La rivolta contro i rom
Roma brucia
Roma
soffoca nell’immondizia e c’è chi soffia sul fuoco del razzismo. Ecco la sintesi di ciò che sta accadendo nella Capitale in questi giorni.
A
Casal Bruciato, via Cipriano Facchinetti, che non è più periferia romana da un pezzo, a differenza di Tor Bella Monaca, i residenti non vogliono
famiglie rom, neppure se in regola con le assegnazioni di case popolari . E
scendono in piazza (*).
Ovviamente,
Casal Bruciato non è neppure centro in
senso stretto. Sapete, cari lettori, al di là di tutte le chiacchiere populiste sulla gente che non arriva al fine del mese, qual è il segnale, impressionistico ma efficace, che indica ai romani che una certa zona non
è periferica? La possibilità di parcheggio. In periferia si parcheggia tranquillamente,
salvo ritrovare il vetro rotto. In centro e semiperiferia, no. E per quale ragione? Perché le famiglie che
non arriverebbero alla fine del mese, hanno più di una autovettura (oltre alla
casetta al paese d’origine o al mare), sicché i
parcheggi sono sempre occupati. Come,
per l’appunto, a Casal Bruciato. Per non parlare di Centocelle e di
altre ex periferie, oggi addirittura fulcro della movida romana.
Pertanto,
nessuna guerra tra poveri, ma solo semplice e puro razzismo, frutto di
ignoranza e grettezza. Brutte qualità che non si misurano con la denuncia dei
redditi. Fenomeni, antropologicamente disgustosi,
sui quali soffia l’estrema destra per guadagnare consensi e voti. Tanto peggio tanto meglio.
L’estrema
sinistra, i cosiddetti antagonisti, l’hanno bollata come politica dell’odio, come se l’odio di classe, che anima l’ideologia della sinistra radicale, fosse invece un cosa buona. Sicché, la destra
estrema, che si professa senza alcun
problema fascista, risponde,
mobilitando i razzisti, iniettando altro odio, in chiave altrettanto
antagonista. Chiamale se vuoi, prove di guerra civile...
E
il Comune a Cinque Stelle? Vuole cambiare le regole per evitare che ai nomadi siano assegnate case popolari… Una scelta che
penalizza l’ integrazione e che
introduce nei regolamenti di
assegnazione un criterio etnico, che naturalmente si cercherà di mascherare in
qualche modo. Invece di andare avanti si va indietro. Si scivola verso l’apartheid. Complimenti.
Del
resto, si dice in Campidoglio, che la vera scelta sia tra i ghetti attuali e il rientro
nell’Europa dell’Est grazie a incentivi economici. Integrazione, insomma, ma
a casa loro. Che differenza c’è tra i Cinque Stelle e i gruppi neofascisti? Forse,
qualche campo di sterminio… Perché quelli di deportazione, i “villaggi
attrezzati” rimandano alla genialata del sindaco Alemanno, che aveva il nome in ditta. Marino, suo successore, alzò semplicemente la voce, senza fare nulla. La
Raggi invece vuole rispedire i nomadi al mittente. Come qualcuno le avrà spiegato con la lavagnetta luminosa.
Ciò significa, che Roma, che ha sempre
accolto tutti, persino durante il
fascismo, capitola. Lo si chieda agli abruzzesi e pugliesi
giunti nella Capitale a ridosso degli anni Venti e Trenta del Novecento.
Anzi,
peggio ancora, Roma brucia, tra gli
antagonismi politici e la
stupidità dei pentastellati.
Casalbruciato, sembra essere il punto d’arrivo di una crisi che si protrae da anni. La meta, di nome
e di fatto.
Carlo Gambescia