Ursula von der Leyen confermata
Presidente della Commissione Europea
La strategia della lumaca
Carneade
chi era costui? La stessa cosa si può dire di
Ursula von der Leyen, confermata Presidente della Commissione dal Parlamento
europeo. Una donna che, a
differenza di Christine Lagarde, l'altra new entry, risulta
ai più una perfetta
sconosciuta.
In
realtà, l’Unione europea, proprio per contrastare i
tempi difficili, avrebbe dovuto
scegliere un Presidente di Commissione dalla precisa e ricca connotazione internazionale. E quindi in grado, prima per fama poi per capacità
riconosciute, di competere, piacciano o meno,
con personaggi del calibro di Trump, Putin, Xi Jinping. E invece si è optato
per il solito grigio funzionario politico. Del resto, si passino pure in rassegna i precedenti Presidenti di Commissione: a parte Jenkins e Delors, due socialisti tra
l’altro, i nomi non brillano, almeno a
nostro avviso, per capacità personali e autorevolezza
internazionale. Lo stesso si può
dire di Tinnermans, lo spitzenkandidaten subito appassito.
Per
capirsi - si tratta solo di un esempio - la nomina di un
politico della caratura di un Macron o di una Merkel avrebbe
rappresentato un segnale forte per il mondo. Ma, il punto è che, attualmente, di politici del genere la piazza non abbonda (per usare un eufemismo). E probabilmente i routiniers Ue ne temono l'avvento. Quieta non movere et mota quietare... Sicché, in nome della continuità politico-amministrativa si è optato per un oscuro Ministro della difesa democristiano.
La
strategia politica verso i populisti dell’establishment politico europeo (socialista,
cristiano e liberale di sinistra) è duplice: per un verso si punta sul controllo del territorio politico tentando di accaparrarsi il maggior numero possibile di incarichi; per l’ altro si cerca sistematicamente di stancare l’avversario, alternando rimproveri ed elogi. Il voto decisivo di Cinque Stelle sarà sicuramente
ricompensato. Oppure no. Dipenderà dai rapporti di forza che si determineranno di qui alla fine dell’anno, soprattutto in
Italia. Dove Zingaretti, Franceschini e Sassoli, fresco eletto a Presidente del
Parlamento europeo, progettano, una volta
caduto Salvini, di allearsi con i pentastellati. Dalla padella salviniana alla
brace catto-socialista… Questo passa il convento italiano per ora.
Si
potrebbe parlare di strategia politica della lumaca. Esemplare l’atteggiamento della Commissione
verso lo sforamento di bilancio italiano: si fa la voce grossa, poi un passo
indietro, concedendo altro tempo e spostando i tagli alla successiva sessione
di bilancio. E intanto il tempo passa.
Si
tratta di un atteggiamento che rinvia all’universo mentale parlamentarista, fondato, e giustamente, su trattative e compromessi. Un modo di procedere che
però nei tempi difficili, quando fuori il mondo corre, alla lunga può risultare controproducente. Consentire che i barbari populisti, vestiti di pelli, armati di asce, con al seguito carriaggi, donne e bambini, dai confini dell’impero si avvicinino sempre più a Roma, si basa sulla scommessa che Roma capta. La storia però insegna che alla
fine fu proprio Roma a essere captata.
Nei tempi in cui l’Ue dovrebbe mettersi l’elmetto, e non solo in senso metaforico, che cosa ha proposto di concreto Ursula von der Leyen nel suo discorso di ieri? Il potenziamento dei fondi destinati all’Erasmus.
Il
che, per carità, non è sbagliato dal
punto di vista dell’umanesimo europeista. Il gesto è nobilissimo. Però, se Churchill, davanti alla
minaccia hitleriana, si fosse limitato a potenziare i fondi per i boy scouts, oggi non saremmo qui a parlare di Europa
libera e democratica.
Carlo Gambescia