Il libro della settimana: Pascal Salin, Liberiamoci!, Liberilibri, Macerata
2014, pp. 60, euro 12,00.
In francese il titolo dell’avvincente saggio di Pascal Salin, Liberiamoci!, meritoriamente tradotto
da Liberilibri, suona come una carica di
cavalleria: Libérons-nous! Purtroppo, il punto è che, come ricorda
l’antica saggezza popolare, non c’è sordo peggiore di chi non vuol sentire… Detto
altrimenti: in Italia come in Francia (dove è anche peggio), patria
dell’economista liberale, si continua a confidare, cittadini inclusi, nell’interventismo dello
stato e nella spesa pubblica.
Ignorando, o meglio fingendo di ignorare,
che la mano visibile dello stato,
sempre troppo lunga, come quella dei ladri,
conduce, prima o poi, alla
schiavitù tributaria. Tema, quest’ultimo, affrontato da Salin, e in modo
memorabile, ne La tirannia fiscale, uscito sempre per i tipi di Liberilibri (*).
Quel che colpisce di Liberiamoci!, saggio a metà strada tra la
doverosa esortazione e il brillante
pamphlet, è l’approccio, come dire, pre-economico. Ci spieghiamo meglio,
citando dal saggio stesso.
Voi siete essere umani, vale a dire
esseri in grado di scegliere ciò che sembra meglio per voi e per i vostri
figli, in grado di decidere le azioni da intraprendere, in grado certamente, di
sbagliare, ma anche di imparare ai vostri errori. In una parola di essere
responsabili, vale a dire in grado di approfittare delle conseguenze favorevoli
delle vostre decisioni o di sopportare quelle che non sono troppo conformi ai
vostri desideri. Questa è le condizione umana. (p.15)
Occorre recuperare il nostro senso di responsabilità. Ecco il punto. Si parla di una virtù
morale, senza la quale nessuna
iniziativa, economica o meno, potrà mai
decollare. Ciò significa, osserva giustamente Salin, che non ci si
deve aspettare
nulla dallo Stato, il quale, anche se non ne siete
perfettamente consapevoli, vi mantiene in schiavitù. (Ibid.)
E come?
Gli uomini dello Stato - politici e burocrati - vi dicono: “Avete il diritto alla salute,
all’istruzione, all’abitazione o persino agli svaghi e alla cultura”. Ma, con
il pretesto di soddisfare questi bisogni umani, essi confiscano decisioni che,
per natura, dovrebbero appartenervi. Poiché sostengono di pagare per
questi beni essenziali che voi
legittimamente desiderate, essi decidono al vostro posto la scuola dove
andranno i vostri figli o l’ospedale che
si prenderà cura della vostra salute. (p.16)
Un circolo vizioso - si crea
uno pseudodiritto soggettivo per controllare meglio i cittadini - che tra imposte e contributi sociali
assorbe «la metà della ricchezza creata ogni anno dal lavoro di tutti» (p. 17). Paradossalmente, il cittadino paga di tasca
propria per essere asservito e trattato male, visto anche il cattivo funzionamento dei servizi pubblici… Sicché, più
paga, più lo stato si estende, ed estendendosi,
accresce i suoi bisogni finanziari insieme alla necessità di spremere sempre più i
cittadini. I quali, apparentemente, ignari del funzionamento del meccanismo che
li sta stritolando, continuano a tendere la mano, addirittura invocando più diritti
ancora. Un caso da manuale di masochismo sociale. Ma lasciamo la parola a Salin:
Non è una libertà umana fondamentale
quella di poter decidere da sé l’organizzazione della propria vita? E non
sarebbe più dignitoso che possiate decidere voi stessi (…) sia l’età in cui
volete andare in pensione che il vostro numero di ore di lavoro settimanali?
Non siamo le api intercambiabili di un grande alveare umano. Riconoscere e
rispettare la diversità delle persone, la diversità delle loro aspirazioni e
della loro possibilità vorrebbe dire rispettare la dignità umana (p. 19).
Perciò, per entrare nel concreto, Salin propone di recuperare la libertà di contrattare, libertà che implica, la massima autonomia tra privati
e di riflesso, la totale neutralità dello
stato, non più “dispensatore” di privilegi, perché
se ciascuno, pensando di perseguire il
proprio interesse personale, ottiene un privilegio a spese degli altri grazie all’esercizio della coercizione
statale, tutti finiscono per essere vittime dei regali e delle protezioni
fornite agli uni e agli altri. (p. 34)
Dal momento che gli uomini politici, pur
asserendo di agire per il bene comune, in realtà,
essi agiscono per interesse poiché la
loro prima preoccupazione consiste nell’ottenere il voto di coloro che
pretendono di soddisfare. Essi non difendono l’interesse generale ma interessi
molto particolare e, peraltro, la loro azione rischia davvero di nuocere a
tutti (Ibid.).
In effetti, come Tocqueville insegna, quando la democrazia non favorisce la responsabilità individuale, apre la strada all' interventismo statale, rischiando di trasformarsi nella peggiore tirannia, animata, di volta in volta, da pseudomaggioranze di cittadini favoriti e asserviti, mai casualmente. Soprattutto
in campo economico. E in quale modo? Puntando su divieti, regolamentazioni e finanziamenti a pioggia, rigorosamente ad hoc.. Di qui però,
disoccupazione, tasse elevatissime, zero innovazione.
Insomma, serve un cambio di mentalità: un fatto morale, prima che politico ed economico. Che deve partire dal basso: dall'individuo. Mai dall'alto ovviamente, come invece avviene in sede europea, dove infatti domina il paternalismo vecchia maniera di socialisti e cattolici: altro che neoliberismo
selvaggio… A Bruxelles di selvaggio c'è solo lo statalismo al quadrato.
Insomma, i cittadini devono capire da soli: urge una rinascita morale. Di qui, il valore maieutico della denuncia di Pascal Salin:
Liberateci! Liberateci delle vostre
reolamentazioni soffocanti! Liberateci delle vostre imposte schiacciati! Lasciateci
fare e vedrete cià che siamo in grado di fare. E voi cari lettori, spezzate le
catene della schiavitù ideologica in cui
politici, media, scuole e università cercano di rinchiudervi e proclamate
incessantemente questo grido: LIBERIAMOCI! (p. 56)
Che altro aggiungere? Buona lettura.
Carlo Gambescia