Il dilemma del realismo politico
Ieri,
grazie all’ interessante articolo di
Sofia Ventura sui liberali immaginari per Salvini, uscito su “L’Espresso”, si è sviluppato un confronto tra Corrado
Ocone, Alessandro Litta Modignani e chi
scrive. Parlo di confronto, perché, per
ora, i diversi interlocutori si sono limitati a esporre le
proprie posizioni (*).
Però,
al di là della questione delle scelte politiche immediate, pur importante, si sono delineate due interessanti
forme di realismo politico.
Secondo Corrado Ocone:
In verità, forse
perché l’ho fatta da giovane per qualche mese, mi pongo di fronte alla politica
in modo diverso. Non mi pongo il problema di quanto liberale sia la Lega , o Salvini, o il Pd, o
chiunque altro. Parto dalla considerazione seria e realistica delle forze in
campo. Bisogna lavorare col materiale esistente e cercare di far passare nelle
situazioni reali le proprie idee. Penso che in Italia bisogna oggi prendere
atto, per chi è di centrodestra, dell’egemonia conquistata sul campo da
Salvini, lavorando affinché ci sia una gamba più liberale nella Lega o nel
centrodestra inteso in senso generale.
Mentre
per Alessandro Litta Modignani:
Devo dire a Corrado
Ocone con amicizia, che assolutamente NON CONDIVIDO questo suo punto di vista.
Quando si superano certe soglie, il dovere del liberale è di opporsi, quale che
sia il prezzo da pagare. Dire "cerchiamo di rendere più liberale la Lega e Salvini" mi riesce intollerabile.
Un modo facile per darsi buona coscienza a buon mercato e schierarsi dalla
parte del vincitore. I veri liberali non stanno con Salvini e non ammirano
Putin. Quelli semmai sono trasformisti, l'Italia ne è sempre stata piena. Come
tipicamente Daniele Capezzone, infatti, abilissimo nell'essere liberale,
radicale, pannelliano, gandhiano, berlusconiano, fittiano e ora pare meloniano.
Eh no! No.
Per passare subito alle definizioni, il
realismo politico di Ocone è un realismo a quo. Il
realismo politico di Litta Modignani è un realismo ad quem.
La prima forma di
realismo, a quo, è immersa nel presente e guarda alle conseguenze immediate; la seconda, il realismo ad quem, guarda al futuro e
alle conseguenze di lunga durata. Il realismo a quo rinvia all’etica della
responsabilità, quello ad quem all’etica
dei principi, per dirla weberianamente. Il realismo a quo guarda
alle distribuzione quantitativa delle forze in campo, il
realismo ad quem alla distribuzione
qualitativa.
Il che spiega quel “bisogna lavorare col materiale esistente” evidenziato
da Ocone
(realismo a quo: quantitativo)
e
per contro quel “dovere” di non “superare” altrettanto
realisticamente, “ certe soglie” sottolineato da Litta Modignani (realismo ad quem: qualitativo).
Per fare un esempio
storico, e anche per tornare sul punto, i liberali, al netto delle successive
resipiscenze, davanti al fascismo si
divisero: alcuni ritennero che non si poteva ignorare il “materiale (fascista) esistente”, altri che non si doveva superare la “soglia” dello stato di diritto (liberale).
Prevalse la tesi del
realismo a quo e Mussolini agguantò il potere.
Ovviamente Salvini
(per ora) non è Mussolini, però il realismo di Ocone ricorda quello dei
liberali a quo. Mentre quello di
Litta Modignani le tesi dei liberali ad quem.
Va
riconosciuto onestamente che il liberali realisti a quo, a differenza degli storici del fascismo, non sapevano assolutamente
come sarebbe finita: dal momento che nell'atto cognitivo c'è sempre una componente predittiva, il liberali a quo "profetizzavano" alla breve.
Del resto, e per la stessa ragione, il liberali realisti ad quem, "profetizzavano" alla lunga, non immaginando, al momento, che la storia avrebbe dato loro ragione. Per dirla, parafrasando Machiavelli, rispetto all'incalzare degli eventi, il realismo a quo è armato della logica di un presente, che appare come vincente, quello ad quem disarmato perché dalla parte dei perdenti, di coloro che non assecondano la "naturale" forza delle cose.
Del resto, e per la stessa ragione, il liberali realisti ad quem, "profetizzavano" alla lunga, non immaginando, al momento, che la storia avrebbe dato loro ragione. Per dirla, parafrasando Machiavelli, rispetto all'incalzare degli eventi, il realismo a quo è armato della logica di un presente, che appare come vincente, quello ad quem disarmato perché dalla parte dei perdenti, di coloro che non assecondano la "naturale" forza delle cose.
Ciò
però significa che esiste un fattore che finisce per incidere, e
pesantemente, su ogni realismo a quo o ad quem. Quale? Quello degli effetti inintenzionali delle
azioni sociali e politiche. Effetti che possono essere positivi o negativi, indipendentemente
dagli scopi prefissati dai singoli attori.
Si vuole il bene si ottiene il male, si vuole il male si ottiene il bene. E non è neppure detto che sia così: perché talvolta il
bene consegue il bene, talaltra il male il male. Il vero punto della questione è che domina l’imprevedibilità.
Che
cosa voglio dire? L’imprevedibilità degli esiti delle azioni umane imporrebbe di riflettere sulla natura del realismo
politico. Quale può essere l'atteggiamento (e di conseguenza la prasseologia) del realista tout court, dinanzi all’impossibilità - semplificando - di sapere come andrà a finire? Quali scelte operare? Quelle di un realismo a breve termine? O a lungo termine?
Chiedendo scusa ai lettori per la pesante caduta di stile: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Corrado Ocone è per l’uovo, Alessandro Litta Modignani per la gallina. E Carlo Gambescia? Per la gallina.
Chiedendo scusa ai lettori per la pesante caduta di stile: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Corrado Ocone è per l’uovo, Alessandro Litta Modignani per la gallina. E Carlo Gambescia? Per la gallina.
Carlo Gambescia
(*) Qui il confronto su Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100008324616777. Qui il mio articolo di ieri: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2019/07/a-proposito-di-liberalismo-e.html.