mercoledì 8 maggio 2019

La rivolta  contro i rom
Roma brucia



Roma soffoca  nell’immondizia  e c’è chi soffia sul fuoco del razzismo.  Ecco la sintesi di ciò che sta accadendo  nella Capitale in questi giorni.     
A Casal Bruciato, via Cipriano Facchinetti,  che non è  più  periferia romana da un  pezzo, a differenza di  Tor Bella Monaca, i residenti non vogliono famiglie rom, neppure se in regola con le assegnazioni di case popolari . E scendono in piazza (*).
Ovviamente, Casal Bruciato  non è neppure centro in senso stretto.   Sapete, cari lettori,  al di là di tutte le chiacchiere populiste sulla gente che  non arriva al fine del mese, qual  è il segnale, impressionistico ma efficace,  che indica ai romani che una certa zona non è periferica?  La possibilità di parcheggio.  In periferia si parcheggia tranquillamente, salvo ritrovare  il vetro rotto.  In centro e  semiperiferia, no.  E per quale ragione? Perché le famiglie che non arriverebbero alla fine del mese,  hanno più di una autovettura (oltre alla casetta al paese d’origine o al mare),  sicché  i parcheggi sono sempre occupati.  Come, per l’appunto, a Casal  Bruciato.  Per non parlare di Centocelle  e di altre  ex periferie,  oggi   addirittura fulcro della movida romana.   

Pertanto, nessuna guerra  tra  poveri,  ma solo semplice e puro razzismo, frutto di ignoranza e grettezza. Brutte qualità  che non si misurano con la denuncia dei redditi.  Fenomeni, antropologicamente disgustosi,  sui  quali soffia l’estrema destra per  guadagnare  consensi  e voti. Tanto peggio tanto meglio.   
L’estrema sinistra, i cosiddetti antagonisti, l’hanno bollata come politica dell’odio,  come se l’odio di classe, che anima l’ideologia della sinistra radicale,  fosse invece un cosa buona. Sicché,  la destra estrema,  che si professa senza alcun problema fascista,  risponde, mobilitando  i razzisti, iniettando altro odio, in chiave altrettanto antagonista.  Chiamale se vuoi, prove di guerra civile...

E il Comune a Cinque Stelle?  Vuole  cambiare le regole per evitare che ai nomadi  siano assegnate case popolari… Una scelta che penalizza l’ integrazione  e che introduce  nei regolamenti di assegnazione un criterio etnico, che naturalmente si cercherà di mascherare in qualche modo. Invece di andare avanti si va indietro. Si scivola verso l’apartheid.  Complimenti.

Del resto, si dice in Campidoglio,  che  la vera  scelta sia   tra i  ghetti attuali e il rientro nell’Europa dell’Est  grazie a  incentivi economici. Integrazione, insomma, ma a casa loro.  Che differenza c’è tra i Cinque Stelle e i gruppi neofascisti?  Forse, qualche campo di sterminio… Perché quelli di deportazione, i “villaggi attrezzati” rimandano alla genialata del   sindaco  Alemanno, che aveva il nome in ditta.  Marino, suo successore, alzò semplicemente la voce, senza fare nulla.  La Raggi invece  vuole rispedire i nomadi al mittente.  Come qualcuno le avrà spiegato con la lavagnetta luminosa.  

Ciò  significa,  che Roma, che  ha sempre accolto tutti,  persino durante il fascismo,  capitola.  Lo si chieda agli abruzzesi e pugliesi giunti nella Capitale a ridosso degli anni Venti e Trenta del Novecento.     
Anzi, peggio ancora, Roma brucia, tra gli antagonismi politici e la stupidità dei pentastellati.  
Casalbruciato, sembra  essere il punto  d’arrivo di una crisi che si protrae da anni.  La meta, di nome e di fatto.  

Carlo Gambescia