“Autonomie” regionali
C’è del metodo nella follia di Salvini
Salvini non è impazzito. Sulle “autonomie” non si contraddice. Se il
lettore avrà la pazienza di seguirci, capirà perché.
Il Risorgimento e i suoi amici
Chi conosca, anche minimamente, la nostra storia, non può ignorare, la grande ed eroica fatica dei padri fondatori liberali, da Cavour
a Giolitti, per mettere e tenere insieme l'Italia. Il Risorgimento probabilmente
rimane il più grande sogno italiano realizzato degli ultimi due secoli. La base di tutto: una specie di miracolo. E nel primo cinquantennio dell’Unità, non fu
facile tenere a bada, i sempre
rinascenti regionalismi,
provincialismi e comunalismi, anche
sotto la veste di proteste politiche e sociali, cattoliche, socialiste, persino
pseudo-borboniche.
Fascismo e Repubblica
Il fascismo azzerò e centralizzò
tutto, anche ciò che non doveva. E fu un errore gravissimo. L’Italia repubblicana, pur cosciente dei pericoli storici del sempre
rinascente indipendentismo italiano,
aprì, come per vendicarsi del
patriottico unitarismo risorgimentale prima
alle regioni, provocando la sfascio della finanza pubblica locale, e in seguito, alle pittoresche, ma pericolose, proposte della Lega Nord di Bossi. Si scelsero , quanto meno sul piano del
dibattito, forme di autonomia, che come
capita in tutti i finti compromessi, potevano
preludere o meno, secondo l’interpretazione delle parti, addirittura a forme di
secessione politica. Intanto, però si era aperto di nuovo il Vaso di Pandora dell’anarchismo e del corporativismo familista italiano.
Pensioni e capannoni
Abbiamo volutamente usato,
in modo generico, il termine Repubblica, proprio per non fare riferimento
ad alcuna parte politica precisa. Perché, purtroppo, il mito del federalismo, inteso nei modi più differenti, durante la cosiddetta
Seconda Repubblica, assomigliava all’acqua del mare
culturale italiano, acqua in cui nuotavano i pesci e pesciolini politici, tutti. Perfino l’estrema destra, ovviamente quando faceva comodo. Magari per viziare il Sud secondo una logica pseudo-borbonica, con le pensioni di invalidità. Il che non era del tutto falso, come si riteneva e ritiene al Nord, però secondo un'altra logica altrettanto sbrigativa, quella dei Dogi serenissimi dei Capannoni. Come si può capire, stereotipi. Ma la gente comune si nutre di stereotipi.
Pertanto, perché meravigliarsi
della scelta di Salvini, rivolta ad accrescere i poteri, vissuti in chiave egoistica delle Regioni del Nord? Fino a scatenare la reazione, altrettanto gretta, del Sud?
Salvini, borghese piccolo piccolo...
Certo, dietro la scelta di
Salvini c’è una buona dosa di opportunismo politico, come quello di tacitare gli
imprenditori lombardi e veneti vicini alla Lega, ma vi si può scorgere
anche quell’antiunitarismo, che rimanda all'acqua del laghetto in cui il Giostraio Mancato ha nuotato fin da piccolo,
politicamente piccolo, quella di un partito ferocemente antiunitario, come la Lega.
Ma allora il “Prima gli Italiani”? Il
razzismo italico? Eccetera, eccetera? Diciamo che Salvini, per
forma mentis, stando anche alla sua
biografia sociale, ancora prima che politica, rinvia al borghese piccolo piccolo: figura sociologica, immortalata da Cerami, dell'uomo pronto a vendicarsi alla stregua di un criminale, quindi a tramutarsi in potenziale o mancato criminale in base alle circostanze. Sicché Salvini era ed è naturalmente portato, con tutto il risentimento necessario, a distanziarsi da chi sia sotto di lui, come
sopra di lui, lungo una scala valutativa - una specie di termometro sociale della rabbia verso il meridionale, il negro, l'islamico, l'europeista, eccetera - che la sociologia dell’ socio-centrismo, come studio delle rappresentazioni che hanno di se stessi i gruppi sociali, ben
conosce. E di cui l'etnocentrismo è una derivazione concettuale e comportamentale, come si intuisce, successiva.
Socio-centrismo, i dettagli
Parliamo di una scala che va dal micro (famiglia, vicinato, gruppo professionale) fino al macro (ceto
socio-economico, politico, culturale e gruppo razziale) e che si fonda su un preciso pregiudizio, spesso
ricevuto, per così dire, con il latte materno: quello di temere,
e disprezzare, tutto ciò che non si conosca, perché fuori della cerchia socio-culturale di
appartenenza.
Si tratta di odio, anche accanito, verso chi si presume diverso. L’odio è causato dalla percezione pregiudiziale di fattori esteriori, come la diversità di accento, il modo di vestire, gesticolare, la professione, il colore della pelle, eccetera. Detto altrimenti, il pregiudizio impedisce il giudizio, e il giudizio rafforza il pregiudizio. Si chiama spirale socio-centrica. Una "filosofia di vita" che, se ci si passa la caduta di tono, è rozzamente racchiusa nelle frase sottoscritta da Salvini nella foto.
Si tratta di odio, anche accanito, verso chi si presume diverso. L’odio è causato dalla percezione pregiudiziale di fattori esteriori, come la diversità di accento, il modo di vestire, gesticolare, la professione, il colore della pelle, eccetera. Detto altrimenti, il pregiudizio impedisce il giudizio, e il giudizio rafforza il pregiudizio. Si chiama spirale socio-centrica. Una "filosofia di vita" che, se ci si passa la caduta di tono, è rozzamente racchiusa nelle frase sottoscritta da Salvini nella foto.
Sovranismo e regionalismo, pari sono
Pertanto, all’interno di una personalità
politica e sociale, del genere - ora, stiamo parlando "anche", anzi "soprattutto" di Salvini - possono benissimo coesistere, perché frutto avvelenato di un atteggiamento socio-centrico ricevuto, sovranismo
e regionalismo. Che poi di fatto, sovranismo e regionalismo, siano fonti di
tensione e rovina, o per dirla in sociologhese, fattori centrifughi, nel caso specifico, rispetto all’Europa e all’Italia, non implica
che un politico come Salvini, ripetiamo con la forma mentis, appena ricordata, non possa prendere le decisioni sbagliate e
improduttive verso l’Europa, l’Italia e Regioni,
che alla lunga, verrebbero risucchiate,
secondo una naturale logica centripeta, da economie politicamente più forti. E per giunta, certissimo, di fare il bene dei suoi concittadini. Si chiama eterogenesi dei fini.
Conclusioni
Per superare il pregiudizio socio-centrico la scuola non
basta. E talvolta neppure una vita
intera. Le stimmate, o rappresentazioni determinanti, del gruppo sociale di provenienza possono
accompagnare per tutta la vita. Certo,
si può reagire, cambiare, eccetera. Ma, in linea generale, l’uomo è “animale” reiterativo, che privilegia
il principio del minimo sforzo e che al
capire preferisce il credere. Quindi il socio-centrismo è sempre in agguato. Superarlo
impone sforzi che solo una minoranza di persone, civili ed educate, spesso per elezione, è in grado di compiere e sopportare. Il che
spiega l’odio di un socio-centrico come
Salvini, ma anche dei populisti, verso le élite acculturate e universaliste: l'esatto contrario di ciò che essi sono. Si tratta di gente - le élite - "che non si fa i "cazzi propri". Ma spiega anche un’altra cosa, importantissima: che dietro, il sovranismo-regionalismo e razzismo, per dirla tutta, del Giostraio Mancato, si nasconde una coerenza sociologica, da manuale. Si chiama socio-centrismo.
C’ è del metodo, dunque, nella follia di Salvini.
Carlo Gambescia