Trattato di Aquisgrana, Francia e Germania si cautelano
Ritorno al passato (con Salvini e Di
Maio)
Il
lettore vuole scorgere un segnale della brutta china presa
dall’Italia? Frutto di pericolose scelte assecondate dalla
pubblica opinione? Quella che, in particolare, si esprime attraverso la classica
formula comunicativa dei giornali?
Eccolo, forte e chiaro: la stampa italiana ha oscurato, fin dalle
prime pagine, la notizia della firma del trattato di Aquisgrana
tra Francia e Germania.
Quest’oggi, sui giornali, si
parla della Germania solo per la decisione, tra l’altro preannunciata, di “sfilarsi”
dalla missione Sophia. E dunque per criticarla. Quanto alla
Francia, gli attacchi ormai sono
quotidiani, da parte della stampa di destra e tradizionalmente
governativa.
Cosa
vogliamo dire? Che l’Italia politica ha scelto l’isolamento e quella mediatica, classica, della carta
stampata (ormai i Social sono nelle mani dei populisti) o tace o acconsente. "Faremo da soli", insomma. Per andare dove? Con gli ungheresi? Con i polacchi?
Sembra
che Macron, ieri, ai fischi di alcuni
manifestanti, abbia risposto, asserendo che coloro che contestano l’amicizia
franco-tedesca, disconoscono, cosa rappresentò e cosa costò
all’Europa, l’inimicizia franco-tedesca. E che quindi chi oggi si sollevi contro l'amicizia, si rende moralmente complice dei crimini
commessi dai nazionalismi. Giustissimo.
Sul
punto specifico va però eliminato un equivoco. Molti, non sappiamo se in buona o
cattiva fede, distinguendo tra patriottismo e nazionalismo, ritengono che Salvini, Di Maio e i sovranisti in genere siano dei patrioti non dei nazionalisti.
In
realtà, sul piano sociologico,
patriottismo e nazionalismo rinviano
alla costante metapolitica del conflitto. La differenza, sempre sul piano
sociologico, tra i due fenomeni, è data da un' altra costante metapolitica quella della cooperazione. Quanto
più c’è equilibrio, inclusivo verso l'alto, tra conflitto e cooperazione, nel senso di un
allargamento dell’inclusività ( ad esempio con il sentirsi al tempo stesso italiani, europei, cittadini del
mondo), quanto più, il patriottismo diverge, e in positivo, dal nazionalismo (che riduce l'inclusività al sentirsi solo italiani). Insomma, si
può essere buoni italiani, senza per questo disprezzare immigrati, tedeschi, francesi e tutto ciò che rinvii a una visione
contrattualistica, e dunque pacifica (non pacifista), dei rapporti tra individui, stati, nazioni, organizzazioni
internazionali.
Ma c'è dell'altro. Sul
piano politico esiste un fattore chiave
per distinguere il patriottismo dal nazionalismo. Quale? Il liberalismo. Ogni
nazionalismo è radicalmente antiliberale, nel senso di contrastare tutte quelle istituzioni, dal mercato alle libertà individuali, dallo stato di diritto alla rappresentanza parlamentare, che possono essere definite liberali. I nazionalisti, a parole o meno, possono
anche essere democratici, nel senso di una maggioranza che voti leggi
nazionaliste, ma mai liberali. A tale proposito, per l’Italia, crediamo basti citare la differenza, comprovata dalla storiografia più seria, tra Cavour e
Crispi, tra Giolitti e Mussolini, tra De Gasperi e il revanchismo della destra
neofascista. E oggi, tra Salvini e Di Maio, da un lato, e la classe politica europeista
della Prima Repubblica, dall'altro. Pertanto, non ci si faccia ingannare dal sovranismo "del piede di casa", recitato nei salotti televisivi da leghisti e pentastellati: restano comunque antiliberali, in tutti i sensi. A cominciare da quello economico. Salvini e Di Maio difendono il protezionismo. E il protezionismo porta all'autarchia, e l'autarchia alla guerra. Come prova la tragica guerra civile europea, ricordata da Macron.
Di
qui, discende anche la differenza tra colonialismo e imperialismo. Esiste un
colonialismo liberale, rappresentato da quello britannico (la cui
decolonizzazione fu un modello di mediazione liberale), come esiste un
imperialismo coloniale, rappresentato, dal fascismo italiano e dal
nazionalsocialismo tedesco. Ovviamente esistono anche forme intermedie, rappresentate da
democrazie dove talvolta la formula maggioritaria, se si vuole il democraticismo, prevale su quella liberale, come in certi momenti della storia degli Stati Uniti e della Francia.
Il
fattore che rende pericoloso il patriottismo, o meglio la sua trasformazione in
nazionalismo, è l’appello al popolo: il fare leva, come sta accadendo di nuovo
in Italia, su sentimenti conflittuali, che riducono la cooperazione al “Prima gli Italiani”, escludendo altre fonti,
di possibile cooperazione, come invece riconosce e impone il patriottismo liberale. Che poi
tutto questo sia approvato dalla maggioranza dei cittadini, è al tempo stesso, una prova della bontà delle tesi qui esposte sulla natura totalitaria del maggioritarismo democratico, e un segnale pericoloso: perché significa che l’
intolleranza "patriottista" ha raggiunto i livelli di
guardia. Di maggioritarismo sbraitante, con la bava alla bocca, si muore. E ci stiamo cadendo di nuovo.
Sicché, Francia e
Germania, memori degli errori del passato, e scorgendoli nelle politiche italiane, si stanno
giustamente "organizzando". Se le nostre
informazioni sono giuste, il trattato di amicizia franco-tedesco, prevede anche
una clausola militare di aiuto reciproco in caso di aggressioni. Ciò significa, che i fantasmi del nazionalismo si stanno di nuovo materializzando. La clausola è difensiva, di rimbalzo, ma, il ribadirla, indica che si teme il peggio. Insomma, fa intuire che si è innescato, quel meccanismo ad orologeria che condusse alla Prima guerra mondiale
Ecco
dove ci stanno portando Salvini e Di Maio. Indietro nel tempo. Un ritorno al passato. Altro che patriottismo.
Carlo Gambescia