sabato 3 agosto 2019

Lega  e  ipotetiche “gambe liberali”
In Italia sarebbe dura persino per  Margaret Thatcher…





In questi giorni si è discusso  con alcuni amici circa la  possibilità di un’evoluzione liberale del Centrodestra,  in particolare della Lega.   C’è chi, come Corrado Ocone (nella foto a sinistra),   ha difeso l’ipotesi di costruire   “una gamba liberale”  interna  a  un  partito  dominato dal populista Salvini.   E, cosa più importante, tenuto in pugno senza grande fatica.  Di conseguenza,   non si capisce come  possa  riuscire   un’ operazione, per così dire,  "entrista"  o addirittura  di  "bonifica"  liberale.   Anche perché, ripeto, di  liberale, non solo nella Lega, ma  nei partiti di Centrodestra  non c'è proprio nulla.    
Esagero?   In realtà il  vero nodo   di ogni discussione  è rappresentato dalla minaccia  populista.  Che, purtroppo,  per ora costituisce, l’unico orizzonte politico condiviso da tutte le forze del Centrodestra. Dalla Lega, da Forza Italia, da Fratelli d’Italia. L’esatto contrario del liberalismo.  

Infatti, una scelta liberale non potrebbe non essere pro-Ue,  pro-mercato, pro-stato di diritto,  ovviamente con quel senso della misura  imposto dalla necessaria  captazione del voto moderato. Insomma, in una ipotetica alleanza,  il centro dovrebbe avere la meglio sulla destra. Ecco cosa significa “bonificare” in senso liberale il Centrodestra.
Tuttavia, che cosa indica  il fatto che la "gamba  liberale" debba  rivendicare, sul piano dei valori, il  mercato, l’Unione europea, lo stato di diritto? Valori in qualche misura pre-assuntivi, di fondo,  in linea  di principio comune patrimonio delle forze politiche?  Di destra come di sinistra?
Indica solo una cosa:  che  l’agenda politica è  ormai  dettata dal populismo. E quindi stravolta. Ovviamente,  mi concentrerò  solo sul Centrodestra. Della sinistra parlerò in altra occasione. 
Si pensi a  quel che sta accadendo all’interno di Forza Italia, divisa in fazioni, malamente tenute insieme da ciò che resta del carisma di Berlusconi, dove la linea politica, praticamente inesistente, consiste nel contendere  a Salvini  il copyright populista. Altro che liberalismo.  
Fratelli d’Italia si muove invece apertamente lungo le linee del populismo neofascista, rivendicando  il diritto di prelazione politica per ragioni "storiche". Sotto questo aspetto la lettura del  “Secolo d’Italia”, come del resto  del “Giornale” rimane  altamente indicativa. 
Quanto alla Lega,  oltre al fatto (negativo) di essere al governo con  Cinque Stelle (i populisti per eccellenza),  di liberale, al di là della furbo mantra  sulla flat tax,  mostra di avere ben poco. Su stato di diritto e Unione Europea dice cose di estrema destra. Sul mercato rivendica  posizioni schiettamente autarchiche.  Inutile   infierire sull’atteggiamento razzista verso gli immigrati,  ribadito ogni santo giorno da Salvini.
Esiste poi un’altra questione. Di fondo.  Antropologica. O meglio di antropologia sociale, che riguarda la costituzione politica degli italiani. Premetto che potrei essere accusato di determinismo. Decidano il lettori.
Vengo al punto. Alcuni giorni fa  ho ripescato su YouTube un filmetto senza pretese del 1959,  Tutti innamorati di Giuseppe Orlandini,  con Mastroianni, Ferzetti e altri attori all’epoca noti.  Nella pellicola spicca  un generale in pensione, interpretato da Ruggero Marchi,  il Commendator Fenoglio del “ Vedovo” ( nella foto sotto a destra), che vuole farsi eleggere nelle liste del partito monarchico. Però, da persona seria, da liberale all’antica, tipo Destra storica, risorgimentale, ai comizi non vuole ricorrere a  facili promesse. E perciò difende  i valori  di lavoro, merito,  impegno, e sacrificio. Di conseguenza,  elettori e partito  lo scaricano. Viene trombato ancora prima dell'apertura delle urne...
Si dirà è solo  un film.  In realtà, la tragedia  antropologica del liberalismo italiano,  nella Prima Repubblica e in quelle dopo,  è rappresentata   dalla mancanza di elettori liberali, gente capace di apprezzare il rischio sempre  insito nella vera libertà. E, cosa ancora peggiore, dall’acquiescenza dei partiti maggioritari, in primis democristiani e comunisti,  verso ciò  che può essere definito il populismo prima del populismo. Detto altrimenti, l’assistenzialismo.
Concludendo, oggi come oggi,  in Italia potrebbe essere dura persino  per  un personaggio politico  del calibro di  Margaret  Thatcher.   Purtroppo,  per ora,  manca la materia prima:  l’elettore genuinamente liberale.  Di qui, l'impossibilità di "costruire gambe liberali"...  
Che fare allora?  1) Evitare di mescolarsi con Salvini e sodali. 2) Privilegiare, ovunque se necessario,  forze autenticamente  liberali, anche se minoritarie.  Voto di opinione, insomma.   In attesa che  gli italiani “crescano”. E, attenzione,  da soli. Per mezzo, se occorre, delle dure repliche della storia.  Attesa che perciò potrebbe essere lunga e  dolorosa.  3)  Nel frattempo, e fin quando possibile, esercitare il diritto di critica, senza fare sconti di nessun genere.   
Qualcuno potrebbe liquidare  quanto propongo come  una forma di razionalizzazione dell' impotenza politica. Probabilmente è così. Qual è però il contrario della razionalizzazione? L'irrazionalizzazione. E di una potenza politica che, per ora, non esiste.
Del resto come insegna Corrado Ocone,  non bisogna  partire sempre  "dalla considerazione seria e realistica delle forze in campo"? Per "lavorare col materiale esistente"?  Per "far passare nelle situazioni reali le proprie idee"? 
Al  momento, però,  quante divisioni hanno i liberali?   
Carlo Gambescia

                                                                     

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