Riflessioni
Camilleri, De Crescenzo e il Canone Occidentale
Un
amico notava che i
romanzi e racconti di Andrea Camilleri andrebbero ricondotti nell’alveo della
letteratura di svago. Insomma, nel grande market dei libri poco profondi sul piano dell’analisi
degli uomini e delle cose.
In
che senso però parlare della profondità
di un libro? Mann era profondo, eppure ci dicono i
critici, I Buddenbrook, un capolavoro di analisi storica ed esistenziale,
ottenne grande successo di cassetta. Per contro, passando alla saggistica politica, il Mein Kampf, tecnicamente parlando, testo mal scritto e peggio concepito, resta uno dei libri più venduti del XX
secolo.
Si
può dire allora che un libro ha un
valore compiuto quando profondità di contenuti
- valga l’esempio dei Buddenbrook -
e orizzontalità - quantità di
copie vendute - coincidono? E sia.
Il che però è cosa piuttosto rara, dal momento che insigni critici non riconoscono dignità letteraria compiuta a Camilleri (e Simenon, ad esempio, i cui romanzi vendevano e piacevano come i gialli).
Il che però è cosa piuttosto rara, dal momento che insigni critici non riconoscono dignità letteraria compiuta a Camilleri (e Simenon, ad esempio, i cui romanzi vendevano e piacevano come i gialli).
Si
pensi anche a Luciano De Crescenzo, mancato il giorno successivo alla scomparsa di Camilleri, anch’egli novantenne. La sua opera, in particolare quella filosofica, si può definire di alta
divulgazione? Sul punto, non tutti sono
d’accordo. Per alcuni critici era un genio, per altri uno scrittore minore, addirittura dialettale.
Eppure,
come ci ricorda Wiki, De Crescenzo ha pubblicato
in totale cinquanta libri, vendendo 18 milioni di copie nel mondo, di cui 7
milioni in Italia, mentre Camilleri più di cento per 10
milioni di copie. Ovviamente, televisione e cinema hanno giocato un effetto moltiplicatore non secondario. Che pensare? Tempi moderni.
Si
dirà, storcendo il naso, anche giustamente, che quantità non è sinonimo di
qualità. Il punto è che l’editoria, e per prima quella statunitense (la madre di tutte, eccetera, eccetera), badando
alle vendite, impone cliché e
tiranneggia gli autori, a parte i grandissimi. Obbligandoli a scrivere sempre dello stesso argomento di cassetta. E in Italia, per emulazione produttiva,
ovviamente in micro-scala, si fa la
stessa cosa. Il che decreta e consolida
il successo, per così dire dei Camilleri. Mentre il lavoro di
scouting, spesso meritorio, è svolto dalla piccole case editrici che scoprono e lanciano
autori, poi inevitabilmente assorbiti dal mercato maggiore. Si chiamano economie di scala. Ma questa è un’altra storia.
Dobbiamo
però ancora rispondere alla domanda iniziale. Camilleri, fu vera gloria? Potranno rispondere solo i
posteri. La vera gloria rinvia ai secoli, al valore classico di un romanzo o di
un’intera opera. Classicità che resta frutto del consolidamento di un
canone letterario. In argomento si può leggere l’opera di Harold Bloom dedicata al Canone Occidentale. Un vero e proprio trattato che riflette, valorizzandola, la grande tradizione umanistica dalle radici ebraico-cristiane e greco-latine. Proprio quel che altrove è invece giudicato, piaccia o meno, come il portato culturale dell'imperialismo politico occidentale. Probabilmente Camilleri e De Crescenzo, pur essendo rami minori,
attingono, per problematiche a questo canone. Perciò la loro fama, grande o
piccola, sopravviverà se sopravviverà il Canone Occidentale.
Ciò significa che le vendite sono solo un aspetto, orizzontale per giudicare la compiutezza di un' opera. Un aspetto importante, che però da solo non basta. Perché si impone, sempre in termini di giudizio, l'analisi del taglio verticale. Benché, ribadiamo, sia regola ferrea dell’editoria moderna, che faremmo cominciare con i tascabili (per così dire) di Aldo Manuzio, quella che uno scrittore, per essere tale, deve essere letto, e per essere letto deve essere pubblicato.
Ciò significa che le vendite sono solo un aspetto, orizzontale per giudicare la compiutezza di un' opera. Un aspetto importante, che però da solo non basta. Perché si impone, sempre in termini di giudizio, l'analisi del taglio verticale. Benché, ribadiamo, sia regola ferrea dell’editoria moderna, che faremmo cominciare con i tascabili (per così dire) di Aldo Manuzio, quella che uno scrittore, per essere tale, deve essere letto, e per essere letto deve essere pubblicato.
La
scrittura - mai dimenticarlo - è al contempo atto privato (addirittura egoistico, perché chi scrive
si isola) e atto pubblico, spesso inintenzionale (per l’effetto di ricaduta editoriale). Effetto che però può rendere ricchi.
A
titolo di curiosità ecco la lista, per incassi (diritti di autore), dei romanzi più venduti in Italia nel 2016 (*) :
1) Andrea Camilleri, L’altro capo del filo (283 mila).
2) Roberto Saviano, La paranza dei bambini (180 mila).
3) Chiara Gamberale, Adesso (150 mila).
4) Elena Ferrante, L’amica geniale (130 mila).
5) Antonio Manzini, 7-7-2007 (127 mila).
6) Simonetta Agnello Hornby, Caffè amaro (114 mila).
7) Marco Malvaldi, La
battaglia navale (104 mila).
8) Fabio Volo, È tutta vita (101 mila).
8) Fabio Volo, È tutta vita (101 mila).
Come si può vedere, Camilleri è in testa.
E per gli altri? Altra vittoria del Canone Occidentale? Chi lo può
dire. Siamo del
parere - mettendo a rischio il pane dei critici letterari
- che sulla
letteratura contemporanea, diciamo
degli ultimi venticinque anni (dividendo un secolo in quattro cicli), si debba
prudentemente sospendere il
giudizio.
Come definire, in senso assoluto, ciò che è svago da ciò che non lo è? Servirebbe la prospettiva storica, cosa che rinvia al trascorrere del tempo.
Ma i critici devono pur scrivere, gli editori pubblicare, i lettori leggere. L’introduzione della gratuità non sposterebbe di una virgola la questione nei suoi aspetti essenziali. Aspetti che sono qualitativi. Ma della qualità, quella vera, decidono i posteri. E soprattutto la sopravvivenza di un Canone. Nel caso, ripetiamo per i duri di comprendonio, quello Occidentale.
Come definire, in senso assoluto, ciò che è svago da ciò che non lo è? Servirebbe la prospettiva storica, cosa che rinvia al trascorrere del tempo.
Ma i critici devono pur scrivere, gli editori pubblicare, i lettori leggere. L’introduzione della gratuità non sposterebbe di una virgola la questione nei suoi aspetti essenziali. Aspetti che sono qualitativi. Ma della qualità, quella vera, decidono i posteri. E soprattutto la sopravvivenza di un Canone. Nel caso, ripetiamo per i duri di comprendonio, quello Occidentale.
Carlo Gambescia
(*) Abbiamo attinto i
dati qui: https://it.finance.yahoo.com/notizie/quanto-guadagnano-gli-scrittori-pi%C3%B9-093100683.html