Sono iniziati ieri i lavori per l’abbattimento del tratto della Tangenziale Est che passa sopra la Stazione Tiburtina.
In sé, al di là delle conseguenze sulla circolazione locale, nulla toglie nulla
aggiunge agli automobilisti diretti a San Giovanni, che potranno bypassare la zona dei lavori, grazie alla galleria costruita nel 2000. Costo: 7 milioni e seicentomila euro per 500 metri. Prezzo al metro: 15 mila e duecento euro.
Per
ora, insomma, quel gioiello di
ingegneristica, parte di un anello
interno autostradale romano non ancora del tutto terminato, resta in piedi.
Il
che però la dice lunga sulla componente antimoderna della
politica italiana, anche in chiave locale. Tav, Tap, non sono che le punte di iceberg di un’Italia che non ha mai accettato il lato faustiano della
modernità. Del resto l’abbattimento, tra
squilli tromba, giocolieri e saltimbanchi, di un capolavoro
architettonico come il Ponte Morandi non è
che l’ultima prova dell’esistenza del dio collettivo del
misoneismo, del padreterno dell’avversione per il progresso.
Un dio che influisce anche
tra gli (apparentemente) insospettabili.
La “Sindaca” Raggi, maestrina grillina del catechismo
ecologista, ieri si è fatta ritrarre
tutta contenta con il piccone in mano … Va però ricordato che fu il modernizzante (evidentemente a parole) Veltroni a far approvare l’idea, seppure
parziale, dell’abbattimento, della Tangenziale Est. All’epoca promossa a gran voce da alcuni gruppi di scalmanati
dei centri sociali e dai non pochi analfabeti cognitivi dei comitati di
quartiere. E in nome di quale progetto alternativo? Trasformare la Tangenziale in parco pubblico.
Di questo trade
off tra rifiuto della modernità e consenso elettorale, i comunisti - i nonni di
Veltroni - ne sanno qualcosa. Da sempre in prima linea: pronti a bollare come neocapitalista, a
partire dalla costruzione delle autostrade,
qualsiasi progetto di modernizzazione.
Salvo poi annuire soddisfatti dinanzi alle autostrade sovietiche.
Come
accennato, l’abbattimento della Tangenziale Est, in sé, si è ridotto a poca cosa. Per ora.
Carlo Gambescia