Salvini pubblica un libro-intervista con
un editore di estrema destra
Il ritorno di Ulisse
Conosco bene l’editoria di estrema destra. Per quasi dieci anni ho collaborato con Enzo Cipriano, fondatore e
titolare delle Edizioni Settimo Sigillo.
Vi ho immesso, in un clima di massima
libertà, autori e tematiche anti-economiciste, liberali e
libertarie. Ne parlo, e bene, in A destra per caso, libro scritto con Nicola Vacca uscito nel 2010, come summa, tra le altre, di un'esperienza professionale che ricordo con piacere. Non per nulla, in quel periodo rafforzai la mia amicizia con Giano Accame, apprezzandone quella che poi ho denominato retorica della transigenza.
Altrettanto onestamente, va però ricordato che l’ambiente risentiva, e credo risenta ancora, di una sorta di sindrome dell’accerchiamento
e di una avviluppante coazione a ripetere. Tesi, tra l'altro condivisa, anche da Accame. Penso tuttora come a una specie di psicosi politica dell'assedio che mal si
conciliava, e credo si armonizzi, con l’idea di una cultura sganciata dal lavoro
politico immediato o addirittura dall'idea, tutta politica, di riconquista del potere. C’era, e non credo sia svanita, una voglia di rivincita di natura omerica. Che cosa voglio dire? Il riferimento è all'Odissea: a Ulisse che ritorna a Itaca per regolare i conti con tutti (titolo questo,
tra l’altro, di uno dei tanti libri fotocopia di Marcello Veneziani).
Come
si conciliava allora, questa animosità politica con una libera attività culturale? Si armonizzava, grazie
all’intelligenza, e al liberalismo spontaneo dei singoli: Enzo Cipriano era tra
costoro. Ma ne ho conosciuti altri di
intellettuali e capaci organizzatori, intelligenti,
colti, legati al quel mondo.
Ora,
e vengo finalmente al punto, che Matteo Salvini, Ministro dell' Interno, Vice
Presidente del Consiglio e leader del maggiore partito populista dell’Europa
Occidentale, pubblichi un libro-intervista con una casa editrice,
che appartiene a un’ area politica, omerica e rivendicativa, è un chiaro
segnale che Ulisse sta tornando a Itaca (*). E, cosa non secondaria, che
il populismo inizia a svelare tutta la sua natura
fascistoide.
In quale senso? Presto detto. Salvini, non solo guarda in chiave politica e
benevola a quel mondo, ma non fa mistero, se ci si passa l’azzardata metafora, di voler
istituzionalizzare lo squadrismo culturale neofascista in Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Da intendersi quindi come Sicurezza Culturale. Salvini, insomma, esalta, magari mascherandolo con il buon senso collettivo, tutto l'armamentario retorico della "tentazione fascista": dal mito della nazione al razzismo, dal protezionismo al complottismo.
Leggo
che l'intervista verrà presentata al Salone Internazionale del Libro di Torino. Bingo! Ai miei
tempi (quando collaboravo, eccetera, eccetera) era una specie di costosissimo Gotha, che prima
di accettare un editore di estrema destra, ne studiava l' albero genealogico fino alla sesta generazione. Per poi magari
dire no, oppure sì, ma per confinarlo vicino ai gabinetti. E non credo questa volta sia il caso, perché si entra dalla porta principale.
Pertanto
si immagini, come un' iniziativa editoriale e politico-culturale, impensabile fino a
qualche anno fa, venga vissuta trionfalmente da Ulisse e dai suoi compagni di Odissea. Certo, al netto delle invidie
interne alla editoria di destra, che non
sono poche. Ma questa è un'altra storia.
Quali
le differenze, per passare al piano politico,
con l’esperimento finiano? Che in
quel caso, come dicono i politologi, si
trattò di "integrazione passiva", non riuscita, perché Alleanza Nazionale e l’intero mondo culturale della destra,
saltarono, chi più chi meno, sul carro
berlusconiano, senza alcuna sincera revisione dell' idea fascista. Ora, invece, siamo
davanti a un processo inverso, di "integrazione attiva". Quindi c'è una bella differenza di specie, non di grado: perché - semplificando - è il Berlusconi di turno, insomma il populista di turno, Salvini dunque, a saltare sul carro neofascista.
Un' ultima cosa. Si
noti, come sulla copertina del libro, la posa e l’espressione di Salvini ricordino
quelle di Benito Mussolini. Non è un
caso. Anche perché, regola editoriale prima di quel
mondo, è mettere in copertina il Duce, per
vendere di più. E ora che ne hanno trovato forse uno, difficilmente se lo faranno scappare.
Carlo Gambescia