giovedì 28 febbraio 2019

“Autonomie” regionali
C’è del metodo nella follia di Salvini



Salvini non è impazzito. Sulle “autonomie” non si contraddice. Se il lettore avrà la pazienza di seguirci, capirà perché.  

Il Risorgimento e i suoi amici
Chi conosca, anche minimamente,  la nostra storia,  non può ignorare,    la grande  ed eroica  fatica dei padri fondatori liberali, da Cavour a Giolitti,  per mettere e tenere insieme l'Italia.  Il Risorgimento probabilmente rimane il più grande sogno italiano realizzato  degli ultimi due secoli.  La base di tutto: una specie di miracolo.   E nel primo cinquantennio dell’Unità, non fu facile tenere a bada, i  sempre rinascenti     regionalismi, provincialismi e   comunalismi, anche sotto la  veste di  proteste politiche e sociali,  cattoliche, socialiste, persino pseudo-borboniche.

Fascismo e Repubblica
Il fascismo azzerò e centralizzò tutto, anche ciò che non doveva. E fu un errore gravissimo.  L’Italia repubblicana,  pur cosciente dei pericoli storici del sempre rinascente indipendentismo italiano,  aprì, come per vendicarsi del  patriottico unitarismo risorgimentale   prima  alle regioni, provocando la sfascio della finanza  pubblica locale,   e in seguito,   alle pittoresche, ma pericolose,   proposte della Lega Nord  di Bossi.  Si scelsero , quanto meno sul piano del dibattito,  forme di autonomia, che come capita  in tutti i finti compromessi, potevano preludere o meno, secondo l’interpretazione delle parti, addirittura a  forme di   secessione politica.  Intanto, però  si era  aperto  di nuovo il Vaso di Pandora dell’anarchismo  e del  corporativismo  familista  italiano.        

Pensioni e capannoni
Abbiamo volutamente  usato,  in modo generico,  il termine Repubblica, proprio per non  fare riferimento ad alcuna parte politica precisa.  Perché, purtroppo,  il mito del  federalismo, inteso nei modi più differenti,  durante la cosiddetta Seconda Repubblica,   assomigliava  all’acqua del mare culturale italiano, acqua  in cui nuotavano i pesci e pesciolini politici, tutti.  Perfino l’estrema destra, ovviamente  quando faceva comodo.  Magari per viziare il Sud secondo una logica pseudo-borbonica, con le pensioni di invalidità.  Il che non era del tutto falso, come si riteneva e ritiene al Nord, però  secondo un'altra logica altrettanto sbrigativa, quella dei Dogi serenissimi dei Capannoni.  Come si può capire, stereotipi. Ma la gente comune si nutre di stereotipi. 
Pertanto, perché  meravigliarsi  della scelta di Salvini, rivolta ad accrescere  i poteri, vissuti in chiave egoistica  delle Regioni del Nord?  Fino  a scatenare la reazione, altrettanto gretta, del Sud?    

Salvini, borghese piccolo piccolo...
Certo, dietro la scelta di Salvini c’è una buona dosa di opportunismo politico, come quello di tacitare gli imprenditori lombardi e veneti vicini alla Lega,  ma vi si può scorgere anche  quell’antiunitarismo, che rimanda all'acqua del laghetto  in cui  il Giostraio Mancato  ha  nuotato  fin da piccolo, politicamente piccolo, quella di  un partito ferocemente antiunitario, come la Lega. 
Ma allora il  “Prima gli Italiani”?  Il  razzismo italico?  Eccetera, eccetera?   Diciamo che Salvini, per forma mentis,  stando anche alla sua biografia sociale,  ancora prima che politica, rinvia al  borghese piccolo piccolo:  figura sociologica, immortalata da Cerami, dell'uomo pronto a vendicarsi alla stregua di un criminale,  quindi a  tramutarsi in  potenziale o mancato criminale in base alle circostanze.  Sicché Salvini  era ed è  naturalmente  portato, con tutto il risentimento  necessario,  a distanziarsi da chi sia sotto di lui, come sopra di lui, lungo una scala valutativa - una specie di termometro sociale della rabbia verso il  meridionale, il  negro, l'islamico, l'europeista, eccetera  - che la sociologia  dell’ socio-centrismo, come studio delle rappresentazioni  che hanno di se stessi  i gruppi sociali,   ben conosce. E di cui  l'etnocentrismo è una derivazione concettuale e comportamentale, come si intuisce, successiva. 

Socio-centrismo, i dettagli
Parliamo di una scala  che va dal  micro (famiglia,  vicinato,  gruppo professionale) fino al macro (ceto socio-economico,  politico, culturale e  gruppo razziale)   e  che si fonda su un preciso pregiudizio, spesso ricevuto, per così dire, con il latte materno: quello di   temere, e disprezzare,   tutto ciò  che non si conosca, perché  fuori della cerchia socio-culturale di appartenenza.
Si tratta  di odio, anche accanito, verso chi si presume diverso.  L’odio è causato dalla percezione pregiudiziale di fattori esteriori, come  la diversità di accento, il modo di vestire, gesticolare, la professione, il colore della pelle, eccetera.  Detto altrimenti, il pregiudizio impedisce il giudizio, e il giudizio rafforza il pregiudizio. Si chiama spirale socio-centrica.  Una "filosofia di vita"  che, se ci si passa la caduta di tono,  è rozzamente racchiusa  nelle frase sottoscritta da Salvini nella foto.   

Sovranismo e regionalismo, pari sono
Pertanto, all’interno di una personalità politica e sociale,  del genere -  ora, stiamo parlando "anche", anzi "soprattutto" di Salvini - possono benissimo coesistere,  perché frutto avvelenato di un  atteggiamento socio-centrico ricevuto, sovranismo e regionalismo. Che poi di fatto, sovranismo e regionalismo, siano fonti di tensione e rovina, o per dirla in sociologhese,  fattori centrifughi,  nel caso specifico,  rispetto all’Europa e all’Italia, non implica che un politico come Salvini, ripetiamo  con la forma mentis, appena ricordata,  non possa prendere le decisioni sbagliate e improduttive verso l’Europa, l’Italia  e   Regioni, che alla lunga,  verrebbero risucchiate, secondo una naturale logica centripeta,  da economie politicamente  più forti.  E per giunta, certissimo, di fare il bene dei suoi concittadini.   Si chiama eterogenesi dei fini.      

Conclusioni
Per superare il  pregiudizio socio-centrico la scuola non basta. E talvolta  neppure una vita intera. Le stimmate, o  rappresentazioni determinanti,   del gruppo sociale di provenienza possono accompagnare per tutta la vita.  Certo, si può reagire, cambiare, eccetera. Ma, in linea generale, l’uomo è “animale” reiterativo, che privilegia il principio del minimo sforzo e  che al capire preferisce il credere. Quindi il socio-centrismo è sempre in agguato. Superarlo impone sforzi che solo una minoranza di persone, civili ed educate, spesso per elezione,  è  in grado di compiere e sopportare.  Il che spiega l’odio di un  socio-centrico come Salvini, ma anche dei populisti, verso le élite acculturate e universaliste: l'esatto contrario di ciò che essi sono.  Si tratta di  gente  - le élite -  "che non si fa i "cazzi propri". Ma spiega anche un’altra cosa, importantissima:  che dietro, il sovranismo-regionalismo e razzismo, per dirla tutta, del Giostraio Mancato, si nasconde  una coerenza sociologica,  da manuale.  Si chiama socio-centrismo.
C’ è  del metodo, dunque,  nella follia di Salvini.

Carlo Gambescia