venerdì 30 agosto 2019

Dove ha sbagliato Salvini?




In un articolo di fondo del “Messaggero” dell’11 luglio,  Alessandro Campi  invitava  Salvini,  visti  i risultati delle Europee e i successivi  sondaggi,  “a passare il guado elettorale” . Inutile cincischiare, si scriveva,  perché come noto, l’elettorato è volatile, il successo pure, eccetera, eccetera (*).
Ora, non è  che  i politici italiani, che già di per sé non pendono dalle labbra di nessuno (e figurarsi  un narciso come Salvini),  prendano per  oro colato le analisi dei  politologi. Tutt’altro.
L’episodio invece è significativo, perché  ha il valore della spia rossa che si accende.  Ci spieghiamo subito.

Se il “Messaggero”, proprietà Caltagirone,  giornale notoriamente filogovernativo,  approva nella persona del direttore Cusenza  un editoriale, per così dire, da estremista di centro,  scritto tra l’altro dall’ex consigliere di Gianfranco Fini, significa che si vuole esercitare su  Salvini, un pressione  fortissima in favore delle elezioni. E da parte  di chi?   Di un  imprenditore stanco del giustizialismo incapacitante dei pentastellati.
Ma c'è dell'altro. Qual è il ragionamento, in fondo classico,  del mondo economico nel suo insieme? Semplicissimo: meglio le elezioni e poi  un governo di centrodestra o chissà di centrosinistra, governi  con i  quali si può ragionare di economia, che un ibrido governo populista in condominio con una ciurma di  pericolosi  ragazzini pentastellati che vanno in giro  con il  codice penale e tributario  in tasca. 
Si  noti  al riguardo  l’atteggiamento, più o meno simile,   del “Corriere della Sera” (Cairo). Più sfumate, ma non del tutto contrarie alle elezioni, le posizioni di   “Stampa” e “Repubblica” (Gruppo GEDI),  comunque assai critiche, come “Sole24Ore” (Confindustria),  nei riguardi del governo giallo-verde.             
A queste pressioni esterne, a livello di opinione pubblica che conta, perché economica,  vanno sommate le pressioni interne alla politica,  non tanto  della Lega, controllata in modo ferreo da Salvini, quanto quelle in primis  del Partito democratico  targato Zingaretti, giudicato in ripresa e desideroso di liberarsi dell’ipoteca parlamentare dei renziani. E, in secundis, ma molto in secundis di Fratelli d’Italia, pronti a dipingersi come futuri e  fedeli alleati di governo, con Berlusconi fuori dai giochi.
I retroscenisti hanno parlato addirittura di contatti determinanti tra Salvini e Zingaretti e della promessa del nuovo segretario di schierarsi per il voto anticipato,  aiutando il leader leghista a convincere  Mattarella,  non insensibile ai desiderata della sinistra.   
Sappiamo poi come è andata: Renzi si è messo in mezzo, eccetera, eccetera. E perciò ora,  gli stessi giornali che  spingevano perché Salvini staccasse la spina,  guardano  verso il nascente governo giallo-rosso. I dubbi ci sono, però... E l'accenno  di Conte nel suo discorso  al fatto che tutti devono pagare le tasse non ha aiutato a dissiparli. Come del resto la   sciabolata del Presidente incaricato sul primato della redistribuzione, senza precise indicazioni, se non quella chimerica di un "nuovo umanesimo", su come accrescere la produzione di ciò che si vuole redistribuire.    

Dove ha sbagliato Salvini?  Nel credere, non tanto nella parola di Zingaretti, quanto nel ritenere che il mondo economico abituato o meno a fare affari con lo stato fosse dalla sua parte. Sicché, Salvini ha pensato, sbagliando, di essere in una specie di botte di ferro, coperto a destra e sinistra.
Ragionamento totalmente sbagliato,  perché il  “Capitano”  non era e non è  il leader moderato di una destra normale, una specie di Democrazia cristiana, magari solo più a destra,  della quale il mondo economico si può fidare.
Come poteva credere Salvini che dopo un anno vissuto pericolosamente cercando di imitare il duce, il mondo economico, che di regola diffida degli estremismi, lo avrebbe appoggiato, anche contro il Partito democratico?  E così è stato, appena Zingaretti ha cambiato idea sulle elezioni.   
Perché puntare su Salvini -  ecco il ragionamento del mondo  economico davanti alla svolta -   quando il Pd, come severa  governante  dei ragazzini pentastellati,  può essere   più affidabile di Salvini?  In attesa, ovviamente di tempo migliori… E con tutti i dubbi del caso.
Pertanto la questione del fallimento di Salvini  è strutturale: non si può governare contro, piaccia o meno, equilibri economici consolidati  da decenni. E male ha fatto Salvini  a  ignorare la cosa.  Anche per limiti personali e culturali. Ma questa è un'altra storia. 
Il che non significa che la politica semiperonista dei pentastellati sia quella giusta. Assolutamente no.  Il problema Salvini (come del resto quello Di Maio, solo per fare un nome) rimanda all’incapacità complessiva del populismo -  di destra  o sinistra, figurarsi se insieme al potere -   di governare. Il dilemma è il seguente: se il populismo vuole mantenere le promesse, distrugge l’economia, se non le mantiene perde i voti dei suoi elettori e quindi è costretto a  ritornare sui propri passi.  Nei due casi, sia come sia, entra inevitabilmente in rotta di collisione con  il mondo economico. 
Ora, toccherà al Partito democratico mettere in castigo i discoli pentastellati.  Anche se, Salvini, a dire il vero, neppure ha tentato. Auguri.
Adesso che è all’opposizione  come si comporterà il "Capitano"? Difficile dire.  Dipende da ciò che riuscirà a  imparare  dalla crisi che ha scatenato e che si è ritorta contro di lui. Se  si riterrà vittima di un complotto, secondo il peggiore schema populista,  si comporterà peggio di prima, azzerando  qualsiasi possibilità di costruire una destra normale. Se invece capirà, che  il tentativo di imitare Benito Mussolini porta solo guai, forse, e sottolineiamo forse, soltanto  allora le speranze di costruire una destra normale si materializzeranno.      

Carlo Gambescia

(*)  https://www.ilmessaggero.it/editoriali/alessandro_campi/salvini_elezioni-4610909.html                                            


Nessun commento: