mercoledì 23 gennaio 2019

Trattato di Aquisgrana, Francia e Germania si cautelano
Ritorno al passato (con Salvini e Di Maio)

  

Il lettore vuole  scorgere   un segnale  della brutta china presa dall’Italia?  Frutto di pericolose scelte  assecondate  dalla pubblica opinione?  Quella che,  in particolare,  si esprime attraverso la classica formula comunicativa dei giornali?  
Eccolo, forte e chiaro:  la stampa italiana ha oscurato, fin dalle prime pagine, la notizia della firma del trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania. 
Quest’oggi, sui giornali,  si parla della Germania solo per la decisione, tra l’altro preannunciata, di “sfilarsi” dalla missione  Sophia. E dunque per criticarla. Quanto alla Francia, gli attacchi ormai sono quotidiani, da parte della stampa di destra e tradizionalmente governativa.
Cosa vogliamo dire? Che l’Italia politica ha scelto l’isolamento  e quella mediatica, classica, della carta stampata (ormai i Social sono nelle mani dei populisti) o tace o acconsente.  "Faremo  da soli", insomma.  Per andare dove?  Con gli ungheresi? Con i polacchi?  
Sembra che Macron, ieri,  ai fischi di alcuni manifestanti, abbia risposto, asserendo  che coloro che contestano l’amicizia franco-tedesca, disconoscono,  cosa rappresentò  e cosa  costò  all’Europa, l’inimicizia franco-tedesca.  E che quindi  chi oggi  si sollevi contro l'amicizia, si rende moralmente complice dei crimini commessi dai nazionalismi.  Giustissimo.
Sul punto specifico va però  eliminato un equivoco.  Molti, non  sappiamo se in buona o cattiva fede, distinguendo tra patriottismo e nazionalismo,  ritengono che Salvini, Di  Maio e i sovranisti in genere siano  dei patrioti non dei nazionalisti. 
In realtà,  sul piano sociologico, patriottismo e nazionalismo rinviano alla costante  metapolitica  del conflitto. La differenza, sempre sul piano sociologico, tra i due fenomeni, è data da un' altra costante metapolitica quella della cooperazione. Quanto più c’è equilibrio, inclusivo verso l'alto, tra conflitto e cooperazione,  nel senso di un allargamento dell’inclusività ( ad esempio con il sentirsi al tempo stesso italiani, europei, cittadini del mondo), quanto più, il patriottismo diverge, e in positivo, dal nazionalismo (che riduce l'inclusività al sentirsi solo italiani).  Insomma,  si può essere buoni italiani, senza per questo disprezzare  immigrati, tedeschi, francesi e tutto ciò che rinvii a una visione contrattualistica, e dunque pacifica (non pacifista), dei rapporti tra  individui, stati, nazioni, organizzazioni internazionali.
Ma c'è dell'altro.  Sul piano politico esiste  un fattore chiave per distinguere il patriottismo dal nazionalismo. Quale? Il liberalismo. Ogni nazionalismo è radicalmente antiliberale, nel senso di contrastare tutte quelle  istituzioni, dal mercato alle libertà individuali, dallo stato di diritto  alla rappresentanza parlamentare,  che possono essere definite liberali. I nazionalisti, a parole o meno, possono anche essere democratici, nel senso di una maggioranza che voti leggi nazionaliste, ma mai liberali.  A tale proposito, per l’Italia, crediamo basti citare la differenza, comprovata  dalla storiografia più seria, tra Cavour e Crispi, tra Giolitti e Mussolini, tra De Gasperi e il revanchismo della destra neofascista. E oggi, tra Salvini e Di Maio, da un lato,  e la classe politica europeista della Prima Repubblica, dall'altro. Pertanto,  non ci si  faccia  ingannare dal sovranismo "del piede di casa",  recitato nei salotti televisivi da leghisti e pentastellati: restano comunque antiliberali, in tutti i sensi. A cominciare da quello economico. Salvini e Di Maio difendono  il protezionismo. E il protezionismo  porta all'autarchia, e l'autarchia alla guerra. Come prova la  tragica  guerra civile europea,  ricordata da Macron.   
Di qui, discende anche la differenza tra colonialismo e imperialismo. Esiste un colonialismo liberale, rappresentato da quello britannico (la cui decolonizzazione fu un modello di mediazione liberale), come esiste un imperialismo coloniale, rappresentato, dal fascismo italiano e dal nazionalsocialismo tedesco. Ovviamente esistono anche  forme intermedie, rappresentate da democrazie dove talvolta  la formula maggioritaria, se si vuole il democraticismo,  prevale su quella  liberale, come in certi momenti della storia degli Stati Uniti e  della Francia.  
Il fattore che rende pericoloso il patriottismo, o meglio la sua trasformazione in nazionalismo,  è l’appello al popolo: il fare leva, come sta accadendo di nuovo in Italia, su sentimenti conflittuali, che riducono la cooperazione al  “Prima gli Italiani”, escludendo altre fonti, di possibile cooperazione, come invece riconosce e impone il patriottismo liberale. Che poi tutto questo sia approvato dalla maggioranza dei cittadini,  è al tempo stesso,  una prova della bontà delle tesi qui esposte sulla natura totalitaria del maggioritarismo democratico, e un segnale pericoloso: perché significa che l’ intolleranza  "patriottista"  ha raggiunto i livelli di guardia.  Di maggioritarismo sbraitante, con la bava alla bocca,  si muore. E ci stiamo cadendo di nuovo.
Sicché, Francia e Germania,  memori degli errori del passato, e scorgendoli  nelle politiche italiane, si stanno giustamente "organizzando".  Se le nostre informazioni sono giuste, il trattato di amicizia franco-tedesco, prevede anche una clausola militare di aiuto reciproco in caso di aggressioni. Ciò significa, che i fantasmi del  nazionalismo si stanno di nuovo materializzando.  La clausola è difensiva, di rimbalzo,   ma, il ribadirla,  indica che  si teme il peggio.  Insomma, fa  intuire che si è innescato, quel meccanismo ad orologeria che condusse  alla Prima guerra mondiale  
Ecco dove ci stanno portando  Salvini e Di Maio.  Indietro nel tempo.  Un ritorno al passato. Altro che patriottismo.

Carlo Gambescia