venerdì 16 novembre 2018

Il “giornalismo con la schiena dritta”, 
secondo Alessandro Di Battista



Ma  si può sapere  cosa vuole  Alessandro Di Battista? Da dove viene il  suo odio per la società aperta? Al fondo, insomma,  per tutto ciò che è liberale?   Perché di questo si tratta.  
I fatti.  Il post-deputato grillino,  ha scritto un  post sulla sua pagina Fb dove, per difendere Virginia Raggi (e anche se stesso),  contrattacca insultando.  

“Chi davvero sta colpendo la libertà di stampa sono svariati sicari dell'informazione ormai distaccati dalla realtà e capaci di scendere in piazza per difendere esclusivamente la loro posizione di potere che ha molto più a che fare con quella servitù volontaria descritta da Étienne de La Boétie che con il desiderio di indipendenza che tanto sbandierano in queste ore.”

Ora, Di Battista non  era nessuno,  si è infilato, come un surfista, tra le onde populiste, che ha scalato e cavalca. Si chiama  mobilità sociale, tipica della società aperta.  Avrebbe fatto la stessa carriera nel Cile di Allende e Pinochet?  Nella Cuba di Castro?  Nella Corea del Nord? Nel Venezuela di Chavez? Nella Russia di Putin?  Società chiuse,  dove la libertà era ed è un miraggio?   Governate, queste sì, dai “sicari” dell’informazione e della politica.
E invece lui, Di Battista,  vive in  Italia, viaggia,  si gode la vita,   dice le stupidaggini che vuole.  E c’è pure chi vi crede.  E lo vota.  Di che si lamenta?   
Sto scrivendo delle banalità.  Lo so.   Parlo dell’ ABC della politica liberale. Dovremmo essere tutti d’accordo.  Eppure…   Un inciso,  dover  pubblicare, costretto dagli eventi, un pezzo su  un personaggio intellettualmente mediocre come Di Battista,  mi sconforta.  Che tristezza.  Eppure, devo farlo. 
E allora andiamo subito alla  concezione del mondo (parola grossa) di Alessandro Di Battista.
Si presti   attenzione  ai professionisti che indica come campioni del “giornalismo con la schiena dritta”:  Marco  Travaglio, Massimo Fini, Fulvio Grimaldi, Pietrangelo Buttafuoco.  Nell’ordine: un giacobino, un talebano, un terzomondista d’antan, un islamo-fascista. Gli altri nomi, Bechis, Costamagna, Gabanelli,   rinviano al giornalismo  delle piazze in favore di telecamera. Bechis  è il più inquietante, sempre ben informato.  Troppo. Lui dice che studia. Mah… Infine,  Alberto Negri,  scrive bene,  ma legge le relazioni internazionali inforcando le lenti del pacifismo e del moralismo.  Diciamo però, che è l’unico che si salva.  Un bastian contrario, vero. Forse.
Giornalisti "dalla schiena dritta" che però  rinviano, ideologicamente,  a un’idea di  società chiusa, dove le maggioranze, leninisticamente manipolate da pochi eguali più eguali degli altri, decidono a colpi di “sappiamo noi quale sia il bene per voi”. Il massimo dell'élitismo, altro che élite contro il popolo... Voegelin, parlava di gnosticismo politico.   
Il professor Sartori, pace all’anima sua,  sosteneva sulla scorta di Tocqueville e di  un sano pensiero liberale -  lo stesso detestato da Di Battista e dai  “giornalisti con la schiena dritta”  -  che il criterio della maggioranza onnipotente, nella migliore delle ipotesi,  conduce speditamente  alla dittatura. Mentre,   quel   che conta  veramente   è la possibilità di una naturale alternanza al potere.  Per fare ciò però  occorre, che  maggioranza e opposizione condividano i valori fondamentali  della società aperta: democrazia rappresentativa,   separazione dei poteri,  stato di diritto e  libero mercato. Per poi dividersi fisiologicamente sul resto (quanto stato? quanto mercato?, eccetera, eccetera).   Se invece stampa, partiti e cittadini  si dividono patologicamente sui fondamentali valori liberali,  in  nome del popolo contro i traditori del popolo,   la società  da aperta rischia di trasformarsi  in chiusa.  Quel che sta accadendo in un’ Italia dove si teorizza il chilometro  zero politico.  Dove, semplificando, l'idea di maggioranza, diventa un martello totalitario per schiacciare, menando colpi forsennati, quelle minoranze che sono il sale della democrazia liberale.
E -  attenzione - personaggi  dalla  “schiena dritta”  come il giustizialista Travaglio, nemico della separazione dei poteri;  gli anti-occidentalisti  Fini e Grimaldi, nemici del mercato; gli anti-liberali  come Buttafuoco cantori delle "rivoluzioni nazionali"  fasciste e naziste  tra le due guerre mondiali,   sono  tutti, dico tutti,  testimonial della società chiusa.  Per dirla dottamente, addirittura i precursori, per così dire  in tempo reale,  di quel che sta accadendo di brutto all'Italia.
Ecco, dunque,  il  magnifico  modello di sviluppo politico ed economico propugnato  da Alessandro Di Battista.   Al quale attingerebbe  il  “giornalismo con la schiena dritta”.  Certo, quel tipo di “schiena dritta” che va di moda nel  Venezuela di Chavez e Maduro,  paradiso che tanto piace a Di Battista. Perché non va a vivere laggiù? 
Un’ultima cosa.  Dalle sue  non proprio vaste letture  Di Battista,  trae  il concetto di  “servitù volontaria descritta da Étienne de La Boétie”. Che dire?  Cascami ideologici della cosiddetta “Italian theory” (si veda  l’acuto  saggio  di Portinaro in argomento), una scuola (o quasi)  post-marxista  che, dal momento che considera il liberalismo una forma di totalitarismo, usa il concetto di servitù volontaria per criticare la società aperta, la società liberale, insomma.
In realtà,  come gli storici delle idee insegnano, Étienne de La Boétie  criticava il nascente stato assoluto.  Quindi,  l’errore dov’è ?   Nel fatto  che si utilizza un concetto liberale per criticare un totalitarismo liberale che non esiste, se non nella mente contorta di Alessandro Di Battista. Il quale, invece di rileggersi (o meglio leggersi) le pagine di Tocqueville sulla tirannia della maggioranza,  cita, forse senza neppure saperlo, l’ Étienne de La Boétie che piace ai post-marxisti italiani,  nemici assoluti  della società aperta, da sempre, infaticabilmente,  in  cerca del  comunismo ideale.  
Insomma, i due estremi, populismo (grillino) e  marxismo (post-iccio), intenzionalmente o meno,  si ricongiungono.  Certo, sempre con la “schiena dritta”. Salvo poi  spezzarla, una volta agguantato il potere,  a chi la pensi diversamente. 
Carlo Gambescia