Crisi di governo, le lezioni della
storia che nessuno ricorda
Riecco i veti
Bonomi
nel febbraio del 1922, in
un’Italia dove impazzava lo squadrismo fascista, si dimise senza voto di
sfiducia del Parlamento. Nel corso delle successive trattative si aprì una finestrella per la nascita di un
governo Giolitti con l’appoggio di liberali, popolari e forse dei socialisti riformisti (che nel mese di ottobre i socialisti in pieno clima pseudo-rivoluzionario avrebbero espulso dal partito).
Se il tentativo fosse riuscito, sarebbe nato un governo inviso a Mussolini. Che accadde invece? Sturzo, nascondendosi dietro una votazione del gruppo parlamentare popolare, pose il veto. Ne nacque il Governo Facta, spostato più a destra, non sgradito ai fascisti.
Se il tentativo fosse riuscito, sarebbe nato un governo inviso a Mussolini. Che accadde invece? Sturzo, nascondendosi dietro una votazione del gruppo parlamentare popolare, pose il veto. Ne nacque il Governo Facta, spostato più a destra, non sgradito ai fascisti.
In
luglio, dopo altri gravissimi atti di violenza, si profilò la possibilità,
di un ministero antifascista Sturzo-Turati-Treves, presieduto da Bonomi, sostituito in
gennaio da Facta. Giolitti si oppose.
Sturzo pure, Turati nicchiò. Non se ne
fece nulla. Di lì a qualche mese l’Italia si consegnò a Mussolini.
Non
siamo impazziti, abbiamo rievocato una triste vicenda politica, distinta da veti incrociati, frutto velenoso della cecità di partito, per un semplicissima ragione: perché nell’Italia del
2019 i veti di Luigi
Di Maio e Nicola Zingaretti rischiano di consegnare il Paese a Salvini. Che non è Mussolini, ma resta comunque
pericoloso. Altro che "due forni" democristiani.
Perché
continuare a farsi del male? Perché
ignorare le lezioni della storia?
Carlo Gambescia
(*) Nella foto, da sinistra a destra: Giolitti, Facta, Turati, Sturzo.