venerdì 12 luglio 2019

Italia e  Russia
I nuovi Tartari

Sapete, cari lettori,  quando inizia  la storia della filosofia russa?  Nell’Ottocento. E per giunta sotto la veste, seppure importante, di opere letterarie.  Tuttavia,  i  grandi  scrittori-filosofi russi   si divisero subito  in occidentalisti (pochi) e antioccidentalisti (molti).  Pro o contro la modernità. 
Il secolo successivo fu invece quello del comunismo: di una modernità totalitaria e barbara, che portò all’eliminazione, diremmo programmatica, molto asiatica (da pile di teste tagliate) di  milioni di russi. 
A partire da Pietro il Grande a Stalin e da Gorbačëv a Putin, gli italiani in Russia  hanno svolto  il ruolo di consiglieri culturali (i grandi architetti, anche del pensiero,  in particolare dell’età illuminista), di invasori militari  ( due volte al seguito, stupidamente,  di altri,  Napoleone e  Hitler), affaristi (Fiat, Pci, Iri, Berlusconi e,  come  sembra, Salvini).
Semplificando,   russi e italiani si "frequentano" da alcuni secoli, senza però conoscersi a fondo.  Ovviamente, sul piano accademico esiste una slavistica italiana che conosce i misteri tenebrosi dell’anima russa, ma raramente (l’ultima volta fu con Craxi)  viene  invitata a pranzo a Palazzo Chigi  per spiegare  le enormi  differenze   storiche e  culturali  - quindi  di  comprensione -  tra Occidente e Oriente.
Per   l’Italia colta e civile,  la Russia  resta   un continente misterioso,  semicivilizzato, imprevedibile, proprio come un tartaro impenetrabile, in cui scorre il  sangue asiatico del nomade, pronto ad attaccare le popolazione sedentarie.   E in effetti il "giogo"  tartaro-mongolo (1240-1480),  come osserva  lo slavista  Gino Piovesana, " contribuì non poco all'isolamento della Russia e all'introduzione di usanze e metodi di governo più asiatici che europei" (1) 

Per capire il grado di barbarie antimoderna, tipica di un popolo,  che di Bisanzio non ha mai  perduto  i tratti totalitari e messianici mal nascosti sotto la ferocia del nomade asiatico,  basta leggere  “La Quarta Teoria Politica” di Aleksandr Dugin: uno spaventoso   concentrato di  tradizionalismo e identitarismo da far  accapponare la pelle (2) .   Siamo davanti  ai nuovi Tartari, appena sfiorati dal cristianesimo. I russi continuano a ritenersi,  contrariamente alla lezione evangelica,  più uguali degli altri. Di qui, la loro pericolosità.
Inoltre, la modernità comunista maldigerita ha prodotto una specie di darwinismo tradizionalista (al contrario) che designa nel russo il difensore,   scelto da dio, di una civiltà  antimoderna,  antiliberale e antioccidentale.
Ora, puntare sulla Russia, come alleato ,  cosa che l’Italia, fino all’ascesa al potere di Salvini e dei populisti-sovranisti, si era sempre ben guardata dal fare, significa non sapere o capire nulla dell’ambigua  e tenebrosa anima russa.    
Certo,  il realismo politico, detta  di non trascurare  nessun partner. Però la diversità culturale  e storica tra Italia e Russia  imporrebbe grande  prudenza.  E invece cosa si propone di fare  Salvini?  Di seguire le orme di  Mussolini, che confondendo gli interessi reali dell’Italia con quelli, per così dire, del fascismo leghista,  si vuole gettare  nelle  braccia di  Putin.  Che naturalmente  non è Hitler, ma  resta comunque  un russo dal comportamento imprevedibile, talvolta ferocemente imprevedibile.  E i risultati potrebbero essere disastrosi, anche per la sperequazione di forze  geopolitiche ed economiche tra Italia e Russia.

Qui,  non è questione  di soldi  presi sottobanco o meno,  come si legge oggi.  In gioco è  ben altro:  la tradizione culturale dell’Italia e di conseguenza il nostro futuro.
Salvini guarda a Est, Di Maio addirittura ancora più Est, verso la Cina, continente ancora più misterioso.  L’Italia rischia di staccarsi dall’Europa, civile e  liberale,  madre della filosofia,  per finire nella braccia di una potenza  più asiatica che euro, digiuna di filosofia  come fonte del pensiero critico.
Bariamo?  Si aprano due libri, filosoficamente molto accreditati: la  Storia della filosofia italiana, del Garin, e  la Histoire de la philosophie russe del Losskij.  Bene, Garin  inizia da Boezio e Cassiodoro, secoli V-VI d. C. (3).   Losskij, asserisce invece che “la philosophie russe ne commence  à se developper qu’au XIX siècle, alors que l’État russe est dejà vieux de mille ans” (4).   Serve altro?


Carlo Gambescia
 

(1) Gino  Piovesana, Russia - Europa nel pensiero filosofico-russo. Storia antologica, Lipa Edizioni, Roma 1995, p. 17. 
(3) Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, Einaudi, Torino 1966, 2° ed., vol. I, pp. 31-83. Sull' "autorità di Boezio [che]
sarà in qualche modo paragonabile a  quella di Aristotele e Sant'Agostino" cfr. Ibid.,  p. 32.
(4) Nikolaj Onufrievič Losskij,  Histoire de la philosophie russe des origines à 1950, Payot, Paris 1954, p. 5.