Riflessioni
Il
20 luglio del 1969 l’uomo approdò sulla
Luna. Approdare sembra il termine giusto, nel senso di giungere in porto. La
conquista è altra cosa. E infatti dopo cinquant’anni ancora si ragiona, e
neppure con tanto slancio, su cosa fare di un pianeta inospitale, l’unico satellite della Terra.
Cinquant’anni
dopo la scoperta dell’America, l’Oceano Atlantico era percorso in lungo e largo da navi spagnole. La conquista, soprattutto
dell’emisfero Sud era quasi cosa fatta. Altro spirito, altri tempi.
La conquista
dell’ America avviene all’inizio
della modernità, la pseudo-conquista
della Luna, cade nell’ultimo trentennio ( o quasi) del Novecento, agli inizi la post-modernità, almeno secondo alcuni filosofi.
La
dotazione tecnica, scientifica ed economica
dell’Occidente nel 1969 era colossale, quella della Spagna e dell’Europa del 1492 di tipo appena post-feudale, a dir poco spartana. Qual è il fattore,
semplificando, che segna la differenza
tra Isabella di Castiglia e la
Nasa ? Il fattore
Ulisse.
Per
quanto mitizzata nell’immaginario dell’Occidente, la figura di Ulisse - oggi post-modernamente ridotta al “fascino della scoperta” - rappresenta proprio quel che Dante, uomo del
medioevo, pur con una sua nobiltà, condannava: la negazione
del limite, in tutti sensi, umani e culturali.
Ulisse non stava al suo posto, sfidava le leggi divine e umane. Ecco ciò che gli rimproverava Dante.
Negli
anni Sessanta del Novecento, contemporaneamente ai progetti di “conquista della Luna”, si sviluppò una
nuova cultura del limite. Il Primo
rapporto Mit sui limiti dello sviluppo, punto di partenza
del catastrofismo ecologista oggi dominante, risale al 1972, tre anni dopo
l’allunaggio.
Dante, se ci si passa il parallelo, in qualche modo si vendicava di Ulisse, traendo nuova linfa non da una metafisica religiosa, ma dalla metafisica ambientalista.
Se
in Dante l’uomo è un’entità creaturale sottoposta a Dio e ai suoi emissari terreni, per i
profeti dell’ ecologismo, l’uomo diventa
una animale come tutti gli altri,
anzi più pericoloso degli altri, sottoposto
a una natura deificata e intoccabile, confinato in un un ruolo
periferico.
Via
gli ideali di grandezza e di progresso. Via la forza trasformatrice della modernità. Via la potente volontà dell'uomo di sottomettere la natura a un disegno ambizioso e solenne.
Sul piano filosofico, come precursore della cultura del limite, in quanto nemico di Ulisse, può essere indicato Heidegger: il filosofo che non
disdegnò Hitler, altro amante della natura ma nemico dell'uomo. Heidegger teorizzò un
uomo gettato nel flusso della vita, teso a sopravvivere a se stesso o a vivere per la morte, immergendosi nella natura, a distanza di sicurezza dalla “civiltà della tecnica”.
Heidegger in un breve scritto, Aletheia (in Saggi e discorsi), descrive Ulisse piangente e prigioniero del senso di colpa. Una vittima di se stesso. Che vorrebbe riparare alla distruzione di Troia. Ulisse come pentito: una ben triste figura.
Ed è questa la cultura che oggi prevale: del pentimento post-modernista, del limite e della paura di ciò che Popper chiama la logica della scoperta scientifica: il sale dell’Occidente.
Sì, la Luna è lontana. Oggi più che mai. Dove sei Ulisse?
Carlo Gambescia