fascismo (il comunista Bombacci morì fascista), siano una specie di nuovo laboratorio politico?  Dove si lavora  al fascismo del XXI secolo?

Esageriamo? Forse. Però nostra impressione è che stiamo assistendo al ritorno, in pompa magna, del famigerato “né destra né sinistra”, spina dorsale ideologica del fascismo.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.lastampa.it/cronaca/2025/04/27/video/striscione_panetteria_di_ascoli_il_sindaco_difende_gli_agenti_andava_verificato_il_contenuto_-15121789/ .

(**) Qui: https://www.adnkronos.com/cronaca/liliana-segre-insulti-social-oggi-denuncia_6dXUl7Vp87HN6Ik0jFHHf3 .

domenica 27 aprile 2025

Una settimana (mediatica) tremenda. E ora dove andrà la Chiesa?

 


Il delirio comunicativo  è finito?  Bah...  Almeno quello, si spera.  Una settimana tremenda. Difficile da interpretare:  Ritorno  a una specie di fede universale collettiva?  Atto di ipocrisia collettiva?   Una specie di omaggio del vizio alla virtù?

Una cosa è certa, la laicità  si è mostrata  una   fragile superficie, in fondo come la libertà,   pronta a cadere a pezzi sotto i colpi   dell’irrazionalità: della trasformazione della morte di un papa, e di tutto quello che vi ruota intorno, in una  mediocre  saga medievale  mediatizzata.

Probabilmente  dietro tutto  questo  frastuono pseudoreligioso c’è quella che potremmo chiamare una pericolosa fame di certezze, di risposte assolute. Detto altrimenti: di un padre, al quale  demandare l’esercizio della nostra libertà.  Si pensi a una società infantilizzata alla ricerca di padri. Il che  non è simpatico né promettente.  

Oggi  serve un individualismo forte. Diremmo addirittura eroico. Come agli inizi della modernità.  Altro bel problema: Musk vuole su andare su Marte, ma è un mezzo fascista.  Colombo era al tempo stesso  individualista e persona per bene. Per fare un  altro esempio: Drake era un corsaro fedele alla monarchia.  Musk si vuole solo fare i "cazzi" propri (pardon). Quindi è un pirata.

Ovviamente, per tornate alla kermesse medievaleggiante,  il ruolo  giocato  dai mass media, dall’effetto moltiplicatore,  basato sulla reiterazione della notizia-evento,  è stato fondamentale.  Si pensi  a una rincorsa  tra atleti  in vista di un traguardo che  non si vede. Si corre ( i mezzi) perdendo di vista il punto di arrivo (il fine).   Il principio concorrenziale, pur giustificato, di fare meglio e prima  degli altri, si è risolto  nella parcellizzazione della  macronotizia   in un  pulviscolo  di micronotizie.  Se si preferisce in gossip pseudoreligioso.

In realtà, per la Chiesa, al di là della pioggia  di melassa,  caduta su un mare di assurdità,  varrà, come sempre, il principio del “Il Re è morto, viva il Re!”,  nel senso  che  il trono non è vuoto. L’istituzione è viva. Alla macchina si deve guardare non al Pilota di turno.  Quei cardinali, tutti compunti, che si sono visti in tv, erano già  con la testa all’elezione del nuovo Papa. Però, attenzione, non si guardi ai nomi già usciti sui giornali.  Si guardi alla macchina, all’Automobile-Chiesa se si preferisce.

Da che parte andrà? La Chiesa  “degli ultimi”,  quella schierata con i migranti, rischia di entrare in urto  con le principali potenze che non amano i migranti. Senza avere le divisioni di cui parlava Stalin.  E perciò rischia  o di soccombere o  di essere, di volta in volta,   tramutata  in strumento  al servizio di questa o quella potenza,  in base alle politiche migratorie del momento.

Per contro, la Chiesa   “dei primi”, per capirsi una Chiesa che si ponga esplicitamente dalla parte dell’Occidente americano, che non vuole migranti,   rischia  di tradursi, sintetizzando, nel  papa cappellano di Trump.

Resta l’Europa, che però  sembra sul punto di  “svoltare” a destra, quindi dalla parte della Chiesa “dei primi”.   Quindi altro papa  cappellano.  

Qui il problema. Che il prossimo papa non potrà  risolvere da solo.

E qui si torna all' Automobile-Chiesa.  Alla "macchina", all'istituzione insomma. Da che parte andrà?  Esiste una terza via?

Carlo Gambescia


Buona domenica!


 

sabato 26 aprile 2025

Democrazia illiberale

 


Giorgia Meloni ha dichiarato ieri che il fascismo fu una dittatura che negò la libertà: ovviamente tra gli osanna della stampa di destra e la sorpresa di quella di sinistra. Stessa reazione tra i politici, divisi in giulivi e spiazzati.

In realtà, se guardiamo all’evoluzione negli ultimi dieci, quindici anni delle istituzioni politiche in Polonia, Ungheria, Turchia, Stati Uniti, Italia (solo per fare alcuni nomi), il problema non è più quello dei dichiararsi antifascisti ( o comunque non solo quello), ma del graduale passaggio di fatto da una democrazia liberale a una democrazia illiberale.

Si pensi, per fare un esempio banale, a un cinema, multisala, con tanto di luci e insegne, titoli dei film in programmazione, dove però una volta che entrati, invece di trovare comode poltrone e un invitante schermo, ci si ritrovi in una megastanza delle torture corredata di supplizi vari, cavalletti, ruote, mordacchie, eccetera. Dalla quale, una volta sbarrate le porte,  sia impossibile uscire.

Fuor di metafora. La democrazia illiberale, addirittura teorizzata da Erdoğan , Orbán, Trump (*), è una democrazia che formalmente mantiene in piedi le strutture dello stato di diritto, che però ignora di fatto.

Come? Svuotando dall’interno, giorno dopo giorno, le istituzioni liberali, cominciando dal legislativo e dal giudiziario. Cioè dai poteri di controllo sul governo

La democrazia illiberale si può definire come una democrazia in cui prevale l’esecutivo sugli altri poteri. Dove, per capirsi, chi vince le elezioni governa in modo autocratico.

Non si tratta di una semplice repubblica presidenziale, dove, come nella Francia della Quinta Repubblica oppure negli Stati Uniti, prima del secondo mandato Trump, le misure prese dai presidenti non possono sottrarsi al controllo politico del parlamento e di costituzionalità da parte dei giudici supremi, ma di un potere assoluto che dichiara di dover rendere conto solo al popolo. Esiste quindi una componente populista. Che distinse anche il fascismo: movimento antiliberale per eccellenza.

La pericolosità della democrazia illiberale cresce in relazione alla possibilità di manipolazione delle elezioni. Non è una questione di brogli occasionali ma di un proliferare di situazioni ai vari livelli sociali e comunicativi. Se ad esempio le opposizioni sono ostacolate sul piano comunicativo e la stampa, perché minacciata, non osa parlare dei fallimenti del governo, siamo già davanti a un voto chiaramente manipolato. Di qui, l’importanza, delle Corti Costituzionali e dei parlamenti per proteggere i diritti delle minoranze e difendere il pluralismo politico. Cioè dello stato diritto liberale.

Detto altrimenti: il voto del popolo non può diventare lo schermo dietro il quale governare in modo autocratico, vale a dire senza alcuna forma di controllo da parte del legislativo e del giudiziario.

La democrazia illiberale, in buona sostanza, è un democrazia dell’esecutivo. Si torna all’assenza della divisione dei poteri, tipica del mondo preliberale, ossia premoderno, quando il monarca cumulava nella sua persona i tre poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario. E faceva il bello e il cattivo tempo.

Non per nulla negli Stati Uniti si accusa Trump di voler governare come una specie di Luigi XIV. Un comportamento politico che rinvia a personaggi come Erdoğan , Orbán o comunque ad altre figure al  potere ovunque stia prevalendo il concetto di democrazia illiberale.

E qui veniamo a Giorgia Meloni, che tra l’altro sta lavorando alla cosiddetta legge sul premierato, chiaramente illiberale (**). Quindi molto pericolosa per l’esistenza stessa dello stato di diritto.

Insomma non basta dichiarare che il fascismo fu una dittatura. Soprattutto quando, come detto, si vogliono estendere i poteri dell’esecutivo, controllare politicamente la magistratura, potenziare l’ordine pubblico oltre la normalità liberale.

Per farla breve: se Giorgia Meloni dichiara di essere liberal-democratica allora ritiri il decreto sicurezza e chiuda i CPR. E non molesti più i giudici, soprattutto se costituzionali.

Infine un’amara considerazione. Lo stato di diritto liberale è la splendida invenzione dei moderni. Ha poco più di due secoli di vita. Qui però la sua debolezza, diciamo antropologica. Perché si scontra con l’attitudine degli esseri umani  a conservare il proprio stato o comportamento, precedente all’invenzione dello stato di diritto,  attitudine che ha migliaia di anni.  Vi è dietro una specie di forza inerziale  che  fa leva  sulla pigrizia, sull' abitudine,  sul misoneismo,  sullo spirito del gregge.

Perciò è gioco facile – difficilissimo da contrastare – per insinuanti sciamani politici come Erdoğan , Orbán, Trump, Meloni,  adorati dal popolo, evocare sadicamente le forze inerziali, profonde, ataviche, antropologiche, come dicevamo, che spingono verso l’osceno culto popolare del potere assoluto di un singolo individuo, elevato a capo carismatico. Ci si ricordi qui del mussolinismo. Per non parlare dei devoti carnefici al servizio di Hitler, neo Sigfrido. O al culto della personalità tributato a Lenin, Stalin e  ancora  oggi   in  modo significativo verso la figura vivente di Putin, quando ad esempio mostra i muscoli andando a cavallo. Come dimenticare il Mussolini, a torso nudo, della "Battaglia del grano"?

Purtroppo, dinanzi alla democrazia illiberale, ennesima incarnazione di un potere autocratico, che ha migliaia di anni dietro di sé, lo stato di diritto potrebbe rivelarsi una specie di incidente storico.

Cosa triste da dire. Ma di cui si deve prendere atto.

Carlo Gambescia

(*) Si veda Gabriel Piniés, “L’ascension de l’illibéralism Américain”, Éléments, aprile-maggio 2025, n. 213, pp. 38-41. Interessante messa a punto della questione, ovviamente dallo sciagurato punto di vista di una destra reazionaria che scorge in Trump il ritorno del decisionismo filonazista di Carl Schmitt. Il termine democrazia illiberale fu coniato, con largo anticipo, da Fareed Zakaria, giornalista e studioso, in un articolo per “Foreign Affairs” (1997). Si veda il suo Democrazia senza libertà in America e nel resto del mondo, Rizzoli, 2003 (ed. or. The Future of Freedom: Illiberal Democracy at Home and Abroad, Norton, 2003).

(**) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2024/05/legge-sul-premierato-melonismo-sonagli.html .

venerdì 25 aprile 2025

Venticinque Aprile

 


Tutti a casa”. Grande film di Comencini che coglie  lo spirito della Resistenza in modo non retorico. E oggi,  Venticinque Aprile,  la Resistenza si celebra. La battaglia per la vittoria della libertà contro il fascismo. Un regime dittatoriale,  nelle mani di  una soldataglia  accampatasi  in Italia per vent'anni,  come un' orda di barbari invasori. 

Una masnada, secondo l' antica etimologia medievale: i  servi di un  signore,  un  Michelaccio  abbigliato come il direttore di un circo.  

Una masnada in camicia nera  andata  al potere con la violenza.  E  annegata, dopo venti anni di soprusi e violenze, in un'inevitabile bagno di sangue.  E ciò che è peggio, al seguito di una guerra fascista,  persa  in modo vergognoso, dopo venti anni di retorica militarista, complice la monarchia, che pensava di liberarsi del fascismo e di poter conservare il potere, come se nulla fosse accaduto.

 

 


Il che spiega   - qui l'arte di Comencini -    la presa di coscienza, dopo tragicomiche avventure,  di un ufficiale, Alberto Sordi, fino a quel momento passivo, che si  alza  in piedi tra le macerie  e  impugna  la mitragliatrice contro i prepotenti rimasugli militari  della sciagurata alleanza di Mussolini. Rovine, mai dimenticarlo,  causate dal fascismo, la masnada accampata in Italia,  e dalla monarchia,  traditrice dell'idea liberale e politicamente disonorata.

Ecco perchè si deve celebrare il Venticinque Aprile. Per non dimenticare.

La chiusa del film, che qui segue, mostra in modo icastico e commovente  cosa sia una presa di coscienza civile e militare. Un lampo.  Che allora condusse al Venticinque Aprile.

 https://www.youtube.com/watch?v=raW0lOxw1qw .

Buon Venticinque Aprile!


 

Carlo Gambescia