La Tav e il culto del cargo
La
bocciatura della mozione anti-Tav (semplificando)
di Cinque Stelle e l’approvazione dell’ammucchiata delle mozioni pro-Tav (risemplificando) indicano solo una
cosa: che in Italia sono trent’anni che si discute di niente. O se si
preferisce, si contende fuori tempo massimo sulla natura piatta o meno della Terra.
Il
problemi non sono il governo che può cadere, le
elezioni che potrebbero far vincere la destra incivile di Salvini e
sodali, i rapporti con la
Francia e con l’Europa. L’unico
colossale problema, e da sempre, rimane l'incomprensione italica della modernità. All'italiano tout court piacciono i gadget moderni, dagli
audiovisivi alla chirurgia a distanza, ma rifiuta il collegamento tra mercato,
scienza e tecnica, il fiore all’occhiello della modernità. E soprattutto pretende che sia lo stato a
regolare e regalare di tutto: una specie di dio che affanna e consola.
Non
dimentichiamo che l’Italia, prima di nicchiare per trent'anni sulla Tav, abrogò le centrali nucleari via referendum. Insomma, a furor di popolo. Inoltre, negli anni Sessanta, in pieno sviluppo capitalistico, cattolici e comunisti storcevano il naso, rimpiangevano il mondo contadino (i primi) e la presa del Palazzo d'Inverno ( i secondi) .
In seguito, la propaganda pauperista riuscì addirittura a dipingere l' eccellente
modernizzazione degli anni Ottanta come un periodo buio. Del resto gli italiani - naturalmente con la casa piena di gadget elettronici, rimpiangono tuttora Berlinguer e Almirante per la visione austera dell’economia
e della società. Dimenticando però che Berlinguer sognava Lenin e Almirante Mussolini. Roba da
pazzi.
Si
dirà, però intanto la Tav ieri è passata… Al tempo, i No Tav, coccolati a cicli alterni da destra e sinistra, sono sul
piede di guerra. E nell' Italia sovranista giallo-verde la Tav con grande raffinatezza è liquidata come un piacere che faremmo a Macron. Capito? Parlateci della Francia...
E
poi il vero nodo, ripetiamo, è rappresentato dall’arcaismo italiano, che ricorda
il culto del cargo, delle tribù
melanesiane: che, abituatesi a ricevere aiuti via
cielo e via terra dagli occidentali, pur di proseguire a riceverli introdussero
riti propiziatori, simili alla danza per la pioggia. Senza minimamente interrogarsi, proprio come il popolo italiano degli smartphone, su come
fosse prodotta tutta quella ricchezza.
I
melanesiani però non avevano gli strumenti per capire, gli italiani, sì. E allora perché continuano a danzare per far piovere?
Carlo Gambescia