Wu Ming rinuncia al Salone del Libro
La differenza tra antifascismo totalitario e
antifascismo liberale
I
lettori ricorderanno il nostro articolo, a dir poco
critico, sul libro-intervista di Salvini edito da un casa editrice neofascista, presente
quest’anno al Salone Internazionale del Libro di Torino (*).
Però,
ecco il punto, non ci siamo spinti,
come invece fa Wu Ming, il collettivo di scrittori della
sinistra radicale, “diffusa” e “conflittuale”, fino al punto di vietare l'ingresso a cani e fascisti.
Si ricorre al "No pasáran!" Tipico grido di battaglia che ci riporta alla logica della guerra civile. Spagnola e oltre. Logica dello scontro totalitario, mai dimenticarlo.
Insomma, si può essere antifascisti senza per questo tradire i principi liberali del libero dibattito delle idee? Diciamo che la differenza tra l’antifascismo liberale e l’antifascismo della sinistra radicale, totalitario, consiste nel rifiuto della guerra culturale. O detto altrimenti, nel rigetto della continuazione della guerra (politica) con altri mezzi (culturali per l'appunto).
Si ricorre al "No pasáran!" Tipico grido di battaglia che ci riporta alla logica della guerra civile. Spagnola e oltre. Logica dello scontro totalitario, mai dimenticarlo.
Insomma, si può essere antifascisti senza per questo tradire i principi liberali del libero dibattito delle idee? Diciamo che la differenza tra l’antifascismo liberale e l’antifascismo della sinistra radicale, totalitario, consiste nel rifiuto della guerra culturale. O detto altrimenti, nel rigetto della continuazione della guerra (politica) con altri mezzi (culturali per l'appunto).
Il liberale non vede nulla di male nella presenza dei neofascisti al Salone del
Libro. Certo, non può non notare il
mutamento di clima politico-editoriale,
criticarlo, esprimere una sua
opinione negativa sulla cultura fascista
e neofascista. Tutte cose buone e giuste, che in qualche misura un liberale può
condividere con Wu Ming. Quel
che invece non può assolutamente condividere è
la censura delle idee.
Per
fare une esempio: un tentativo di occupazione
paramilitare del Salone del Libro da parte di squadre armate in camicia nera imporrebbe la repressione immediata. Uno semplice stand, no.
Anzi, può essere occasione per
approfondire, “dal vivo”, gli stereotipi
del neofascismo. E quindi respingerli. Senza dover ricorrere alla forze di
polizia. Bastano quelle dell’intelligenza.
Si
chiama confronto delle idee. E per un liberale è veramente imbarazzante rilevare come l’ antifascismo sia
strumentalizzato sotto il profilo politico,
da chi, tra l’altro, condivide, con i fascisti, lo stesso odio, totalitario, verso la società liberale.
Ma procediamo per gradi. Innanzi tutto perché
parliamo di strumentalizzazione politica?
Perché il divieto appartiene alla
logica amico-nemico che rinvia alla politica. Mentre il libero dibattito
rimanda al discorso pubblico liberale, che scorge nell’altro un avversario con
il quale confrontarsi, in vista di una
possibile sintesi o di un puro e semplice onesto confronto, senza vincitori e
vinti: l’esatto contrario della dialettica signore-servo tipica delle filosofie totalitarie, apparentemente rivolte, nonostante l'ipostasi dialettica, alla liberazione dell'uomo.
Contraddittoria filosofia, buona per fare passare di tutto. Condivisa da Wu Ming, grande evocatore del conflitto per ogni dove, conflitto visto come una specie di guerra giusta che metterà fine a tutte le guerre. Attenzione, si plaude non alla competizione, alla concorrenza, all’agonismo, alla rivalità, alla sfida, eccetera, eccetera, bensì al conflitto duro e puro. In termini addirittura di guerra preventiva. Per poter passare - visto che nulla si è imparato, nulla si è dimenticato - dal regno della necessità al regno della libertà...
Contraddittoria filosofia, buona per fare passare di tutto. Condivisa da Wu Ming, grande evocatore del conflitto per ogni dove, conflitto visto come una specie di guerra giusta che metterà fine a tutte le guerre. Attenzione, si plaude non alla competizione, alla concorrenza, all’agonismo, alla rivalità, alla sfida, eccetera, eccetera, bensì al conflitto duro e puro. In termini addirittura di guerra preventiva. Per poter passare - visto che nulla si è imparato, nulla si è dimenticato - dal regno della necessità al regno della libertà...
Dal
nostro blog muoviamo e continueremo a muovere critiche all’attuale governo giallo-verde, più che mai attenti al rischio di derive fascistoidi. Ma
sono critiche politiche. Lungi da noi la pretesa di estenderle alla cultura imponendo divieti e censure. Magari evocando,
perché torna utile, il positivismo giuridico. Insomma, il rispetto di leggi in vigore che però hanno natura politica, dunque
repressiva del nemico. E che perciò, come impone la prudenza liberale, non andrebbero estese alle manifestazioni
culturali che rinviano all’avversario e al libero dibattito delle idee.
I
piani politico e culturale vanno sempre tenuti distinti. Il rifiuto della distinzione comporta due possibilità: 1) la riduzione della cultura alla politica; 2) la riduzione della politica alla cultura. Nel primo caso, si è
dinanzi al totalitarismo politico: la politica dell’estetica. Nel secondo, al totalitarismo
culturale: l’estetica della politica. Comunque sia, si tratta delle due facce della stessa medaglia totalitaria.
Non
capire e apprezzare la distinzione crea
imbarazzo a chi sia liberale, perché avverte il pericolo di ritrovarsi in compagnia di falsi amici della libertà di pensiero come Wu
Ming. Inoltre, l’assenza di separazione tra
piano politico e culturale non aiuta ad
affrontare politicamente le pulsioni fascistoidi nelle sedi preposte: Parlamento e Governo.
Non
è vero Presidente Mattarella? (Ma questa è un'altra storia...).
Carlo Gambescia