Geopolitica dell’Unione europea
Boris Johnson?
L'ultimo dei nostri problemi
Boris
Johnson, di cui tutti conoscono il grossolano stile personale e politico, promette
di uscire in autunno dall’Unione Europea,costi quel costi. Ci riuscirà? Difficile dire.
In
realtà, il punto un altro: il vero nodo europeo va oltre la permanenza di
una euroscettica Gran Bretagna addirittura dai
tempi di Napoleone. L'autentica questione che abbiamo davanti rinvia più concretamente alla resistenza dell’Asse franco-tedesco. Quanto durerà ancora?
Se in Francia vincessero i lepenisti e in
Germania una coalizione molto spostata a destra, come accaduto in Austria e
Italia sarebbe una sventura: la fine
dell’Unione europea e di quella meraviglia storica che si chiama
moneta unica. Per ora, tuttavia, l’Asse
regge. Per ora, nonostante i rubli di Putin. Incrociamo le dita.
Chiunque
conosca, anche da un punto di vista non specialistico, i grandi schemi geopolitici e in particolare il valore dei concetti di Heartland e
Rimland, non può non preoccuparsi per quanto sta accadendo. E di conseguenza, se ci si passa l'espressione, non può non fare tifo per l'Asse franco-tedesco, liquidato invece dagli imbecilli della stampa di destra italiana come un trappolone...
I grandi teorici della geopolitica liberal-democratica, da Mackinder a Spykman, da Brzezinski e Huntington, hanno tutti evidenziato la pericolosità dell’unificazione dell’Heartland (il cuore eurasiatico) con il Rimland (le nazioni ai confini
orientali europei, inclusa l'Europa occidentale) sotto il tallone euroasiatico.
Sul
punto rinviamo al magnifico libro di Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera (Longanesi), dove si evidenzia la pericolosità di una strategia del genere a guida russa. Si avrebbe un blocco dei commerci prodotto dall’autosufficienza geopolitica ed economica
eurasiatica con il conseguente
isolamento degli Stati Uniti, circondati
e limitati all’emisfero occidentale. Inutile ricordare, che si tratta della
stesso progetto concepito da Hitler ( e Stalin): due nemici della liberal-democrazia. Ci ritroveremmo con l' Europa , ridotta a villaggio vacanze, a gigantesco Club
Med, una specie di appendice turistica euroasiatica.
Pertanto, l’ascesa delle destre razziste, nazionaliste e antiliberali, che come in Italia celebrano addirittura l’idea eurasiatica,
accogliendo fanatici sostenitori del
progetto come Dugin, ne rappresenta la pericolosa e antidemocratica
testa di ponte politica.
Trump,
le cui scelte e decisioni sono dettate da uno sciocco autismo nazionalistico, non si rende conto di lavorare in modo
beffardo a danno degli Stati Uniti: vuole l’America più grande, rischia di
rimpiccolirla, isolandola dalla grandi correnti geopolitiche. Vuole il bene, ottiene il male. Per
dirla brutalmente, Trump, geopoliticamente parlando, ha un cervello di gallina.
I nostalgici del pre-1945 potrebbero invece ironicamente osservare che per l’Europa non cambierebbe nulla. Un semplice mutamento di “padrone”: dagli Stati Uniti
alla Russia. Con la Cina sulla sfondo, ultimo
lembo (si fa per dire) di terra eurasiatica.
In
realtà, al di là dell’importanza di sottolineare il comune patrimonio di ideali, storia e interessi economici al libero
commercio di uomini e idee, che pure unisce l’Occidente europeo a quello Americano, l’ Europa,
una volta separata dagli Stati Uniti e una volta caduto l’Asse
franco-tedesco, tornerebbe a dividersi in tanti piccoli e rissosi frammenti
nazionali. In attesa, per tornare al punto, dell' unificatore
eurasiatico con il filo spinato. Con il quale l’Europa non ha nulla in comune: né storia, né ideali, né interessi autarchici.
Dicevamo
dell’importanza dell’Asse franco-tedesco: se una delle due potenze europee si
avvicinasse troppo alla Russia, il gioco geopolitico di Mosca diverrebbe più facile. Di qui l’importanza, ad esempio, di
sostenere le sanzioni alla Russia, di appoggiare l’Ucraina e le Repubbliche baltiche, di non defilarsi dalla politica medio-orientale. E soprattutto di contrastare i sovranisimi europei.
Brzezinski scorge nell’Europa occidentale, realisticamente, una testa di ponte americana, una spina nel fianco prima dell’Unione Sovietica, poi della Russia di Putin. Non solo questo però. Brzezinski, guardando più lontano vede nell'Europa un attore politico capace di difendere l’ordine liberale e democratico, nonché, in prospettiva di favorire l' allargamento dei confini a Est. Se, essere considerati una testa di ponte può apparire spiacevole, svolgere invece il ruolo di katéchon liberal-democratico non può non apparire una missione esaltante. Come in fondo fu contro Hitler. Una pagina eroica della storia europea. Si tratta di recuperare quello spirito. Certo, cosa non facile.
Comunque sia, appare chiaro che siamo davanti a una strategia complessa dove, per l’Europa, Boris Johnson rappresenta l’ultimo dei problemi.
Carlo Gambescia