Il lamento di Mario Calabresi
Lacrime di coccodrillo?
Mario
Calabresi, direttore di “Repubblica”, ha
pubblicamente ammesso che con
Berlusconi, pur con tutti i suoi conflitti di interessi, la libertà di stampa in Italia non era così
a rischio come in questo momento con il governo giallo-verde (*).
Calabresi, sente sul collo il fiato mefitico di
Salvini e soprattutto di Luigi Di Maio che minaccia di tagliare risorse
pubblicitarie, in particolare delle imprese a partecipazione pubblica, al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, perché ostile al governo. Il pericolo,
in effetti, esiste: si comincia con la pubblicità, poi con la carta, e infine
giunge la chiusura per strangolamento economico. Proprio come in altri contesti, ai quali l’Italia come per forza di gravità sembra oggi tendere, fece Allende con la stampa cilena di
opposizione. E come ora fa Maduro con quella venezuelana.
Si
dirà: ma che c'entra? Siamo in Italia, siamo in Europa, eccetera, eccetera... Non ne saremmo così sicuri. Soprattutto dopo
aver notato il silenzio assordante di Cinque Stelle sull’incontro romano di
ieri della famiglia Addams dei populisti
europei.
Crediamo,
che per la prima volta nella sua storia, “Repubblica”, avverta tutto il peso di dover fare solitaria opposizione, da sinistra, a un
governo che, per pericolosità politica, non ha precedenti nella storia d’Italia post Seconda Guerra Mondiale.
Gli italiani, quelli che si fanno i selfie con Salvini e Di Maio, non sembrano voler più ascoltare la lezione o lezioncina degli ormai presunti eredi
della sinistra azionista dei salotti buoni: eredità involatasi verso quotidiani più grossier come
“Il Fatto”, schierati invece con i
pentastellati. A Danton "il popolo" sembra preferire Robespierre.
Nonostante
i tempi brutti, non si è ancora
riflettuto abbastanza sul rapporto fra la tradizione azionista, continuatrice ideale dell'elitario giacobinismo italiano, nelle sue varie tendenze moderate e radicali (da La Malfa a Foa, per fare solo
due nome emblematici di linee opposte), e il radicalismo morale di certa sinistra
robespierrista (ad esempio, quella dei famosi indipendenti di sinistra, eletti nel Pci, si pensi a Parri), che vedeva nel maggioritarismo del partito comunista, il continuatore dell’azionismo duro e puro, proprio come oggi lo scorge in quello del movimento pentastellato.
In
nome di questo virtuismo morale, si sono massacrati nell'ordine: Craxi Berlusconi e Renzi, spalancando le
porte al radicalismo politico di massa, che se è tale, non può che confondersi con il populismo. Anche di destra. Come ora è sotto gli occhi di tutti.
Per farla breve: il
punto non è se Craxi, Berlusconi, Renzi, meritassero i processi in piazza, ma la pericolosa e controproducente identificazione, per lo stato di diritto, tra processo e piazza.
E adesso, i frutti velenosi del giacobinismo azionista, sono raccolti da
Pietro Calabresi, direttore di un
giornale, che ne è sempre stato la
bandiera. E se ne lamenta. Però, ora, potrebbe essere troppo tardi. Dunque, lacrime di coccodrillo? Sì, ma nel senso che la preda sta divorando il coccodrillo. Che piange, perché intravede la sua fine...
Carlo Gambescia
(*)
Qui l’editoriale di MarioCalabresi: