venerdì 19 luglio 2019

Trump,  Salvini  e i  populisti
Il linguaggio delle idee senza parole




Furio Jesi  crediamo sia  l’intellettuale italiano  più odiato dalla destra neofascista. Non facciamo alcuna   scoperta perché si tratta di cosa nota.   E  qual è la  ragione dell'odio?   Alla fine degli anni Settanta, da capace studioso del mito, Jesi, scomparso nel 1980,  decostruì radicalmente  in un libro  intitolato, per l’appunto, Cultura di destra, l’approccio mitologico, quindi irrazionale, dell’estrema destra alle grandi questioni della modernità.  Un approccio antimoderno  fondato su  pseudo-imperativi di tipo mitico come Tradizione, Razza, Origini, Destino, Sacro e Profano.  
Ecco il punto concettuale sgradito ai neofascisti:  si tirava via  il velo dietro cui si nascondeva un gioco al  tanto peggio tanto meglio,  edificato a sua volta  su   qualcosa di  né vero né falso, dunque di indeterminato e perciò manipolabile a volontà. Una infernale macchina mitologica tesa allo  scatenamento delle peggiori emozioni collettive.  

Al riguardo Jesi parlò  giustamente  di un   “linguaggio di idee senza parole”, disattento all’esame del concetto perché più difficile da capire e spiegare, ma contraddistinto da “parole d’ordine” e  rivolto, con  “disinvoltura all’uso di stereotipi, frasi fatte, locuzioni ricorrenti” (1).
Jesi poi, erroneamente, facendo di tutta l’erba un fascio (non solo in senso figurato), ricondusse  le origini della mitologia  neofascista al pensiero borghese e alla sua crisi, da cui sarebbe  scaturita  la guardia bianca fascista.  Diciamo che la sua analisi del pensiero, in particolare di  Mircea Eliade, non può essere totalmente condivisa. Come del resto la sua tesi sul liberalismo come l’altra faccia del fascismo. Semplificazione da rifiutare.
Jesi, senza mai citarlo, sviluppava le tesi di Cassirer, avanzate ne Il mito dello Stato,  sul conflitto nella cultura  filosofica e  politica dell’Occidente, tra pensiero mitico e pensiero razionale, con ben maggiore profondità e fondatezza (2). Va però detto che Jesi fissò in modo memorabile   senso  e significato  del  linguaggio silenzioso dell’estrema destra.  Che, sociologicamente,  può essere sintetizzato così: sollecitare (ecco il senso) negli uomini  l’angoscia del disordine per porvi riparo (ecco il significato) con il sollievo dell’ordine.
E proprio a questo pensavamo,   a proposito del recente brutale invito  trumpiano, rivolto  a quattro deputate democratiche (nella foto) colpevoli di criticarlo,  a  tornare nelle nazioni di origine delle famiglie:   “Send her back!”, "Rispedirla indietro!".   Si tratta di uno slogan razzista, classico e diffuso, anche in Italia e altrove:   si pensi al “Tornate a  casa”  salviniano.  Oppure a quel  "Chiudiamo i porti" molto simile al "Costruiamo un muro" di Trump.  
In realtà sono iconismi verbali al filo spinato, efficacissimi,  perché  con due o tre parole si designa il nemico e si indica il rimedio.  Facile, come prendere una pastiglia per il mal di testa.  Si chiama anche banalità del male.  
Riflettiamo. Da un lato  c’è il pensiero razionale, che si interroga sulle grandi questioni dell’immigrazione, dell’accoglienza,  dell’integrazione,  cercando soluzione ragionate. Dall’altro abbiamo il pensiero mitico  che, dando per scontato il mitema dello straniero pericoloso impone l’esclusione come unica soluzione obbligata. 
Trump, Salvini e altri leader populisti,  non possono essere direttamente ricondotti al fascismo, ma neppure al liberalismo. L’uso del linguaggio iconico, per aggiornare il concetto sviluppato di Jesi, rinvia però al fascismo.  
Diciamo allora  che l’universo populista, contrariamente a quello liberale, che si fonda sul buon uso della ragione, rimanda a una  specie di cripto-fascismo. A qualcosa di profondamente irrazionale, ancora allo stato  latente, ma che già si esprime  attraverso  “idee senza parole”,  o comunque limitate  al minimo iconico. Un linguaggio simbolico-irrazionale che gode pure dell'effetto  moltiplicatore dei Social.  
Siamo veramente nei guai, guai grossi.  E qui torna la difficile domanda: come opporsi a chi rifiuti l’uso della ragione? 

Carlo Gambescia                                     


(1) Furio Jesi, Cultura di destra, Garzanti, Milano 1979, p. 9.                  
(2) Ernst Cassirer, Il mito dello  Stato, Longanesi & C., Milano  1971.