Salvini? Tra Codreanu, Almirante e Robin Williams
Oh Capitano! Mio Capitano!
Circola
una tesi, abbastanza diffusa, sulla
possibilità di ricondurre Salvini nell' alveo di una destra liberale, insomma
normale, non populista, quindi pro europea,
pro economia di mercato, pro
diritti civili, non razzista e pacata
e ragionevole nei toni come nello stile.
Però prima di andare avanti nella nostra analisi, ci si deve chiedere se in Italia sia mai esistita una destra normale. La
risposta è no. Dalla seconda metà dell’Ottocento,
i cattolici si astennero, ufficialmente, almeno fino al Patto Gentiloni e alla fondazione del Partito Popolare nel secolo successivo. I liberali, cosa che non va mai dimenticata, classe politica
rivoluzionaria, si divisero in una destra e sinistra, nella rovinosa attesa che nel
Novecento si sviluppasse un forte partito socialista, dal quale come per la scissione dell'atomo,
dopo la rivoluzione del 1917 (si legga però, colpo di stato bolscevico), nacque il Partito Comunista italiano.
Chiusa
la parentesi fascista, nel dopoguerra, il quadro politico si divise tra la "balena" Democrazia Cristiana,
che però si dichiarava di centro, un pugno di partitini laici, tra i quali i
resti del partito liberale, a fronte di una sinistra agguerritissima, divisa tra comunisti,
a poco a poco maggioritari e socialisti,
prima frontisti, via via più
autonomi, eccetera, eccetera.
Insomma,
l’unica destra - non normale ovviamente - fino all’arrivo del tornado
berlusconiano, tra l’altro rivelatosi un flop, come partito liberale di massa, rinvia direttamente ai missini e alle residue truppe
monarchiche. Sia gli uni che gli altri,
in particolare i fascisti dopo Mussolini, di politicamente normale non ebbero un bel nulla. I missini, in particolare, totalmente impregnati (e ubriachi) di vino populista, nonché seguaci di qualsiasi
idea, la più estrema, purché non fosse liberale, restano, ideologicamente parlando, i padri naturali di un personaggio politico come Salvini, che
pur non citandoli mai, è in buona sostanza il
vero erede dell' ambigua politica dell’ordine e della sovversione, tipica del
Movimento Sociale: ordine, come autoritarismo criptofascista (per ora), per capirsi Dio-Patria-Famiglia sulle bandiere sventolanti; sovversione come odio puro nei riguardi di tutto ciò che sia legato alla democrazia liberale. Ciò significa, che Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono pure e
semplici controfigure. Comprimari d'insuccesso.
Perché, in realtà, il vero trascinatore è Matteo Salvini, leader di una destra,
che venuto meno l’argine democristiano e in qualche misura anche l'ambiguo argine politico berlusconiano, pensa e parla (esclusi gli
espliciti riferimenti al fascismo) come il leader del Movimento Sociale nei primi anni
Settanta: Almirante, abilissimo incantatore di folle e grande
comunicatore. Salvini ne è la perfetta reincarnazione politica. Certo, con
tastiera a portata di mano, felpa invece
del doppio petto, ruspa al posto del manganello (per ora), ma sempre pronto, come Almirante, a parlare alla pancia della gente: al piccolo borghese retrogrado e impaurito, all'operaio razzista, al giovanotto sbandato, dalla pistola facile (Macerata, docet). Con un differenza istituzionale: che ai tempi di Almirante c’era la Democrazia Cristiana ,
ancora abbastanza compatta elettoralmente, e una sinistra fortissima. E soprattutto non c’erano i Social.
Se
il punto è questo, esistono possibilità di conversione alla democrazia liberale,
per un partito dell’ordine e della sovversione? Poche, molto poche. Diciamo quasi pari a zero. Nel 1976, Democrazia Nazionale, fuoriuscendo
dal Movimento Sociale, dopo una lunga
gestazione interna, tentò di far nascere
una destra normale o quasi. Non
andò. Qualche studioso scrive, ancora oggi, che forse i tempi non erano maturi. Però due
decenni dopo, fallì, e in grande stile, anche Fini, per varie ragioni, tra cui le scarse capacità politiche. Ma, più verosimilmente, soprattutto per un vecchio e caro problema di Dna politico, antiliberale, che accomuna tutta la destra missina e postmissina.
Oggi Salvini è tornato indietro, bypassando l’esperimento berlusconiano, che non fu liberale, non fu democristiano, non fu socialista, non fu nulla. O peggio: solo capace di preparare il terreno, grazie al massiccio messaggio antipolitico, che dura tuttora, rilanciato dalle sue televisioni, al populismo in genere e al criptofascismo di Salvini. Un leader abilissimo invece, come l’Almirante di cinquant’anni fa, nel parlare di ordine e sovversione al tempo stesso, conquistando la pancia di un' Italia, malata di "solennità domenicali", che ha avuto sempre seri problemi di Dna a metabolizzare la democrazia liberale. Proprio come i missini e i postmissini.
Oggi Salvini è tornato indietro, bypassando l’esperimento berlusconiano, che non fu liberale, non fu democristiano, non fu socialista, non fu nulla. O peggio: solo capace di preparare il terreno, grazie al massiccio messaggio antipolitico, che dura tuttora, rilanciato dalle sue televisioni, al populismo in genere e al criptofascismo di Salvini. Un leader abilissimo invece, come l’Almirante di cinquant’anni fa, nel parlare di ordine e sovversione al tempo stesso, conquistando la pancia di un' Italia, malata di "solennità domenicali", che ha avuto sempre seri problemi di Dna a metabolizzare la democrazia liberale. Proprio come i missini e i postmissini.
Pertanto
la risposta è no. La Lega
salviniana è una versione post-moderna del Movimento Sociale Italiano. Forse potrebbero fuoriuscirne delle schegge politiche, però né liberali né normali.
Un ultimo punto, importante. Almirante non amava che lo appellassero duce, né pubblicamente né privatamente. Salvini si fa chiamare capitano. In pubblico. Può sembrare un’inezia. Ma, Codreanu, un mito per il neofascismo italiano (e non solo), fondatore negli anni Trenta, del movimento fascista rumeno, si faceva chiamare così: capitano. Pochi lo sanno. Molti magari pensano, sulla scia di un film americano, interpretato da un sovversivo, simpatico e scanzonato Robin Williams, ai versi di Walt Whitman, altri forse, pur sapendo, giocano sull'equivoco. Il fascismo, in fondo, fu e resta sovversione. E'il suo lato romantico. Che può fare ancora danni. I fascisti la chiamano Rivoluzione Conservatrice: per intendersi, il mix ordine e sovversione .
Un ultimo punto, importante. Almirante non amava che lo appellassero duce, né pubblicamente né privatamente. Salvini si fa chiamare capitano. In pubblico. Può sembrare un’inezia. Ma, Codreanu, un mito per il neofascismo italiano (e non solo), fondatore negli anni Trenta, del movimento fascista rumeno, si faceva chiamare così: capitano. Pochi lo sanno. Molti magari pensano, sulla scia di un film americano, interpretato da un sovversivo, simpatico e scanzonato Robin Williams, ai versi di Walt Whitman, altri forse, pur sapendo, giocano sull'equivoco. Il fascismo, in fondo, fu e resta sovversione. E'il suo lato romantico. Che può fare ancora danni. I fascisti la chiamano Rivoluzione Conservatrice: per intendersi, il mix ordine e sovversione .
In realtà, il titolo di capitano, simbolicamente, rappresenta,
quasi plasticamente, il trait d’union tra Corneliu Zelea Codreanu, Robin
Williams, Almirante e Matteo Salvini La cosa può anche far sorridere.
In realtà, siamo dinanzi al nesso tra ordine e sovversione, colto nella sua essenza. O se si preferisce, alla linea di continuità simbolica tra fascismo
moderno e fascismo postmoderno.
Carlo Gambescia