Lega e ipotetiche “gambe
liberali”
In Italia sarebbe dura persino per Margaret
Thatcher…
In
questi giorni si è discusso con alcuni
amici circa la possibilità di un’evoluzione liberale del
Centrodestra, in particolare della Lega. C’è chi, come Corrado Ocone (nella foto a sinistra), ha
difeso l’ipotesi di costruire “una gamba
liberale” interna a
un partito dominato dal populista Salvini. E, cosa più importante, tenuto in pugno senza grande fatica. Di conseguenza, non si capisce come possa riuscire un’ operazione, per così dire, "entrista" o addirittura di "bonifica" liberale. Anche perché, ripeto, di liberale, non solo nella Lega, ma nei partiti di Centrodestra non c'è proprio nulla.
Esagero? In realtà il
vero nodo di ogni
discussione è rappresentato dalla minaccia populista. Che, purtroppo, per ora
costituisce, l’unico orizzonte politico condiviso da tutte le forze del Centrodestra. Dalla Lega, da Forza Italia, da Fratelli d’Italia. L’esatto
contrario del liberalismo.
Infatti, una
scelta liberale non potrebbe non essere pro-Ue,
pro-mercato, pro-stato di diritto,
ovviamente con quel senso della misura
imposto dalla necessaria
captazione del voto moderato. Insomma, in una ipotetica alleanza, il centro dovrebbe avere la meglio sulla destra. Ecco cosa significa “bonificare” in senso liberale il Centrodestra.
Tuttavia, che cosa indica il fatto che la "gamba liberale" debba rivendicare, sul piano dei valori, il mercato, l’Unione europea, lo stato di
diritto? Valori in qualche misura pre-assuntivi, di fondo, in linea di principio comune patrimonio delle
forze politiche? Di destra come di sinistra?
Indica solo una cosa: che l’agenda politica è ormai dettata dal populismo. E quindi stravolta. Ovviamente, mi concentrerò solo sul Centrodestra. Della sinistra parlerò in altra occasione.
Indica solo una cosa: che l’agenda politica è ormai dettata dal populismo. E quindi stravolta. Ovviamente, mi concentrerò solo sul Centrodestra. Della sinistra parlerò in altra occasione.
Si
pensi a quel che sta accadendo
all’interno di Forza Italia, divisa in fazioni, malamente tenute insieme da ciò
che resta del carisma di Berlusconi, dove la linea politica, praticamente
inesistente, consiste nel contendere a Salvini
il copyright populista. Altro che liberalismo.
Fratelli d’Italia si muove invece apertamente
lungo le linee del populismo neofascista, rivendicando il
diritto di prelazione politica per ragioni "storiche". Sotto questo aspetto la lettura del “Secolo d’Italia”, come del resto del
“Giornale” rimane altamente indicativa.
Quanto
alla Lega, oltre al fatto (negativo) di
essere al governo con Cinque Stelle (i
populisti per eccellenza), di liberale,
al di là della furbo mantra sulla flat
tax, mostra di avere ben poco. Su stato
di diritto e Unione Europea dice cose di estrema destra. Sul mercato rivendica posizioni schiettamente autarchiche. Inutile infierire sull’atteggiamento razzista verso gli
immigrati, ribadito ogni santo giorno da
Salvini.
Esiste
poi un’altra questione. Di fondo. Antropologica. O meglio di antropologia sociale, che riguarda la costituzione politica degli italiani. Premetto che potrei essere accusato di determinismo. Decidano il lettori.
Vengo al punto. Alcuni
giorni fa ho ripescato su YouTube un filmetto senza pretese del 1959, Tutti
innamorati di Giuseppe Orlandini,
con Mastroianni, Ferzetti e altri attori all’epoca noti. Nella pellicola spicca un generale in pensione, interpretato da Ruggero Marchi, il Commendator Fenoglio del “ Vedovo” ( nella foto sotto a destra), che vuole farsi eleggere nelle liste del partito monarchico. Però, da persona seria,
da liberale all’antica, tipo Destra storica, risorgimentale, ai comizi non vuole ricorrere a facili promesse. E perciò difende i valori di lavoro, merito, impegno, e sacrificio. Di
conseguenza, elettori e partito lo
scaricano. Viene trombato ancora prima dell'apertura delle urne...
Si
dirà è solo un film. In realtà, la tragedia antropologica del liberalismo italiano, nella Prima Repubblica e in quelle dopo, è rappresentata dalla
mancanza di elettori liberali, gente capace di apprezzare il rischio sempre insito nella vera libertà. E, cosa ancora
peggiore, dall’acquiescenza dei partiti maggioritari, in primis democristiani e
comunisti, verso ciò che può essere
definito il populismo prima del populismo. Detto altrimenti, l’assistenzialismo.
Concludendo,
oggi come oggi, in Italia potrebbe essere dura persino per un personaggio
politico del calibro di Margaret Thatcher. Purtroppo, per ora, manca la materia prima: l’elettore genuinamente liberale. Di qui, l'impossibilità di "costruire gambe liberali"...
Che
fare allora? 1) Evitare di mescolarsi con Salvini e sodali.
2) Privilegiare, ovunque se necessario,
forze autenticamente liberali,
anche se minoritarie. Voto di opinione,
insomma. In attesa che gli italiani “crescano”. E, attenzione, da soli. Per mezzo, se occorre, delle dure repliche della storia. Attesa
che perciò potrebbe essere lunga e dolorosa. 3) Nel frattempo, e fin quando possibile, esercitare il diritto di critica, senza fare
sconti di nessun genere.
Qualcuno potrebbe liquidare quanto propongo come una forma di razionalizzazione dell' impotenza politica. Probabilmente è così. Qual è però il contrario della razionalizzazione? L'irrazionalizzazione. E di una potenza politica che, per ora, non esiste.
Del resto come insegna Corrado Ocone, non bisogna partire sempre "dalla considerazione seria e realistica delle forze in campo"? Per "lavorare col materiale esistente"? Per "far passare nelle situazioni reali le proprie idee"?
Del resto come insegna Corrado Ocone, non bisogna partire sempre "dalla considerazione seria e realistica delle forze in campo"? Per "lavorare col materiale esistente"? Per "far passare nelle situazioni reali le proprie idee"?
Al momento, però, quante divisioni hanno i liberali?
Carlo Gambescia
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