Lega e Fratelli d’Italia al 46 per cento
Gli italiani?
Democratici per caso
Oggi “Il Messaggero”
riporta un sondaggio che dà Lega e Fratelli d'Italia al 46 per cento ( rispettivamente, 38 e 8 per cento ). Cosa dire? Che, se si conta anche il 6 di Forza Italia, un italiano su due è razzista.
Nel Gioco dell’Oca della politica, l’Italia
sembra essere ritornata alla casella iniziale delle Leggi razziali del 1938. Ciò significa che
l’antifascismo, la cultura democratica, il solidarismo cattolico, la sindacalizzazione non hanno esercitato alcuna
influenza sull’antropologia sociale italiana uscita dalla guerra. Punto e a capo. Perché? Trovare una risposta univoca è molto
difficile. Probabilmente, la cultura politica repubblicana non è mai stata
assimilata da una congrua parte degli italiani, perché giudicata come un corpo
estraneo. Una specie di protesi ortopedica voluta dai vincitori.
Del resto, una
Repubblica, nata dalle ceneri di una guerra civile, a che
tipo di legittimazione poteva aspirare?
Un paese orgogliosamente bellicista e razzista per più di venti anni, si ritrovò in fondo alla fila delle nazioni,
costretto a indossare, e meritatamente, i panni dello sconfitto e del pentito. Di qui, passando da un estremo all’altro, seguirono il
ripudio della guerra, il trionfo dell’inclusione sociale democratica, la massima apertura all’idea europea. L’Italia di
colpo divenne una nazione pacifista e universalista, non
per convinzione, ma perché
costretta dagli eventi. Democratici per caso. Ecco la radice di ogni male italiano.
Potremmo
parlare di uno strato di vernice, sbiaditosi nel tempo, sotto il quale si scorgevano, sempre più evidenti, le macchie di colore del Ventennio. Un quadro nel quadro. Un'opera in nero.
Qui andrebbe fatta una riflessione sui danni prodotti dal bellicismo e dal razzismo nell’antropologia sociale degli
italiani. Danni enormi che nel dopoguerra si cercò di mascherare
sotto dosi massicce di cultura
repubblicana, ma in realtà sempre
incombenti. Dicevamo
dell’antifascismo, della cultura democratica,
del solidarismo cattolico, della
sindacalizzazione. Ebbene si sono rivelati, per quel che riguarda l' influenza sugli italiani, semplici maschere, o se si preferisce
scelte di comodo, fin quando convenienti. Durante la Prima Repubblica gli unici a interrogarsi, ma in modo
isterico e partigiano, sul basso continuo fascista furono azionisti e comunisti. Per contro, liberali e socialisti sperarono negli
effetti di ricaduta del benessere. I
democristiani, maggioritari, da buoni
eredi dei monsignori, si accontentarono del silenzio assenso degli
italiani.
In
realtà, una volta ricondotta in modo proditorio la cultura pacifista e l' universalismo nell’alveo del cosiddetto politicamente corretto, si sono rotti gli argini sotterranei e la cultura del razzismo è tornata alla
luce del sole. Un'operazione propagandistica, quella della parificazione tra mitologia repubblicana e politicamente corretto, di cui sono responsabili le nuove destre (nuove per così dire...) della Seconda e Terza Repubblica. Secondo le destre il politicamente corretto sarebbe una continuazione della cultura antifascista con altri mezzi. Ma l'antifascismo, per quanto male assimilato nasce dalla guerra civile, il politicamente corretto da una guerra culturale. Il primo ha un fondamento militare il secondo no. Evocarli unitamente significa ri-evocare la logica polemica della guerra civile. Da democratici per caso...
Di conseguenza, il
nazionalismo ha abbandonato i campi di calcio e le cucine per tornare a esplicitare la parte
del leone in tutti gli altri campi,
della politica, dell’economia, della cultura. E con esso il razzismo.
Certo,
si può sempre dire, scorgendo il bicchiere mezzo pieno, che un italiano su due non è razzista.
In realtà dopo settant’anni di democrazia, l’Italia appare più divisa del 1945. Allora la guerra civile fu conflitto tra minoranze, grosso modo otto italiani su dieci rimasero alla finestra, in attesa che finisse tutto. Oggi invece l’Italia è divisa a metà: cinque italiani contro altri cinque italiani.
In realtà dopo settant’anni di democrazia, l’Italia appare più divisa del 1945. Allora la guerra civile fu conflitto tra minoranze, grosso modo otto italiani su dieci rimasero alla finestra, in attesa che finisse tutto. Oggi invece l’Italia è divisa a metà: cinque italiani contro altri cinque italiani.
Nel
1938, in
occasione delle Leggi razziali, nessuno dissentì pubblicamente: in teoria perciò dieci
italiani su dieci erano d’accordo con il Duce. Oggi, cinque con il Capitano e sodali.
Non sono comunque troppi?
Carlo Gambescia