Gli editoriali di Marcello Veneziani e Massimo Giannini
Libertà dalla paura
1. Veneziani vs Giannini
Ieri
mi hanno colpito due editoriali, politicamente agli antipodi: uno di rito neofascista l’altro di scuola scalfariana. Ne sono autori, rispettivamente, Marcello Veneziani e Massimo Giannini. Il primo apparso sul “Tempo”, il secondo su “Repubblica”,
of course.
Veneziani
e Giannini pongono l’accento su un clima psicologico, marchiato dalla paura, che rischia di
devastare l’Italia. Veneziani ne attribuisce le cause all’establishment di sinistra, Giannini a
un’estrema destra, ormai di governo, rappresentata da Salvini e complici
pentastellati.
Diciamo
che Veneziani, evoca la tesi del complotto contro il popolo, tenuto
a cuccia dai poteri forti con la paura dello spread. Giannini, invece, agita anch’egli, un panno rosso, anzi nero, quello del pericolo fascista, o comunque di un estremismo uscito dai tenebrosi sotterranei della storia.
In
effetti, si tratta di un rischio in orbace, o di qualcosa che comunque
gli somiglia molto. In realtà, non c’è nulla di sbagliato nell’asserire, come
ben sa la sinistra studiosa formatasi sui libri di Adorno e compagnia cantante, che il fascismo può recidivarsi, quasi come un male
incurabile, in quel timore-tremore collettivo che agita tante personalità sociali, orfane e autoritarie.
Veneziani,
evidentemente, non dimentico di come
andò l’altra volta (1945), si arrampica, come un nanetto deforme, sulle gigantesche spalle del realismo politico: sicché, prima di fare ogni altro passo, raccomanda vivamente ai suoi di trovarsi fuori d’Europa alleati solidi:
Putin al posto di Hitler? Forse. Ovviamente non lo scrive, perché nel suo animo Veneziani è
rimasto un consigliere Rai in quota Berlusconi. Quindi, non si sa mai…
Probabilmente,
nonostante il linguaggio vetero, ha ragione Giannini. Se si fa la tara all’
antifascismo d’antan (se si vuole di
maniera), il suo resta un argomento
sociologicamente forte: quello del rapporto tra paura e stato autoritario, come
grande padre benevolo. Mi spiego subito.
2. Tre formule politiche
Se
si parte dal fatto, che la politica è
(anche) una risposta all’angoscia
e alle paure umane, soprattutto
collettive, si possono individuare, per
i tempi moderni, tre principali formule
politiche: quella liberale, che neutralizza la paura, attraverso il consumo,
quella socialista e comunista (che non è che una laicizzazione del cristianesimo), che
neutralizza la paura attraverso la fede politica, quella fascista (e nazista)
che neutralizza la paura attraverso l’uso socialmente diffuso della forza pura e semplice.
Il
consumo è innocuo mentre la fede, soprattutto se laicizzata, porta alla eliminazione, anche fisica, degli "infedeli". Infine la forza, soprattutto se diffusa - come metodo - trasforma gli uomini in schiavi. Solo il consumo,
implica un’idea di libertà, per alcuni minore,
però di libertà si tratta.
L’Unione
Europea, dal punto di vista della formula politica, si può perciò tranquillamente identificare con la difesa dei consumi, dunque dei mercati, della libertà economica e anche del concetto di spread, che garantisce una buona economia, sana e aperta. Una difesa - attenzione - che rinvia inevitabilmente alla difesa della
libertà politica, cioè a una comune libertà
di scelta, anche di consumare ciò che più piace: quindi, dove c’è diritto alla scelta si parla
sempre di libertà maggiore. Perciò si parte dallo spread e si giunge alla libertà politica e viceversa. Come si diceva in una vecchia canzone di Sergio Endrigo: "Per fare un albero, ci vuole il legno, per fare il legno, eccetera, eccetera". Tout se tient...
I
nemici dell’Unione Europea, invece, ideologicamente, rimandano alle altre due formule politiche. Formule che neutralizzano la paura ricorrendo, per
riassumere, a una specie di mistica della forza. E infatti, l’estrema destra di governo è, al
tempo stesso, protezionista, statalista e moralista. In una parola è virtuista e giacobina (non liberale), perché ritiene di sapere quale sia il bene per ogni
singolo cittadino e se necessario di
imporlo a mazzate, se ci si passa l'espressione. Altro che libero consumo. Dunque
libera scelta.
3. Libertà dalla paura
Inoltre,
l’appello di Veneziani a trovarsi
alleati forti, ha un preciso
fondamento ideologico di tipo fascista: di una mistica della forza applicata al nemico assoluto. Come del resto
i costanti appelli all’uso della forza
di Salvini, uso che
implica una neutralizzazione violenta della paura. Anch’esso tipicamente
fascista. Veneziani, Salvini e accoliti sono totalmente fuori dal discorso pubblico liberale.
Perciò,
bene fa Giannini a segnalare il grave
pericolo di una mobilitazione psicologica permanente, la stessa del Ventennio. E che sfociò in
una terribile guerra mondiale: una specie di violentissimo terremoto. Violenza su violenza. Paura su paura. E una delle libertà fondamentali dell’uomo,
scaturita come riflessione, durante e dopo quel bestiale conflitto, è proprio la libertà dalla paura. Che si può, se non vincere, quanto meno sublimare economicamente
con la libertà, anche, di consumare ciò che si desideri.
A
questo punto, dovrebbe essere chiara la differenza tra gli appelli dell’UE e dei politici moderati e riformisti
( a dire il vero, pochi in Italia), in difesa, sintetizzando, della libertà di consumo, e le evocazioni belluine di una destra, che
non fa più alcun mistero del suo estremismo.
Ieri
un lettore, Daniele Baron, mi (e si) chiedeva
come, in questo grave frangente, rendere
appetibile (semplifico) un’ idea di Europa forse troppo ripiegata sull’economia,
e dunque sulla libertà di consumo. Purtroppo,
l’economia di mercato e il consumo sono come l’aria, o se si preferisce, come la
salute: solo quando manca - quindi dopo - ci si
accorge che qualcosa non va, perché non si respira bene, si cammina a fatica,
eccetera, eccetera.
La
libertà economica e di consumo, non si
difende, si vive.
Carlo Gambescia