Bernardo Bertolucci e le grandi
illusioni del Novecento
Perché il cinema italiano non ha mai dedicato un film
biografico a Cavour o Giolitti? I pochi film sul
Risorgimento o sono incolori o egemonizzati dalla versione cinematografica
delle tesi di Gramsci. Su Cavour esistono un paio di sceneggiati televisivi,
ben interpretati, ma fondati più sul dramatis personae, che sull’effettivo, e determinante, ruolo storico cavouriano.
Quanto a Giolitti, odiato dai fascisti e in chiave postuma da comunisti e democristiani, di pellicole, neppure a parlarne. Forse se ne occuperanno nel XXIII secolo.
Per
fare un esempio, sempre a proposito di Cavour, nessun regista - e soprattutto
sceneggiatore - si è cimentato
con i quattro ricchissimi tomi che un grandissimo storico, come Rosario
Romeo, dedicò a Cavour… Neppure negli anni del “liberale” Berlusconi, quando i soldi giravano.
Invece, il colpo di grazia al Risorgimento lo inferse nel 2010 Mario Martone, rimasto fermo alla vulgata gramsciana di una necessaria rivoluzione secondo il modello giacobino. Per inciso, storiograficamente, smontata, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, sempre da Rosario Romeo.
Invece, il colpo di grazia al Risorgimento lo inferse nel 2010 Mario Martone, rimasto fermo alla vulgata gramsciana di una necessaria rivoluzione secondo il modello giacobino. Per inciso, storiograficamente, smontata, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, sempre da Rosario Romeo.
Dicevamo
perché? Per la stessa ragione per la quale oggi si celebra, anche da morto, un comunista erotomane come Bernardo
Bertolucci: egemonia culturale del marxismo e di certo progressismo laico filocomunista, complice una mediocre e pavida borghesia, prona a Mussolini come a Togliatti e Berlinguer. E che comunque, se e quando c'era da prendere (tipo aiuti di stato), servile, nei piani meni nobili, anche verso la Democrazia Cristiana. Una borghesia, in particolare quella con pretese intellettuali, tuttora schiava della coazione a ripetere, anche con i populisti al potere. Un pensiero è dominante, o ancora dominante, quando non è necessario che qualcuno dia gli ordini. Va da solo, in automatico. E non servono le ruspe. Occorrono invece dosi massicce di culturale liberale. Ma questa è un'altra storia.
Novecento, film incensatissimo, resta forse la pellicola più faziosa in assoluto sulla storia d’Italia. Bertolucci, attingendo al realismo cinematografico sovietico e cinese (e al porno, neppure tanto soft, come ad esempio il threesome Casini-De Niro-Depardieu), chiuse il film in un tripudio di bandiere rosse e di processi ai padroni: anno di grazia 1976. Nel maggio il film venne presentato a Cannes. In giugno, le Brigate Rosse uccisero il magistrato Francesco Coco, reo di non essere comunista, e gli agenti di scorta: nessuno sapeva, e mai seppe per chi votavano. Due anni dopo sarebbe toccata a Moro e in seguito a tanti altri. Nessun legame diretto, per carità. Ma quello era il clima politico dei tragici Anni di Piombo. Non esistono altre "narrazioni".
Novecento, film incensatissimo, resta forse la pellicola più faziosa in assoluto sulla storia d’Italia. Bertolucci, attingendo al realismo cinematografico sovietico e cinese (e al porno, neppure tanto soft, come ad esempio il threesome Casini-De Niro-Depardieu), chiuse il film in un tripudio di bandiere rosse e di processi ai padroni: anno di grazia 1976. Nel maggio il film venne presentato a Cannes. In giugno, le Brigate Rosse uccisero il magistrato Francesco Coco, reo di non essere comunista, e gli agenti di scorta: nessuno sapeva, e mai seppe per chi votavano. Due anni dopo sarebbe toccata a Moro e in seguito a tanti altri. Nessun legame diretto, per carità. Ma quello era il clima politico dei tragici Anni di Piombo. Non esistono altre "narrazioni".
E
lui, il regista rosso ed erotomane, che faceva? Incensava il modello del comunismo double-face russo e cinese. Come? Lanciando palle di merda (pardon) su una
borghesia cinefila che invece di tornare
a Cavour e Giolitti, vezzeggiava un intellettuale, compagno di strada, di un comunismo, dentro e fuori il Pci, che liquidava come fascista il terrorismo brigatista.
A
proposito dell’erotomania di Bertolucci, che in pratica attraversa tutta la sua
opera, va detto che solo lo stupido virtuismo democristiano poteva consentire al regista di trasformarsi in santo laico. Permettendo a un film mediocre senza capo
né coda, come L’ultimo tango a Parigi, di
trasformarsi, dopo il sequestro e addirittura la distruzione della pellicola ordinata dalla Cassazione, in capolavoro e campione di incassi. Per dirla, parafrasando il titolo di uno dei film meno inguardabili di Bertolucci: una tragedia da uomini ridicoli.
Pareto,
liberale non per caso, scrisse un
magnifico pamphlet sul virtuismo,
ripubblicato di recente da Liberilibri (*), dove si metteva alla berlina l’ossessione,
al contrario, per il sesso dei bacchettoni cristiani e cattolici. Un
testo, ancora oggi godibilissimo. Dove però si scrive che il residuo sessuale - chi conosce la terminologia paretiana, sa,
chi non la conosce si compri il libro - agisce a doppio senso: del virtuismo e dell’erotomania. Due fenomeni sociali uguali e contrari. Che non giovano - ambedue - al sano vivere sociale, di cui il
sesso, anche nei suoi sviluppi erotici (perché no?), è
una una componente, non la componente.
Purtroppo, il Novecento, come scrisse un grande storico francese, François Furet, è il secolo della grande illusione comunista. Che però, nonostante il tremendo capitombolo storico, stenta a morire. Ma il Novecento, con Freud che pure scrisse cose interessanti (come del resto Marx), è anche il secolo di un'altra grande illusione: quella dell’ eros di massa.
Purtroppo, il Novecento, come scrisse un grande storico francese, François Furet, è il secolo della grande illusione comunista. Che però, nonostante il tremendo capitombolo storico, stenta a morire. Ma il Novecento, con Freud che pure scrisse cose interessanti (come del resto Marx), è anche il secolo di un'altra grande illusione: quella dell’ eros di massa.
L’opera cinematografica di Bertolucci, rispecchia queste due grandi illusioni collettive. Inoltre, senza scendere in pettegolezzi, nonostante le palle di merda (aripardon), Bertolucci era borghese fino al midollo, ma "all'italiana": secondo il Morandini, Novecento fu un “film sulla lotta di classe antipadronale finanziato con dollari americani” (**). Ma il discorso varrebbe anche per altri film di Bertolucci, i più sfarzosi e inutili.
Comunista, erotomane e antiborghese. Ma con i soldi della borghesia. Di sicuro, non era un fesso.
Carlo Gambescia
(**) Novecento, in Il Morandini. Dizionario del film 1999, Zanichelli, Bologna 20013, p. 887.
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