mercoledì 21 novembre 2018

Soros 
e il fischietto per cani dei fascisti


Fischietto per cani.  Oggi  però  ne  parlerò in termini di sociologia della conoscenza. Applicata.  A che cosa?  All’antisemitismo.  Più modestamente, tenterò. 
In realtà, nessuno più si definisce  antisemita.  Nei circoli  neofascisti circola, applauditissima,  la tesi (scopiazzata dall'ultrasinistra) dell’antisionismo.  Tradotto: “Noi non siamo contro gli ebrei ma contro Israele, che  - ecco  il pendant velenoso -  si comporta con i palestinesi  come Hitler  con gli ebrei”. Sicché, in questo mondo, anche i fascisti -  certo, solo in pubblico -   possono  prendere le distanze, dal nazismo.  
Quindi tutto a posto? No,  Perché il ragionamento si basa su una menzogna che, a sua volta, trae forza dalla inesistente cesura tra ebraismo e sionismo,  tra diaspora, frutto dell’antisemitismo più feroce e volgare, e  sacrosanta  formazione  dello stato di Israele. Ma lasciamo stare,  e torniamo al fischietto per cani. 

Dal momento che neppure i  fascisti si  professano più, pubblicamente, antisemiti,  si lanciano messaggi cifrati, come si fa con  i  cani (quando si dice il caso…),  usando il  fischietto a ultrasuoni, però ideologici. Ecco la sociologia della conoscenza, applicata.  Quella che smaschera. O così, almeno crediamo.
Si prenda il caso di Soros, miliardario, abilissimo giocatore di borsa, uomo coltissimo, che non nasconde le sue idee liberal (perché dovrebbe?), anzi appena può,  aiuta  movimenti, partiti e istituzioni  che difendono questa causa politica. E' un suo diritto. 
Naturalmente,  Soros   si è trasformato  nella  bestia nera dei fascisti reinventatisi antisionisti.  Si   evita perciò - ecco il punto -   di evocare  le sue origini ebraiche, per lanciare però  "messaggini" (diciamo così)  cifrati.  Arrivano, con gli ultrasuoni... Chi vuole capire, eccetera, eccetera. 
Si prenda ad esempio il  problematico  post  (definiamolo così, per carità di patria) di Luigi Iannone, dove si pubblica la foto di  Soros e del Primo Ministro austriaco Kurz.  Soros, per inciso, lo ha incontrato per perorare la causa di un'università privata, da lui finanziata,  soppressa  in Ungheria  da Orbán,  altro noto  “antisionista”. 
Ora, sopra la foto, uscita sulla pagina Fb di Iannone, spicca il titolo “Zeitgeist”,  spirito del tempo.  E quale sarebbe lo spirito del tempo? Quello di un miliardario che incontra  un politico di destra, un conservatore.  Forse si saranno stretti  la mano.  E allora?  Che male c'è?  Non capisco?  Di solito, la destra vede con favore la ricchezza,  Ripeto, che problema c’è?  Forse però,  non è proprio così. La destra normale, quella conservatrice,  non ha nulla da ridire,  il fascismo invece sì.  Perché odia la ricchezza, soprattutto se in mani ebraiche, come del resto prova storicamente la promulgazione delle leggi razziali del 1938.  
Pertanto,  quale potrebbe essere - potrebbe, sottolineo -  il messaggio ad ultrasuoni?   Che  lo "spirito del tempo"  vede gli   ebrei ricchi   andare d’accordo con i politici della destra tradizionale,  quella  dei corrotti che tradiscono gli ideali antiplutocratici e antisemiti del fascismo.  Come sembra evincersi  -  sembra, sottolineo  -  anche dai commenti. Non tutti, mi pare,  agli ultrasuoni.  
Tesi, che più in generale, dunque al di là del senso da attribuire al post di Iannone,  rinvia all'immaginario  del neofascismo duro,  puro e ottuso (ma potrebbe essere altrimenti?). Un mondo, popolato di lunatici (non trovo altro termine),  che,  tra l'altro, mostra, ancora una volta,   di non aver  mai letto  Giano Accame: fascista intelligente dal volto umano  (rara avis) e amico di Israele. Nei suoi libri,  già venticinque anni fa,  si scriveva che gli ebrei da un pezzo avevano perso il monopolio del denaro. E che quindi, sostenendo la tesi del complotto ebraico ci si rendeva odiosi e ridicoli. Una pena, insomma. Eppure...
Iannone, tempo fa,  mi fece notare che lui non era di destra.  E che la destra era inutile. Anzi, sottolineò che aveva addirittura scritto un libro in argomento.  Ora, forse,  credo di  capire.     


Carlo Gambescia