Modesta proposta per prevenire il
populismo
Voto censitario,
culturalmente censitario…
Il
Ministero dell' Istruzione vuole introdurre l’Educazione
civica agli orali della Maturità, magari si troverà un nome fantasioso in linea
con i tempi. Non crediamo sia misura utile: potrebbe servire, per dirla fuori dai denti,
solo per far crescere le aspettative assistenzialiste, racchiuse nella Costituzione italiana di stampo socialista, da parte di un elettore preda della crassa ignoranza e prigioniero di un cieco, stupido e ignorante individualismo assistito.
Del resto, i disastrosi risultati politici ed elettorali sono sotto gli occhi di tutti. E quel che è peggio, sembra non bastare. A cosa? A capire che il populismo, di destra e sinistra, non è che la continuazione dell’analfabetismo storico ed economico con altri mezzi. Elettorali.
Del resto, i disastrosi risultati politici ed elettorali sono sotto gli occhi di tutti. E quel che è peggio, sembra non bastare. A cosa? A capire che il populismo, di destra e sinistra, non è che la continuazione dell’analfabetismo storico ed economico con altri mezzi. Elettorali.
A
tale proposito, prendiamo spunto per presentare una nostra modesta proposta per contrastare o prevenire il populismo. Quale? Quella di
una democrazia politica ricostruita sul censo culturale. Certo il termine democrazia censitaria può suonare male, soprattutto da quando è tornata di moda la democrazia diretta.
Ma, in effetti, di cosa parliamo precisamente? Di introdurre test di alfabetizzazione storica ed economica, a difficoltà crescente, per votare e per essere eletti. Per dirla tecnicamente: per determinare l’accesso all'elettorato attivo e passivo. Attenzione però, il censo culturale non dipenderebbe dal titolo di studio conseguito, ma da un livello di preparazione che può conseguire qualsiasi autodidatta di buona intelligenza e volontà di apprendere. La formulazione dei test sarebbe compito del Ministero dell'Istruzione, coadiuvato da una commissione di specialisti.
Ma, in effetti, di cosa parliamo precisamente? Di introdurre test di alfabetizzazione storica ed economica, a difficoltà crescente, per votare e per essere eletti. Per dirla tecnicamente: per determinare l’accesso all'elettorato attivo e passivo. Attenzione però, il censo culturale non dipenderebbe dal titolo di studio conseguito, ma da un livello di preparazione che può conseguire qualsiasi autodidatta di buona intelligenza e volontà di apprendere. La formulazione dei test sarebbe compito del Ministero dell'Istruzione, coadiuvato da una commissione di specialisti.
Ovviamente, l’introduzione dei test implica il rovesciamento del concetto di voto obbligatorio, o comunque come "dovere civico" (Art. 48 della Costituzione). Nel senso che, con la nostra proposta, assurge a valore di diritto, e di libertà, anche quello di non andare a votare. Diciamola tutta: la partecipazione obbligatoria al voto rinvia a una visione coattiva del voto, che, in ultima istanza, confida nella quantità e non nella qualità del voto. Quindi sarà necessaria una modifica della Costituzione, la cui articolazione lasciamo agli esperti.
Il vero punto è che la libertà di votare o meno (come di candidarsi o no) rinvia a quella concezione liberale del voto, che, ad esempio, distingue il processo democratico negli Stati Uniti. Sicché, in Italia, una volta introdotto il voto censitario, ripetiamo culturalmente censitario, per votare ci si dovrà iscrivere in apposite liste, comprensive del voto amministrativo e politico, e ogni tornata, al momento della registrazione, si dovrà ripetere il test - attenzione - che, a livello di prova, varrebbe per tutti: dal semplice elettore al futuro deputato e ministro. Per l’elettorato passivo il test dovrà essere severissimo. Più si è in alto più sono elevate le responsabilità.
Il vero punto è che la libertà di votare o meno (come di candidarsi o no) rinvia a quella concezione liberale del voto, che, ad esempio, distingue il processo democratico negli Stati Uniti. Sicché, in Italia, una volta introdotto il voto censitario, ripetiamo culturalmente censitario, per votare ci si dovrà iscrivere in apposite liste, comprensive del voto amministrativo e politico, e ogni tornata, al momento della registrazione, si dovrà ripetere il test - attenzione - che, a livello di prova, varrebbe per tutti: dal semplice elettore al futuro deputato e ministro. Per l’elettorato passivo il test dovrà essere severissimo. Più si è in alto più sono elevate le responsabilità.
Con il sistema del censo culturale, i migliori, nel senso della capacità di
apprendimento, e dunque della volontà di applicarsi e dell’educazione del
carattere, nonché della preparazione e conoscenza, i migliori, dicevamo, eleggerebbero i
migliori: si verrebbe così a creare un
circolo virtuoso fondato, uno, sulla conoscenza
della storia e dell’economia e due, sulla libera volontà individuale di sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andremo. Il censo culturale ci libererebbe, o comunque limiterebbe i danni di un approccio
populista alla politica frutto velenoso della presuntuosa ignoranza legata alla perversa logica quantitativa della dittatura di una maggioranza di analfabeti politici.
Non
entriamo, per ora nel merito dei contenuti dei test. Già comunque immaginiamo le battute degli sfaticati politici sull' Invalsi elettorale... Ce ne faremo una ragione. Per il momento, crediamo basti aver posto
il problema. Né intendiamo discutere le prevedibili critiche di quei partiti che vivono, proprio facendo leva sulla più crassa ignoranza storica ed economica dell'elettore.
Ci interessa il principio: quello del collegamento tra censo culturale, ripetiamo non determinato dal conseguimento di un titolo di studio, ma da dalla "volontà di sapere". Dote, o se si vuole, un fortissimo movente interiore, che - qui l’escamotage, lo ammettiamo - è patrimonio di pochi. Dei migliori. L'esatta antitesi del conformismo di massa, dello spirito del gregge...
Ci interessa il principio: quello del collegamento tra censo culturale, ripetiamo non determinato dal conseguimento di un titolo di studio, ma da dalla "volontà di sapere". Dote, o se si vuole, un fortissimo movente interiore, che - qui l’escamotage, lo ammettiamo - è patrimonio di pochi. Dei migliori. L'esatta antitesi del conformismo di massa, dello spirito del gregge...
Del
resto, realisticamente, che valore può avere il voto di chi non conosca la storia d’Italia e di
conseguenza il notevolissimo cammino politico-economico percorso? O le grandi e positive trasformazioni avvenute? Di chi non sappia, insomma, quanto sia cambiata, e in meglio, l’Italia dal Risorgimento al 2018 ? E che quindi, regolarmente, finisca per credere nelle più strampalate trovate politiche?
Certo, il voto censitario, inutile negarlo, ha un valore conservatore, diciamo però, sanamente conservatore. Del resto, a fronte di quel che sta accadendo, solo una reazione conservatrice, nel senso dell'accanita difesa delle grandi conquiste liberali fin qui conseguite, potrebbe salvarci.
Il momento è difficile. Chi avrà il coraggio di rilanciare la nostra proposta?
Certo, il voto censitario, inutile negarlo, ha un valore conservatore, diciamo però, sanamente conservatore. Del resto, a fronte di quel che sta accadendo, solo una reazione conservatrice, nel senso dell'accanita difesa delle grandi conquiste liberali fin qui conseguite, potrebbe salvarci.
Il momento è difficile. Chi avrà il coraggio di rilanciare la nostra proposta?
Carlo Gambescia