La mia risposta a Mauro Munari
Populismo, che fare?
Studiare
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Ieri su Fb l' amico lettore Mauro Munari (nella foto), mi ha chiesto
che cosa fare? Come dire? Caro Carlo Gambescia, okay analisi perfetta, sottoscrivo, ma dopo? Il commento riguardava l’ articolo sul populismo delle fiction
dalla parte dei criminali, da me giudicate un “aiutino”
al decollo del
populismo diffuso (*).
Se
si vuole metterla in termini sociologici, il cinema può influire sui livelli collettivi
di dissonanza cognitiva. Detto altrimenti: sulla percezione della
contraddizione tra le cose come sono e come dovrebbero essere secondo le
opinioni o credenze sociali, politiche, economiche professate o prevalenti nell’universo sociale.
Di
conseguenza una società, per autoconservarsi, ha sempre necessità di ridurre i livelli di
dissonanza cognitiva. Serve un
equilibrio, tra l’ essere e il dover essere sociali. Un equilibrio non privo di contraddizioni, perché la dissonanza cognitiva, contrariamente a
quel che ritengono i profeti sociali, non può mai essere eliminata completamente, se non a
rischio e pericolo della società stessa. Per quale ragione? Perché è la fonte meravigliosa, sul piano
individuale, dei processi di innovazione sociale, politica, economica, eccetera. Non è un bene assoluto, come non è un male
assoluto. Parliamo di un processo sociale, come dire connaturato. Pertanto, dove
c’è società, c’è dissonanza cognitiva. Si tratta solo di provare a temperarla , vista impossibilità di rinunciarvi, pena l’autodistruzione
sociale.
Faccio
un esempio: se si crede che i partiti siano tutti composti di disonesti e corrotti, si
cercherà di ridurre la dissonanza cognitiva, tra le nostre opinioni e - attenzione - la percezione della realtà partiti politici-corrotti.
Come? Favorendo la narrazione percettiva della realtà più vicina alle proprie
opinioni. In qualche misura più confortante. Narrazione, che, come ci si
augura, possa tradursi in
implementazione politica, dunque in concreti provvedimenti, eccetera,
eccetera.
Però la
vera questione è se dal punto di vista dell’implementazione politica sia possibile o meno cassare insieme alla soppressione dei partiti la dissonanza cognitiva. Mi spiego meglio.
La
sociologia ritiene che non sia possibile. La politica, anzi certa
politica, per contro, ritiene che invece sia possibile. Di qui però il costruttivismo politico, ossia la pretesa di “abolire”
dall’alto, con un colpo di bacchetta magica, non solo i partiti, giudicati presuntivamente corrotti, ma la stessa dissonanza cognitiva. L'idea insomma di poter giungere alla creazione di una società perfetta, senza alcuna dissonanza tra fatti e credenze.
I
movimenti populisti si propongono di eliminare qualsiasi dissonanza cognitiva. Come in passato fascisti, nazisti e comunisti. Qui non interessa il contenuto delle loro
narrazioni politiche, ma solo l’approccio costruttivista e anticognitivista. Mi
riferisco, per l'appunto, alla pretesa eliminazione della dissonanza cognitiva. Scelta che però
implica l’eliminazione della cognizione
stessa. Sotto questo profilo, il vecchio
termine “cervelli all’ammasso” acquisisce il suo reale significato:
niente dissonanza, niente cognizione, niente cognizione, niente cervello.
Encefalogramma sociale piatto = totalitarismo: meccanica e ripetitiva obbedienza
al carismatico risolutore totale della dissonanza cognitiva. Fine di ogni attività di pensiero.
Per
tornare al “che fare?” di Mauro Munari, posso rispondere che, come
studioso, weberianamente, più che spiegare il
funzionamento dei processi sociali non posso andare. Hic sunt leones.
Però
i politici - e anche i cineasti… - potrebbero studiare, applicarsi, per
provare a capire fin dove può spingersi la critica politica dei
livelli sociali di dissonanza cognitiva, per evitare di sfociare nell'utopia: l'idea folle di riuscire a eliminare la dissonanza in quanto tale.
Purtroppo i sistemi democratici tendono a privilegiare e drammatizzare per ragioni elettorali quelle
narrazioni che influiscono, e negativamente, sulla percezione dei livelli di dissonanza, accrescendoli fino
al punto di rottura. Per contro chiunque sottolinei l'impossibilità di eliminare la dissonanza viene dipinto come uno sgradevole nemico di un popolo che invece va confortato e protetto.
Probabilmente
però, al di là del periodico scivolamento e svuotamento demagogico delle democrazie, c’è qualcosa di più profondo che rinvia alla natura fluttuante dei processi
sociali.
Qualcosa
che riconduce alle ragioni stesse della dissonanza cognitiva, che, come detto,
è fonte di progresso come
di regresso. Sicché gli interventi o i non interventi umani,
per rispondere alla domanda di Mauro Munari, possono solo anticipare o posticipare un inevitabile processo sociale segnato da alti e bassi.
Negli
ultimi settant’anni abbiamo toccato il
punto più alto della risalita, ora
invece sembra sia iniziata la discesa.
Carlo Gambescia