martedì 23 ottobre 2018

 Dopo il voto in Trentino-Alto Adige
Il paradosso del  sovranismo populista





Sono ricchi lassù.   A Trento e Bolzano si vive bene, girano i soldi,  i servizi  funzionano, gli immigrati non sono un problema, eppure  il voto ha premiato un partito-antipartiti come la Lega e girato le spalle  a chi ha governato bene.  Si vuole cambiare. Ma per andare dove?
A questa domanda,  che rinvia a un fenomeno non ancora ben decifrato dagli studiosi, quello del sovranismo populista,  è difficilissimo rispondere. Il Sud,  si dice,  vuole più assistenza sociale, e vota Cinque Stelle,  Ma il Nord, che è ricco, cosa vuole?   Crediamo che la principale caratteristica, del voto a Nord, come al Sud, sia l’egoismo sociale.  Diciamo allora che al  Nord vince   la paura di perdere quel che si ha. 
Bella scoperta... In fondo, non  si tratta di  un fatto tipico di tutti gli esseri umani?  Niente di nuovo, insomma.  Certo. Però, porsi come principale finalità quella di conservare al propria ricchezza (Nord) e  ricevere il massimo della protezione sociale (Sud)  indica una specie di sineddoche politica (la parte per il tutto), rivolta a privilegiare  il riflesso carnivoro,  il lato peggiore  della natura umana, uno dei lati però.
Si vogliono ricchezza e protezione, non in quanto mezzi per progredire,  accettando  i rischi di una  normale società di mercato,  ma come fini per vivere un'esistenza stazionaria, comoda e protetta dal rischio stesso. L'egoismo rifiuta il rischio, come del resto la responsabilità della scelta individuale. Il famoso  "uomo economico"   calcola i rischi, non li rifiuta per principio.             
Semplificando, diciamo che Lega e Movimento Cinque Stelle  sono movimenti egoistici che,  al momento,  riflettono  un proficua divisione dei compiti politici, alla Lega l’egoismo dei ricchi (il Nord), al Movimento Cinque stelle l’egoismo dei poveri (il Sud).   
In realtà, quando si parla del populismo si dovrebbe riflettere  sulla sua natura antisociale. Il populista, parla di popolo,  ma il popolo è sempre il suo, non quello degli altri.  Si tratta della stessa tragedia politica dei nazionalismi, che oggi si chiamano sovranismi: il nazionalismo, proprio perché tale,  privilegia, sempre e comunque,  i propri cittadini rispetto agli altri.  Se esiste una società mondiale che comunica attraverso i canali economici del rischio calcolato sulla base di un sistema dei  prezzi, allora il sovranismo  ne rappresenta la decomposizione,  insita  nel  fragile fondamento  del rifiuto  del rischio e del sistema dei prezzi. Quindi il sovranismo populista  non solo è  antisociale ma è anche "antieconomico".
E non siamo neppure  davanti a una sintesi politica perfetta.   Perché il Nord, nel suo egoismo, non vuole redistribuire, il Sud, altrettanto egoista,  invece punta alla redistribuzione, e all’appropriazione  di larga parte delle risorse del Nord. Il che implica il conflitto. 
Al momento il nemico è l’Europa, ma una  volta che l’Italia sarà uscita dall'UE (o comunque che la avrà  resa "inoffensiva"),  i due populismi difficilmente potranno continuare a governare insieme. Perché i nodi (divisivi) verranno al pettine. E in una situazione economica precaria, all'insegna della classica lotta per una coperta troppo stretta.  
Pertanto il voto di domenica è un voto dalla vista corta, anzi cortissima. Che prepara future, e gravissime,  fratture politiche tra  Nord e Sud, e interne alle due stesse realtà geopolitiche, perché  i bolzanini, non amano i bellunesi, e  i bellunesi i vicentini,  e così via.   Come al Sud, i napoletani, non amano gli irpini , questi  ultimi i casertani, e via discorrendo. 
Insomma,  siamo davanti al rischio del futuro spezzettamento dell’Italia. E alla ennesima riprova dell’eterogenesi dei fini sociali e politici.  La vittoria dei sovranismo populista rischia  di dare il colpo di grazia proprio ciò che dichiara di difendere: la sovranità italiana.

Carlo Gambescia