mercoledì 2 gennaio 2019

La manovra a tenaglia contro il Parlamento
Come muoiono 
le  liberal-democrazie



È di ieri la promessa  di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista di tagliare ulteriormente, per legge, lo stipendio dei parlamentari. Una specie di suicidio assistito, come vedremo. Poche ore prima Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, aveva rivendicato la centralità del Parlamento.  Diciamo però, in modo soft. 
Si dirà, che relazione c’è tra le retribuzioni di deputati e senatori  e  l’ uso smodato  del decreto-legge, nel quale il Governo del Popolo  sembra essere maestro?  Presto detto.  Che nell’immaginario a Cinque Stelle, come del resto risulta dalle parole  gridate di Grillo, Casaleggio e altri notabili pentastellati,  il Parlamento è qualcosa di  inutile e  superato.  Di qui, una manovra politica  a tenaglia: da un lato il suo asservimento politico, attraverso  il rigido controllo delle opinioni di ogni singolo parlamentare, pena l’espulsione e la distruzione della carriera politica;  dall’altro, l’asservimento economico, attraverso il taglio progressivo di qualsiasi compenso, fino all'azzeramento, approvato pavidamente dagli stessi parlamentari.  Quindi, contro un omicidio-suicidio assistito,  ben poco possono e potranno le parole, per giunta flebili, di Mattarella.
L’idea di fondo, che non appartiene solo a  Di Maio e Di Battista, ma anche a  un cripto-fascista (per ora),  come  Salvini,  è quella di  depotenziare, fino all’annullamento, il Legislativo, per rafforzare, fino a renderlo determinante,  il ruolo dell’ Esecutivo.  Va anche osservato,  che lo strano  silenzio, o comunque lo scarso attivismo  dei giudici, finora diligentissimi nel rivendicare i propri poteri e  indagare a trecentosessanta gradi  i politici,  fa temere  che pure  il Giudiziario  si stia  adeguando all’incipiente nuovo ordine populista. Il cui disegno politico  può essere riassunto  nel classico  "nessuno disturbi il manovratore".  Altro che uno vale uno... Il vecchio Michels  tenía razón.
Sembra incredibile,  per anni si è criminalizzato  Berlusconi, perché, come si diceva,  "portatore di un progetto autoritario".   Stessa accusa per  Monti,  Letta,  Renzi e Gentiloni.  Inutile ricordare la canea Social che precedeva e accompagnava  feroci  campagne di stampa che seguivano o anticipavano quelle giudiziarie. Da ultima,  si ricordi quella, scandalosa per i toni stupidamente apocalittici, sulle riforme costituzionali,  liquidate come  fasciste, da chi governa oggi.
E invece ora  -   ironia della storia -  che  un vero  progetto autoritario  è  in atto,  nessuno parla. Purtroppo, così  muoiono le liberal-democrazie. Nel silenzio assordante.

Carlo Gambescia