Emmett Till, una lezione per l' Italia…
La sindrome del bianco povero
Il 27 agosto del 1955, Emmett
Till, un ragazzo nero di quattordici anni di Chicago, venne rapito da due
bianchi, a Money, Mississippi, dove si trovava in vacanza dai parenti. Fu torturato, ucciso con un colpo di pistola alla testa e poi gettato nel Tallahatchie, fiume che scorreva nei pressi. Il suo corpo, ritrovato alcuni giorni dopo, misteriosamente tornato a galla, nonostante la grossa ruota di una macchina che serviva alla lavorazione del cotone alla quale il cadavere di Emmett era stato incatenato con più giri
di filo spinato, affinché le acque si chiudessero sul delitto per sempre.
I funerali . Una pagina di storia americana. |
Qualcosa che al massimo, come sfuggì di bocca dopo il processo a uno dei procuratori, avrebbe richiesto come punizione una sculacciata. Emmett si era rivolto, emettendo un fischio di apprezzamento per sua bellezza, verso la giovane moglie bianca del titolare di una piccola e scalcinata drogheria di paese, Carolyn Bryant.
Una giuria di bianchi, composta di soli uomini, per lo più agricoltori poveri, assolse Roy Bryant e il fratellastro, John William Milam, asserendo che il loro passato di soldati e cittadini esemplari li metteva al riparo da accuse puramente indiziarie. La decisione fu presa in poco più di un’ora. Neppure il tempo di bersi una bibita fresca, come scrissero alcuni giornali, riportando la dichiarazione di un giurato.
Nel 1956, certi di non poter essere processati due volte per lo stesso reato, Bryant e Milam ammisero in un’intervista a "Look Magazine" di aver ucciso il ragazzo, perché era un negro e doveva stare al suo posto.
La madre di Emmett, Mamie Elisabeth, accorsa da Chicago, dove, diversamente dal Mississippi, la pressione razzista era minore (il che spiega anche “la spigliatezza" del ragazzo, ignaro di certi pericoli), pretese funerali a bara aperta, perché tutti potessero vedere lo scempio. E così fu. I poveri resti del ragazzo, una volta al riparo di un vetro, furono visti da tutti, fotografati e rilanciati dalla stampa.
Gli storici, dal momento che il caso fece comunque molto rumore, collegano ideologicamente l’assassinio di Emmett Till alla nascita di lì a poco del Movimento per i diritti civili. Insomma, siamo davanti a un pezzo di storia degli Stai Uniti (*).
Emmett e Mamie Elisabeth Tilll. |
Qual
è il punto sociologico di questa tragedia?
Che il razzismo, come mostrano numerosi studi, rinvia alla dottrina del capro espiatorio: alla necessità da parte di un gruppo sociale,
etnicamente ridefinitosi, di rivalersi della propria deprivazione economica e
culturale, assalendo un altro gruppo
sociale, designato, stante la comune e mediocre condizione sociale, come un possibile “competitore” sul piano
dell'acquisizione di risorse simboliche e materiali.
Il
concetto del “negro che deve stare al
suo posto ”, sottomesso al bianco, indica un disperato bisogno di auto-legittimazione sociale. Diremmo l’ultima
spiaggia di un rituale che non può non sfociare nell'assassinio. Meglio ancora se collettivo, condiviso, di gruppo. Di conseguenza, l’omicidio diventa il gesto simbolico per rafforzare la distanza sociale, altrettanto
simbolica, smentita però dalla comune condizione economico-sociale, tra il bianco e il nero: tutti e due poveri o comunque costretti a una vita lontana dallo standard medio. Ci si aggrappa al
“Prima i Bianchi”. E si colpisce senza pietà chi è simbolicamente subito sotto.
Da sinistra , Milam, Bryant e rispettive consorti, felici dopo l'assoluzione. |
Anche quel che sta accadendo in Italia, dove abbiamo visto
all’opera alcuni giustizieri bianchi, ha dietro di sé una reale base economica? Ammesso e non
concesso che la deprivazione sia una
giustificazione per certe efferatezze...
L’Italia
di oggi, economicamente parlando, è
lontana anni luce dal Mississippi degli anni Cinquanta. Però, ecco il punto,
quel “Prima gli Italiani”, evocato
continuamente da Salvini, rimanda a una
tradizione razzista basata comunque sull’ansia da deprivazione: sulla crescente
paura di perdere simbolici diritti di
primato. Non si è ancora poveri, ma si
teme di diventarlo. Ecco spiegato il senso devastante del “Prima gli Italiani”. L’africano, insomma, “deve stare al suo posto”. Altrimenti...
La forma mentis
di Roy Bryant, John William Milam e dei razzisti italiani rinvia comunque alla dottrina del capro
espiatorio. E
l’assassinio di Emmett Till è lì a
ricordarlo. Anche a noi italiani.
Carlo Gambescia
(*) Per un'informazione completa si veda: http://www.emmetttillproject.com/home2 .