Controstoria d’Italia
Forza mercati, fate il vostro dovere!
1. Fuori
lo straniero?
Diciamo
la verità, i moderati, magari quelli con studi, equilibrio politico, senso storico e sociologico (sembra il mio
autoritratto), si augurano che i mercati demoliscano il peggiore governo Repubblica
dal 1946 ad oggi a colpi di spread. Il
che, naturalmente, rischia di apparire
servile, agli occhi dei nazionalisti, pardon sovranisti. Perché, dal punto di vista, “del prima gli
italiani" chiamare lo “straniero” in aiuto, per liberare
l’Italia, suona blasfemo. Anche se in realtà, come è noto, i mercati sono consustanziali alla vita economica moderna di stati e nazioni, pertanto non sono del tutto estranei, anzi.
Che dire? Narrazioni. In realtà. nella sua lunga e complicata
storia, l’Italia moderna, si è trovata più volte, costretta a rivolgersi
“allo straniero”. Gli storici, a cominciare dalla “calata in Italia” di Carlo
VIII, “invitato” da Ludovico Sforza, hanno però sempre dato spiegazioni, in chiave più o meno profonda, sulla base degli eventi politici e in particolare degli
equilibri internazionali dai quali l’Italia, prima espressione geografica, poi
unitaria, inevitabilmente dipendeva.
Tutte
le varie egemonie ( e lotte per l'egemonia) europee e poi mondiali, che si sono succedute da Carlo VIII a Hitler, hanno visto l’Italia, prima divisa poi unita, a rimorchio di un alleato più forte. E questo
con buona pace dei nazionalisti e dei fascisti, finiti, da par loro, a fare i servitori di Hitler.
2.
Forze centrifughe e centripete
Il
punto qual è? Che l’Italia, non ha mai
avuto le risorse economiche e politiche per farcela da sola. In particolare le
risorse politiche, rinviano, a quelle
enormi divisioni interne, prima in staterelli, dopo in partiti e fazioni, tutti più
o meno equivalenti. I quali, prigionieri di una vista cortissima, tutti insieme, imponevano alleanze esterne in funzione di infinitesimali equilibri interni. Lo stesso universalismo della Chiesa, munito, dal punto di vista istituzionale, di inevitabili e robusti appetiti terreni, addirittura regionali, non ha giovato. Di qui, ripetiamo, il periodico ricorso allo straniero.
Dicevamo
prima di Hitler. L ’Italia
però, nel Dopoguerra, non potendo non schierarsi, si schierò con gli Usa, integrandosi nel mondo occidentale. E non fu male, perché altrimenti, dopo il tracollo del nazionalismo fascista, non potendo tornare indietro, rischiava di finire sotto le grandi zampe dell'Orso Sovietico. Piaccia o meno, lo straniero purtroppo è nel nostro destino. Per farla breve, siamo
piccoli e rissosi, di qui il ricorso a potenze straniere.
Sarebbe
interessante scrivere una storia d’Italia, grosso modo dalla fine del
Quattrocento, quando intorno a noi cominciano a formarsi gli stati - quelle grandi monarchie, che poi si tramuteranno in stati nazionali - puntando sull’idea del mai spento conflitto tra forze
centrifughe. Altrove, sociologicamente
parlando - il punto è importante - il conflitto era ed è tra forze
centripete e centrifughe. In Italia, invece prevalgono tuttora le forze centrifughe.
3.
Europa, Europa, Europa…
Esiste
però un’ eccezione (poi spiegheremo perché): l’unificazione europea. Che sul
piano sociologico e storico, rimanda al
meccanismo di nascita degli stati
nazionali. Basterebbe perciò immaginarla (semplificando) come un “superstato”
(ovviamente anche con gli inconvenienti del caso…). L’Italia, proprio perché divisa e rissosa - stiamo semplificando - riuscì a
unificarsi (il suo piccolo “superstato”), solo nell’Ottocento, dopo essere passata da
un dominatore straniero all’altro, visto a seconda della fazioni interno come
un alleato o un nemico.
Il
processo di unificazione europea può
essere imperfetto, ma esiste, in punto di fatto, una moneta unica e uno schema di alleanza
politica. E poi - ecco l’eccezione - è un processo pacifico, si basa sul contratto non
sulla spada (il comando economico è una
cosa quello polemico e polemologico, un’altra, ben più pericolosa). Sotto questo aspetto, l’unificazione dell’Italia
sotto il Piemonte sta all’unificazione dell’Europa sotto Germania e Francia. Può
piacere o meno, ma è un passo in avanti,
in un modo geopoliticamente diviso in blocchi. E quell’unificazione fu militare... La nostra, invece è pacifica. Mai dimenticarlo.
4. Scegliere lo “straniero giusto”
Il
problema perciò, se vogliamo tenere in considerazione, il periodico e
inevitabile ricorso allo straniero è
scegliere lo straniero giusto. Ben vengano i
mercati, se riescono a far cadere a colpi di spread un governo che
rappresenta le peggiore tradizione centripeta italiana. Ben vengano i mercati, se possono aiutare l’ Italia a restare nella
moneta unica, come parte fondamentale di un processo di unificazione europea. E colpiscano duro.
Un’ultima
cosa, la lingua madre di Cavour era il francese, i Piemontesi di Vittorio Emanuele II erano visti, nel resto dell’Italia, come i
Nuovi Galli. Eppure "fecero l'Italia". Napoleone III, politicamente parlando, fu determinante per la riunificazione: le forze
centripete vinsero grazie ai
francesi.
Senza la riunificazione, oggi l’Italia sarebbe un coacervo di Repubbliche di San Marino. Senza l’Europa, si rischia di tornare ad essere, domani, nel mondo di blocchi, un' espressione geografica.
Senza la riunificazione, oggi l’Italia sarebbe un coacervo di Repubbliche di San Marino. Senza l’Europa, si rischia di tornare ad essere, domani, nel mondo di blocchi, un' espressione geografica.
Forza
mercati, fate il vostro dovere! Liberateci dal nemico interno.
Carlo Gambescia