Un articolo di Flavia Perina sulla "Stampa"
Gilet gialli e fazzoletti fucsia? Diversamente libertari...
Quanti
anni contano oggi sul pallottoliere della vita i ragazzi degli anni Settanta? Tra i cinquanta
e i sessanta con punte, i più anziani, i sessantottini autentici, di settanta.
Ebbene,
secondo Flavia Perina (*) - tesi che
non può non colpire il sociologo - queste “classi di età” rappresentano il fulcro sociale delle proteste di piazza a
Parigi, ma anche a Roma, come la manifestazione di sabato. E in nome di che cosa? Della cultura dei diritti:
dal diritto alla pensione, costi quel
che costi, a quello per una legislazione ad hoc, dunque particolare,
secondo il genere. E così via. I nonni, o quasi, difendono i diritti conquistati negli anni
Sessanta-Settanta. Se ci si perdona la battuta, li si potrebbe definire: diversamente libertari, anche nel senso dei capelli grigi...
Non
sappiamo, se al di là del giudizio impressionistico, vi sia una reale
rispondenza nei fatti “anagrafici”. Mancano, al momento, cifre precise sulla
composizione sociale delle proteste, in Francia come in Italia. Tuttavia la tesi è interessante. Però ecco il punto: Flavia Perina assegna un valore politico positivo -
almeno così sembra - alla protesta, a suo avviso, prezioso ed eroico portato di una cultura dei
diritti.
Noi invece non crediamo che queste manifestazioni abbiano natura, semplificando (in sociologhese), altruistica. Come del resto abbiamo scritto ieri (**). Almeno a prima
vista, sembrano essere fenomeni sociali
egoistici. Che, ecco il punto, portano -
oggettivamente - acqua al mulino della
protesta populista, rischiando così di delegittimare i tre
pilastri dell’ ordine liberale: la democrazia rappresentativa, l’economia
di mercato, lo stato di diritto.
Flavia Perina, purtroppo, sembra continuare a confondere
libertarismo e liberalismo. In realtà, il libertarismo, dopo il Sessantotto, ha condotto, una volta calato dall’alto in una
società di massa, al “politicamente corretto di sinistra”, se si vuole alla
pratica liberal-socialista. Per limitarsi
a due esempi: al diritto per segregazione di genere e a una contorta antropologia delle pensioni, totalmente sganciata dalle regole
dell’economia di mercato. In una parola, anzi due, all’ individualismo protetto, e di massa, tipico delle socialdemocrazie, spiccatamente
socialiste, insomma, poco o punto, liberali.
Mentre il liberalismo ha edificato spontaneamente, dal basso, per prove ed errori, durati alcuni secoli, quella rete politica, economica e giuridica, che, dopo aver sconfitto armi in pugno i totalitarismi, ha consentito settant’anni di pace, sviluppo e benessere.
Mentre il liberalismo ha edificato spontaneamente, dal basso, per prove ed errori, durati alcuni secoli, quella rete politica, economica e giuridica, che, dopo aver sconfitto armi in pugno i totalitarismi, ha consentito settant’anni di pace, sviluppo e benessere.
Il
libertarismo del Sessantotto si è invece convertito in una dittatura dei
diritti particolari dei più
differenti gruppi sociali in continua
lotta fra di loro. Come, per ogni fenomeno di parassitismo sociale, il libertarismo ha
fatto leva sulle rete politica, economica e giuridica liberale. Solo per stravolgerla però. E in nome di
certo pluralismo corporativo, tutto pratico, che con lo stato di diritto, la democrazia
rappresentativa e l’economia di mercato, non aveva e non ha nulla a che vedere.
E
poiché la verità si vendica sempre, il
conflitto tra le diverse “coalizioni distributive”, favorite da un diritto motorizzato, e socialistoide, da macchinetta distributrice di liofilizzato libertario, ha condotto alla crisi sociale e fiscale dello stato. E per dirla tutta, anche
morale, perché ha minato il senso di responsabilità verso l’intelaiatura
liberale. Di qui, i necessari tagli e redistribuzioni
economiche, ai quali le generazioni
ricordate dalla Perina si ribellano, anche al solo minimo accenno. Andando così a ingrossare quell’onda lunga populista che
rischia di distruggere l’ordine liberale. Detto altrimenti: il pericolo è quello di cancellare una rete politica, giuridica ed
economica, che finora ha consentito, pur
tra gli stravolgimenti libertari o meglio liberal-socialisti, l’esercizio delle libertà. Insomma, si rischia di tagliare l'albero, sui cui rami si sta comodamente seduti, ammirando un panorama, mai prima goduto nella storia umana.
Parliamo delle stesse libertà che i nonni e le nonne in gilet gialli e fazzoletti fucsia, negli anni Sessanta e Settanta, da giovani baldanzosi, per ragioni
politiche, estreme ma opposte, impedivano o negavano nelle
università e nelle piazze. Ieri come oggi.
E Flavia Perina queste cose dovrebbe ricordarle. Certo, i diversamente libertari provano anche di aver conservato le "competenze tecniche". Ma è proprio il caso di andarne fieri? Qui, non si tratta solo di saper usare un megafono e fronteggiare la polizia. C'è tutto un mondo intorno, chiuso in difesa di un egoistico individualismo protetto, come abbiamo cercato di spiegare. O no?
E Flavia Perina queste cose dovrebbe ricordarle. Certo, i diversamente libertari provano anche di aver conservato le "competenze tecniche". Ma è proprio il caso di andarne fieri? Qui, non si tratta solo di saper usare un megafono e fronteggiare la polizia. C'è tutto un mondo intorno, chiuso in difesa di un egoistico individualismo protetto, come abbiamo cercato di spiegare. O no?
Carlo Gambescia
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