mercoledì 31 luglio 2019

A proposito di liberalismo e società aperta
Corrado Ocone "liberale per Salvini"?


Stimo  Corrado Ocone ( a sinistra nella foto) .  E lo leggo sempre con interesse.  Ignoro però  se  Sofia Ventura,  già vicina  sebbene  per l’espace d’un matin  alla finiana fondazione Fare Futuro, nel suo articolo su  “L’ Espresso”,   abbia  proprio evocato la figura di  Ocone  a proposito dei “liberali immaginari  per Salvini”.    
      
I quesiti trasversali alla Camilleri non mi appassionano.  Devo però  dire  che neppure la risposta di Ocone, per così dire presuntiva, uscita  su “Formiche” mi ha convinto (*).  
Intanto, perché anch’io sono  un liberale passato per Fini (scrivevo  sul “Secolo d’Italia”  targato Perina e Lanna), e, per inciso,  non posso non ribadire, per conoscenza diretta,  che quella destra,  al di là dei destini individuali dei direttori dell’epoca,  di liberale aveva poco o nulla. Fu una pioggerellina estiva subito evaporata a terra.  Oggi, basta sfogliare il  "Secolo” per notare che si fa la lezione a Salvini.  Ma, attenzione, dal punto di vista della purezza neofascista. Insomma, indietro tutta.  
E qui vengo al Capitano che invece  non ha  un passato neofascista.  Però,  ecco  ciò che sfugge a Ocone,   Salvini si nutre ( e nutre i sodali)   di  una concezione  della politica di tipo populista. Che è l’esatto contrario della  visione liberale, comunque la si intenda (come sfida, intellettuale o meno). E non solo, come vedremo più avanti.  
Il  Salvini-Pensiero  oppone  all’individuo,  da un punto di vista maggioritario e sovranista, l’idea olista di nazione sociale.  Per  il Capitano il popolo sovrano ha sempre la meglio, o comunque deve avere la meglio,   sull’individuo.

A questo lato ideologico vanno sommate alcune qualità  caratteristiche dell’uomo:  il rozzo pragmatismo, il  fiuto plebeo per il ventre del popolo, una capacità non comune di cavalcare i media.
Un mix di olismo e di candida brutalità  che, seppure in sedicesimo ( per ora),   non può non ricordare un altro dannoso Cesare del secolo scorso. In camicia nera.
Insomma, l’antropologia salviniana, soprattutto come possibile e diffuso  modello sociale di riferimento,  è veramente minacciosa. Non solo per le istituzioni politiche della liberal-democrazia, come sembra  sostenere  Sofia Ventura,  ma per la società aperta in quanto tale.  
Metodologicamente parlando,   l’antropologia salviniana  si fonda sul criterio dell’infalsificabilità, per dirla con Popper.  O se si preferisce, per citare  Cassirer, sul pensiero mitico.   Salvini è  il classico profeta armato, per ora in fieri,   della società chiusa.
Pertanto, pur concordando con Ocone, sulle questioni dell’avalutatitività  e del necessario perseguimento della verità effettuale,  ritengo che  Salvini  e il suo modo di fare politica, siano totalmente estranei   alla società aperta.
Società aperta, per capirsi,  nel senso di Popper e Hayek.   
Di conseguenza, l’attendismo epistemologico, proposto da Ocone, può risultare  nocivo. Perché   in gioco c’è  il  destino - ripetiamo - della società aperta.  In discussione è il sistema.   Quindi  non il solo ruolo dei liberali, ma di tutte le culture politiche intra-sistemiche:  riformiste come conservatrici. Con le quali il sovranismo populista non ha nulla in comune.     
Di conseguenza,  la sfida non è tra  i liberali  di scuole o “idealtipi” diversi,  ma tra la società aperta e i suoi nemici, per evocare il titolo di un’opera seminale. 
Di qui  la necessità, non solo di non restare a guardare ma di schierarsi contro Salvini.  Certo, a situazioni nuove è sempre necessario  rispondere con  ricette nuove,  in nome di un sano realismo, come sostiene Ocone. Concordo perciò sul bisogno  di capire  senza dover sposare le truculente tesi di Salvini. Credo sia questa la posizione autentica di Ocone.
Però qui  di veramente  nuovo, e quindi da capire, c’è solo  un rinnovato  tentativo di cancellare la società aperta.
Per dirla in sociologhese, il sovranismo populista punta a distruggere l’antropologia sociale della moderna convivenza politica, civile, economica e culturale.             
Certo, la compagnia di alcuni anti-salviniani  può non piacere, come del resto  il concetto di militanza  rimanda alla sventurata tradizione dello sghembo costruttivismo azionista ( e non solo).  Però dall’altra parte, non si scherza:   si tira la volata a Putin,  Dugin e al peggiore tradizionalismo politico e sociale.
Che  cosa c'è ancora da capire?           

Carlo Gambescia