giovedì 18 luglio 2019

La morte di Andrea Camilleri
La destra odia, la sinistra studia



Della grandezza di Andrea Camilleri deciderà la storia, o meglio la critica storica.  La fortuna di uno scrittore  segue l’andamento dei tempi,  i gusti,  le mode,  il mercato editoriale e  infine il  clima e il regime politici.
Il Novecento  - e non per la prima volta -  vide i  roghi  dei libri. I secoli precedenti l’Indice  cattolico.  Ai nostri giorni ci si lamenta invece della censura del politicamente corretto. Robetta, rispetto a quel che hanno combinato   papi, monarchi assoluti e despoti moderni.

Insomma,  il rapporto tra arte,  politica e società  è sempre stato conflittuale. Diciamo però che nei secoli democratici, come in altri campi,  il parere dei lettori è diventato determinante. Il che secondo certa  critica  avrebbe  implicato  un livellamento verso il basso  dei valori artistici, sia in chiave di politicizzazione assoluta, sia, al contrario,  di  disimpegno, per così dire, divertentistico.
E sia pure.  Sotto questo aspetto la bravura  di Andrea Camilleri si può far consistere proprio nell’ aver dato vita  con il personaggio di  Montalbano  a un’opera vasta  e  a nostro  avviso eccellente, perché  capace di  coniugare divertimento e riflessione politico-esistenziale.  Insomma,  il merito di Camilleri resta quello di essere in sintonia con i tempi della Seconda e Terza Repubblica.  Di averli  intercettati, cogliendo i gusti del pubblico. Di qui, la sua grande popolarità,  grazie anche alla fortunata versione televisiva).  Il che potrebbe però influire sulla sua fortuna letteraria, perché cambiando i tempi eccetera, eccetera. 
Va comunque detto che l’opera di Camilleri  comprende non pochi romanzi  che affondano  le radici nella sicilianità universale anche di scrittura (ad esempio di  un Pirandello). Sicché egli  parla filosoficamente al mondo,  andando  oltre il  puro e semplice impegno politico-divertentistico alla Montalbano.   E proprio su questi  romanzi in futuro  saranno  critica e pubblico a dire l’ultima parola.
Quel che invece  questa mattina  dà veramente fastidio,   al di là della rituale sguaiataggine di Salvini, è l’atteggiamento della stampa di destra  che relega la notizia della morte di Camilleri  in fondo alle prime pagine,  rimproverando   allo scrittore  le sue simpatie politiche a sinistra. Sono gli stessi giornali che di solito nelle  pagine culturali celebrano Ezra Pound e altri scrittori di fede fascista, o comunque passati  per quell’esperienza politica.  I soliti   due pesi di misure. Quel che vale per un autore fascista non vale per un autore comunista. 
Si dirà che accostare Camilleri a Pound non è criticamente corretto. Probabilmente può esserlo, per ora,   dal punto di vista artistico.  Ma non da  quello  dell'indicazione del  perverso rapporto  tra ideologia politica e arte  che inevitabilmente macchia il giudizio di coloro   - i critici -   che invece dovrebbero  giudicare un'opera  in  chiave  neutralmente affettiva.
Ci si risponderà, asserendo che  la sinistra intellettuale applica lo stesso metro nei riguardi del Pound liquidato come fascista. Giusto,  però va   detto  che la tanto vituperata sinistra, a parte alcuni paleo-comunisti,  ha giudicato Pound,  separando la sua fede politica dai valori artistici. Il che ne ha facilitato, come riconosceva  Giano Accame, la riscoperta, eccetera, eccetera.
Qui purtroppo si scopre  la differenza  tra la sinistra, che studia e si applica  -  si pensi  solo al catalogo Adelphi -  e una destra ottusa,  incapace di andare oltre i peggiori stereotipi dell’odio ideologico. Regolarmente, estesi, come questa mattina, anche all’arte di Andrea  Camilleri. O comunque alla sua non comune capacità di parlare al mondo  - e qui lo accosteremmo a Simenon - attraverso  il registro basso di un poliziotto.   
Ricordo che Accame, intellettuale di destra che studiava (lo rammento a ottant’anni,  in poltrona,  con matita e libro tra le  mani),  in una conversazione privata, mi parlò molto bene dello scrittore,  che  aveva conosciuto in occasione di un viaggio in Sicilia (se ricordo bene). Accame  ne sottolineava,  con intelligenza,  la sua natura -  che  estendeva anche a se stesso -  di uomo del Novecento, con i relativi  pregi e difetti. 
Ecco cosa  significa prendere le distanze critiche. Ma bisogna studiare. E per tutta la vita.  Cosa di cui la destra che se la cava con  battute e anatemi  è tuttora incapace.  A parte forse Buttafuoco, siciliano però come Camilleri, che quindi  ha il nome in ditta.  E  pochi altri intellettuali,  che però  non dettano le prime pagine. E che magari  si offendono quando si squaderna loro la miseria della destra culturale. 
Semplificando, la destra odia,  la sinistra  studia.  Tutto qui.     


Carlo Gambescia