La lezione di Theodor Geiger
Democrazia senza dogmi
Che c'entra Giorgia Meloni "a testa in giù" con Theodor Julius Geiger? Il lettore abbia un pochino di pazienza e capirà.
Intanto, e a prescindere dalle polemiche politiche, la bella recensione di Alessandro Litta Modignani apparsa sul “Foglio”, rappresenta un ottimo invito a
riscoprire la figura di Theodor Geiger (1891-1952), sociologo tedesco dai molteplici interessi
di ricerca: dal diritto alla mobilità
sociale, dalla democrazia alla
sociologia dei valori.
Litta
Modignani si occupa dell’edizione italiana degli Studi
preliminari di sociologia del diritto ( Vorstudien
zu einer Soziologie des Rechts, 1947), uscita, e meritoriamente, per i
tipi di Mimesis a cura del compianto Morris L. Ghezzi (1). Un’opera che
vorremmo recensire, si spera a
breve, su queste pagine, perché racchiude una tesi
molto interessante sotto il profilo del rapporto tra diritto, sociologia del diritto e teoria negativa dei valori.
A
questo proposito, Geiger in un prezioso libro postumo, Demokratie ohne dogma, die Gesellschaft zwischen Pathos und Nüchternheit (1964, Democrazia senza dogmi. La società tra
sentimento e ragione), coniò il
termine “democrazia emotiva”. E qui fuochino, fuochino, a proposito di Giorgia Meloni...
Secondo Geiger, la democrazia emotiva è una
democrazia di massa, sopraffatta dai
valori, incapace di ragionare pacatamente
in termini di interessi, e per
questo ipnotizzata dai profeti, che a
detta di Geiger sono regolarmente falsi.
Ma
lasciamo la parola al sociologo tedesco.
“
Abbiamo attualmente il caso del partito contadino danese che si sbarazza del
proprio esponente più qualificato, un
professore di economia sociale, perché capace com’è di pensare in termini economici è temuto dalle masse contadine. Egli dice
loro la spiacevole verità che una ottusa politica degli interessi a breve
scadenza si vendicherà nel futuro. Ed eccoci al punto centrale: mentre la sostanza delle politica viene oggettivata
e richiede perciò qualificazioni puramente oggettive, le masse degli elettori
non avvezze a dare giudizi oggettivi, reagiscono emotivamente. L’uomo che non
si faccia schiavo delle loro vedute
viene eliminato” (3).
Si
pensi ad esempio, per venire ai nostri giorni, all' autentica criminalizzazione politica di Elsa Fornero e del Governo Monti. Che dicevano cosa spiacevoli, ma vere. E per
contro, ai successi elettorali, di forze politiche demagogiche come Lega e Movimento Cinque
Stelle. E qui di nuovo fuochino, fuochino...
Il
punto è, continua Geiger, che
“mentre
la sostanza e la tecnica della
politica vengono crescentemente oggettivate
e sviluppate nel senso della sobria
Realpolitik, la decisione elettorale del cittadino viene anch’essa
spersonalizzata, ma non in senso oggettivo, bensì in senso ideologico emotivo.
I partiti ed i loro esponenti si fanno addirittura sostenitori di
questa evoluzione, dal momento che non pensano in termini di cittadini ma di massa” (4).
E qui, fuoco, fuoco.... Si pensi, per l'appunto, all’effetto negativo che può avere sulla “massa” la polemica tra Giorgia Meloni, leader di Fratelli
d’Italia, che auspica, senza tanti giri
di parole, l' affondamento della Seat-Watch, e Valeria Montanari del Partito democratico, che invece vedrebbe bene la Meloni a testa in giù come Mussolini.
Siamo
davanti a un dibattito politico totalmente ideologizzato, dove nessuno ascolta
più nessuno. Volano solo insulti, che incrudeliscono le masse. Tanto peggio, tanto meglio, questa la morale politica di oggi.
Geiger,
socialista disilluso come Michels, non crede però nel cesarismo fascista. Scorge
invece nell’ascesa di Mussolini e Hitler
un esempio storico dell’ abisso
dove può condurre la democrazia emotiva: un miscuglio di anti-intellettualismo e potere carismatico
dei capi, trangugiato da un elettore che
“non
si rivolge […] né al carattere irreprensibile di un personaggio politico, né alle qualifiche oggettive o all’abilità
politica di un funzionario politico, bensì alla dottrina ideologica di un partito. Ad una personalità essa si rivolge tuttalpiù se, in virtù del
suo bell’aspetto o di un eloquenza seducente, essa diviene il simbolo dell’ideologia
di massa” (5).
Ideologia che oggi sembra assumere la
veste dottrinaria del partito-antipartito tipico della forma politica populista e sovranista. Un abito ideologico di massa che si nutre del belluino richiamo della foresta al razzismo e al protezionismo economico e
sociale.
Inutile
infine ricordare il ruolo giocato nella costruzione della democrazia
emotiva italiana da
leader carismatici, e graditi alle masse, perché perfetti profeti, come Berlusconi, Grillo e Salvini.
Geiger propone come antidoto una democrazia verbalmente spartana che consideri i valori come inutili
e pericolosi: una democrazia fondata sui
soli interessi e perciò capace di
parlare a un elettore educato alla
sobrietà di parole. Una democrazia vicina ai principi di un illuminismo
critico che si rifiuti di cambiare il mondo secondo i valori armati di una ragione
astratta. Una specie di illuminismo
popolare, consapevole per un verso dell’impossibilità della democrazia diretta,
e per l’altro attento all’interdipendenza economica degli interessi, così
importanti nella moderna società di
massa fondata sulla divisione della produzione, dello scambio e del consumo.
Secondo Geiger, come ha osservato Renato Treves, padre italiano della contemporanea sociologia del diritto,
Secondo Geiger, come ha osservato Renato Treves, padre italiano della contemporanea sociologia del diritto,
“all’illuminismo
classico degli enciclopedisti e della rivoluzione francese […] si deve quindi
opporre l’illuminismo critico
consapevole dei propri limiti,
l’illuminismo che nega l’esistenza di una verità conoscitiva nel campo
pragmatico dei rapporti morali, politici e sociali e che ci avverte ‘ che
chiunque pretenda di pronunciare una
verità su tali rapporti, in virtù
di questa pretesa dice una falsità’ “ (6).
Non
esiste, insomma, alcuna verità sociale. Inutile dunque fomentare le masse agitando, come davanti al toro, lo straccio rosso di missioni impossibili. Esiste
invece la possibilità di trovare accordi su interessi possibili,
apertamente, senza nascondersi dietro la fumosa tirannia retorica dei valori. Non
dimentichiamo che Geiger, come ricorda
Farneti (7), appartiene alla generazione
sociologica “post-classica tedesca”, di Carl Schmitt e Hans Freyer, pur prendendo, e
giustamente, la strada dell’opposizione al nazismo.
Come convincere uomini che al capire
preferiscono il credere - domanda che si
pone lo stesso Treves - dell' importanza democratica di privilegiare
gli interessi rispetto alle passioni?
Geiger
qui introduce, come accennato, il concetto di consapevolezza dell’interdipendenza degli interessi.
Semplificando: non si rapina una banca,
perché si ha paura di finire in prigione, ma perché l’atto del rapinare una
banca mette a rischio le certezze della reciprocità
sociale. Sono concetti affrontati da Geiger, nei suoi Studi
preliminari.
Che
cosa intende con certezze della reciprocità sociale?
“Il
motivo dell’obbedienza non è pertanto il timore della sanzione (intimidazione),
bensì la comprensione della
interdipendenza sociale e della necessità di inserirsi in essa in maniera
disciplinata e responsabile. Il cittadino accetta la ineluttabilità della
interdipendenza sociale e comprende
l’importanza che essa funzioni in maniera possibilmente ineccepibile sulla base
di una reciprocità generale. È questo ciò che innanzi designammo come disciplina intellettuale: essa
consiste nell’inserirsi affermativamente
e volontariamente nella interdipendenza sociale, anziché nel rischiare di
essere sensibilmente ammoniti, mediante la sanzione o altra reazione sociale dell’impossibilità dell’agire arbitrario (8).
Di
conseguenza,
“ il riconoscere oggettivo e concreto di una necessità sociale e il subordinarsi ad
essa sono cosa diversa dall’ ‘opportunismo freddo calcolo’. Soltanto all’ipocrisia sociale gravida di morale
filistea, può venire in mente di equiparare i due atteggiamenti” (9).
Di
qui, secondo Geiger, il ruolo della scuola e dell’ intellighenzia (
ceto distinto dagli accademici e dagli
organizzatori culturali) nel favorire
l’adattamento critico del cittadino all’idea di interdipendenza sociale. E
come? Attraverso lo sforzo sociale congiunto di scuola e
intellettuali per consentire ai cittadini di giungere a nutrire la
consapevolezza, per farla breve, di essere tutti nella
stessa barca. E, cosa più importante di essere insieme, non per un misterioso senso dell'unità sociale, metafisico o comunitario, ma perché i reali meccanismi dell'interdipendenza sociale così impongono.
Insomma, va favorita l'integrazione cognitiva alla democrazia. E non la sua disintegrazione intellettuale, promuovendo l’utopia acritica della rivoluzione sociale e politica. Dal momento che - semplifichiamo - la rivoluzione è il corrispettivo politico della rapina in banca… Come lo è, per chiudere il discorso Meloni, l'idea stessa di affondare e appendere gli avversari.
Insomma, va favorita l'integrazione cognitiva alla democrazia. E non la sua disintegrazione intellettuale, promuovendo l’utopia acritica della rivoluzione sociale e politica. Dal momento che - semplifichiamo - la rivoluzione è il corrispettivo politico della rapina in banca… Come lo è, per chiudere il discorso Meloni, l'idea stessa di affondare e appendere gli avversari.
Anche
perché, come scrive Geiger, nella chiusa,
“
se qui è stato tentato di trovare una via per conservare la democrazia, questo
tentativo ne implica forse la elevazione del valore a sacramento? Nient’affatto.
Esso non costituisce che un modus
vivendi per quanti siano discordi. Niente per cui sventolare bandiere e cantare
inni di gloria. Nella sua sobria semplicità la democrazia è, tra le forme
politiche finora escogitate e messe alla prova, quella che più rende
relativamente sopportabile a tutti
l’inevitabile coercizione esercitata dalla collettività sull’individuo, la
pressione dell’interdipendenza sociale. Questo è il meglio che una qualsivoglia
forma di vita politica possa dirsi. A
me basta per preferire la democrazia a ogni altra forma statale conosciuta” (10).
E di questi tempi non è poco.
Carlo Gambescia
(1) Qui la recensione di Alessandro Litta Modignani: http://littacontinua.blogspot.com/2019/06/studi-preliminari-di-sociologia-del.html
(2)
Theodor Geiger, Democrazia senza dogmi. La società tra sentimento e ragione, in Id. Saggi sulla società industriale, a cura
di Paolo Farneti, Utet, Torino 1970,
trad. di Angela Terzani Staude, pp. 281-624.
(3) Ibid., p. 606.
(4)
Ibid.
(5)
Ibid.
(6) Renato Treves, Sociologia del diritto.
Origini, ricerche, problemi, Einaudi, Torino 1987, p. 177.
(7) Paolo Farneti, Introduzione a Theodor Geiger, Saggi sulla società industriale, cit., p. 9.
(8) Theodor Geiger, Democrazia senza dogmi, cit., p. 505.
(8) Theodor Geiger, Democrazia senza dogmi, cit., p. 505.
(9) Ibid.
(10) Ibid.,
pp. 620-621.