lunedì 1 luglio 2019

Il caso Sea Watch
A brigante, brigante e mezzo


Difficile scoprire, almeno per ora,  se la “Capitana” della Sea Watch,  Carola Rackete,  abbia ordinato o meno la speronamento del battello della Finanza italiana, ma diamo pure per scontato che la versione  vera sia  quella del  “Capitano”, Matteo Salvini. Insomma,  che si  sia trattato di  una  sfida al potere costituito  a colpi di prua... 

Quel che però risulta decisivo per capire l'importanza della posta in gioco  è rappresentato  dalle  motivazioni dello speronamento e della sfida:  salvare esseri umani che rischiano di affogare e che il diritto del  mare  impone di accompagnare subito  nei porti più vicini e sicuri.   E l’Italia è tra questi paesi.   
Le navi delle Ong di questo si occupano  non portano droga, armi, eccetera, eccetera, come si vuol far credere.  Salvano gente che altrimenti affogherebbe. 
Certo, difendono il diritto umanitario, cioè,  il   nemico assoluto di tutti  i governi nazionalisti.  Il che spiega - all'osso -  l’origine del contrasto in corso nel Mediterraneo,   tra chi ritiene che tutti  gli uomini abbiano diritto di  non affogare, come  Carola Rackete   e chi vuole diventino cibo per pesci, come Matteo Salvini. 
Da un lato c’è chi difende la vita di tutti, dall’altro chi discrimina, collegando il diritto alla vita al diritto di  nazionalità.  Certo,   la  Rackete, penetrando nel porto di Lampedusa,   ha rischiato  di  ferire  alcuni finanzieri italiani.  Se addirittura  ci   fossero stati  dei   morti, avremmo  contato  le prime vittime di una guerra dichiarata  da Salvini in nome di un principio razzista.
Pertanto  la responsabilità di aver aperto le ostilità è del "Capitano", non della  "Capitana",  che invece difende  tutti gli uomini, non la sola  razza bianca.   
Inoltre,  essere dalla parte dell’umanità, al di là della bellezza  e nobiltà del  principio in sé,  significa, di fatto,  che un giorno  - i famosi corsi e ricorsi della storia -   anche gli italiani   potrebbero  trovarsi in acqua, nel Mediterraneo,  bisognosi d’aiuto. E se oggi vincesse Salvini,  toccherebbe ai nostri connazionali,  quel maledetto giorno,  finire  in bocca ai pesci.  Questo per capire dove rischia di portarci  lo sciagurato  principio salviniano del "prima gli italiani"... 
Pertanto, chiunque sia  dalla parte dell’umanità   in senso transitivo (“che un giorno potrebbe toccare a ognuno di noi”),  non può  non schierarsi con la buona battaglia della  "Capitana".
La Rackete poteva uccidere? Certo.  

Ma  quel mascalzone di Hitler e quel  buffone di Mussolini  che difendevano  gli  stessi principi che oggi difende Salvini, come sono stati sconfitti?   Con le carezze? Porgendo l’altra guancia?  Per Hitler, con il pieno accordo di Mussolini,   invadere Cecoslovacchia e  Polonia  fu  sinonimo di difesa dei confini tedeschi.  Due briganti.     
E oggi,  chi dichiara di difendere i confini italiani? Quel brigante di Salvini. Chi diffonde   l’idea che salvare uomini, donne e bambini dalla morte per affogamento  sia un atto criminale?  Quel brigante di  Salvini. Chi chiude  i porti  violando tutte le regole?  Quel brigante di Salvini.  Chi sta tramutando, a colpi di slogan basati sulla paura,   l’Italia in un paese razzista ?  Quel brigante di  Salvini.     
Purtroppo,  se si vuole vincere, a brigante si deve opporre brigante e mezzo.   La Rackete può risultare, come persona,  perfino antipatica...   Ma erano simpatici  i piloti degli aerei alleati  che sganciavamo bombe sulle città italiane? No. Però aiutavano  l'Italia a liberarsi da  un pugno di fanatici. Quindi ben vengano  bombe d'acqua della Rackete.            


Carlo Gambescia