sabato 31 agosto 2019

Il declino della Terza Repubblica
L’odontotecnico, lo stewart e  il  disk jockey

Da chi era composta la classe politica della Prima Repubblica?   Da professori universitari come Moro e Fanfani, eccellenti  scrittori di cose storiche come Andreotti, colti intellettuali capaci di leggere Goethe in tedesco come Saragat,  brillanti cultori di economia pluridiplomati come La Malfa, dotti professori di Diritto Romano come De Martino.  E così via.
Per carità i titoli accademici  non fanno gli uomini. Tuttavia,  se pensiamo alla classe politica della Prima Repubblica e  per contrasto a  Di Maio, Zingaretti e Salvini,  tra i leader più in vista della Terza,  cadono subito le braccia.
Il primo, fermatosi alle superiori,  ha lavorato come stewart allo Stadio San Paolo, il secondo si è diplomato odontotecnico, il terzo, dopo il  liceo e vari lavoretti si è  impiegato come  disk jockey, politico o meno, a  Radio Padania (*).
Tutti e tre hanno tentato  l’università, Legge (Di Maio), Lettere (Zingaretti), Scienze politiche (Salvini) con scarsi  risultati. Sicché la politica si è trasformata in  perfetta  ancora di salvezza. Anche di successo.    
Diciamo che Di Maio, Zingaretti e Salvini hanno dato prova di essere tre buoni scalatori politici. Ma l’astuzia senza un curriculum serve a poco. Non basta per governare una società complessa. Di conseguenza, o si fa tutto da soli, cosa impossibile perfino al Re Sole, oppure ci si deve affidare agli altri.
Gli altri però vanno scelti. E per farlo, e bene,  occorre essere capaci di scegliere. La scelta dipende dalla capacità di relativizzare se stessi e gli altri.  E dove si acquisisce  - di base - questa capacità di scelta?  All’università, scoprendo con lo studio delle varie materie la complessità  delle questioni, nonché  la conseguente  diversità delle posizioni scientifiche o meno su ogni problema.  Può sembrare un'inezia ma la   bibliografia su o di  che  rinvia alla  stesura della tesi di laurea è il punto di arrivo di un processo di acculturazione che fa rima con relativizzazione.
Ovviamente, non è automatico che ogni laureato si trasformi in politico perfetto. E del resto le università dal  Sessantotto a oggi hanno perduto molto terreno.   Insomma,  il titolo,  in sé,  è un punto di partenza, ma a meno che uno non sia  il classico genio,  e non sembra che Di Maio, Zingaretti e Salvini  lo siano, il completamento degli studi universitari ha una sua importante funzione metodologica.
Ripetiamo,  la cultura universitaria è principalmente conseguimento della capacità, prima metodologica poi personale,  di relativizzare libri, persone, cose.  Con gli studi universitari  si pongono  le basi, per imparare a  conoscere in futuro i propri limiti e quelli degli altri. E non è poco perché il relativismo è scuola di tolleranza.  E conduce alla retorica della transigenza, cioè al rispetto per l’avversario, fin dall’uso del lessico.
Purtroppo, visto quel che sta accadendo, sembra che Di Maio, Zingaretti e Salvini di limiti propri e altrui nulla sappiano.
Certo, si potrebbe dire a proposito della Prima Repubblica: "Sì, sì, erano tutti laureati e professori, però poi con  Tangentopoli si è scoperto,  eccetera, eccetera".  Rispondiamo, con Croce, che tra l'altro non era laureato, ponendo la sua stessa domanda, più o meno questa:  è meglio farsi operare da un chirurgo  laureato, bravo e con le mani lunghe o da un chirurgo onesto ma improvvisato?      
Carlo Gambescia  


(*)  Fonte: Wikipedia.