La morte di Andrea Camilleri
La destra odia, la sinistra studia
Della
grandezza di Andrea Camilleri deciderà la storia, o meglio la critica
storica. La fortuna di uno
scrittore segue l’andamento dei tempi, i gusti,
le mode, il mercato editoriale
e infine il clima e il regime politici.
Il
Novecento - e non per la prima volta
- vide i
roghi dei libri. I secoli
precedenti l’Indice cattolico. Ai nostri giorni ci si lamenta invece della censura del politicamente corretto. Robetta, rispetto a quel che hanno combinato papi, monarchi assoluti e despoti moderni.
Insomma, il rapporto tra arte, politica e
società è sempre stato conflittuale.
Diciamo però che nei secoli democratici, come in altri campi, il parere dei lettori è diventato determinante.
Il che secondo certa critica avrebbe implicato un livellamento
verso il basso dei valori artistici, sia
in chiave di politicizzazione assoluta, sia, al contrario, di
disimpegno, per così dire, divertentistico.
E sia pure. Sotto questo aspetto la bravura di Andrea
Camilleri si può far consistere proprio nell’ aver dato vita con il personaggio di Montalbano a un’opera vasta e a nostro
avviso eccellente, perché capace
di coniugare divertimento e riflessione politico-esistenziale. Insomma, il merito di Camilleri resta quello di essere in sintonia con i
tempi della Seconda e Terza Repubblica. Di averli intercettati, cogliendo i gusti del pubblico. Di qui, la sua grande popolarità, grazie anche alla fortunata versione televisiva). Il che potrebbe però influire sulla sua fortuna letteraria, perché
cambiando i tempi eccetera, eccetera.
Va comunque detto che l’opera di Camilleri comprende non pochi romanzi che affondano le
radici nella sicilianità universale anche di scrittura (ad esempio di un Pirandello). Sicché egli parla filosoficamente al mondo, andando oltre il puro e semplice impegno
politico-divertentistico alla Montalbano. E proprio su questi romanzi in futuro saranno critica e pubblico a dire l’ultima parola.
Quel
che invece questa mattina dà veramente
fastidio, al di là della rituale sguaiataggine di Salvini,
è l’atteggiamento della stampa di destra
che relega la notizia della morte di Camilleri in fondo alle prime pagine, rimproverando allo scrittore le sue simpatie politiche a sinistra. Sono
gli stessi giornali che di solito nelle pagine culturali celebrano Ezra Pound e
altri scrittori di fede fascista, o comunque passati per quell’esperienza politica. I soliti due
pesi di misure. Quel che vale per un autore fascista non vale per un autore
comunista.
Si
dirà che accostare Camilleri a Pound non è criticamente corretto. Probabilmente
può esserlo, per ora, dal punto di vista
artistico. Ma non da quello dell'indicazione del perverso rapporto tra ideologia politica e arte che inevitabilmente macchia il giudizio di coloro - i critici - che invece dovrebbero giudicare un'opera in chiave neutralmente affettiva.
Ci si risponderà, asserendo che la sinistra intellettuale applica lo stesso metro nei riguardi del Pound liquidato come fascista. Giusto, però va detto che la tanto
vituperata sinistra, a parte alcuni paleo-comunisti, ha giudicato Pound, separando la sua fede politica dai valori
artistici. Il che ne ha facilitato, come riconosceva Giano Accame, la riscoperta, eccetera,
eccetera.
Qui
purtroppo si scopre la differenza tra la sinistra, che studia e si applica - si pensi
solo al catalogo Adelphi - e una
destra ottusa, incapace di andare oltre
i peggiori stereotipi dell’odio ideologico. Regolarmente, estesi, come questa mattina, anche all’arte
di Andrea Camilleri. O comunque alla sua non comune capacità di parlare al mondo - e qui lo accosteremmo a Simenon - attraverso il registro basso di un poliziotto.
Ricordo
che Accame, intellettuale di destra che studiava
(lo rammento a ottant’anni, in poltrona, con matita e libro tra le mani), in una
conversazione privata, mi parlò molto bene dello scrittore, che aveva conosciuto in occasione di un viaggio in
Sicilia (se ricordo bene). Accame ne
sottolineava, con intelligenza, la sua natura - che estendeva
anche a se stesso - di uomo del Novecento, con
i relativi pregi e difetti.
Ecco cosa significa prendere le distanze critiche. Ma bisogna studiare. E per tutta la vita. Cosa di cui la destra che se la cava con battute e anatemi è tuttora incapace. A parte forse Buttafuoco, siciliano però come Camilleri, che quindi ha il nome in ditta. E pochi altri intellettuali, che però non dettano le prime pagine. E che magari si offendono quando si squaderna loro la miseria della destra culturale.
Semplificando, la destra odia, la sinistra studia. Tutto qui.
Carlo Gambescia