Gli “interessi
del popolo italiano” secondo Matteo Salvini
Prima i fatti.
«"Il
Senato e gli italiani devono decidere se sto facendo qualcosa che è
nell'interesse del popolo italiano o no. Ci sono segnalazioni precise che sui
barconi si infiltrano spacciatori, delinquenti, terroristi. In Tunisia ci sono
almeno 3mila combattenti islamici. Ad ogni barcone che arriva in Italia
illegalmente dirò di no. Se per qualche magistrato è sequestro di persona per
me è difendere i confini del mio Paese". Lo ha detto Matteo Salvini a
'Dimartedì' su La7, in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere sul
caso Diciotti.»
Siamo
davanti a un ottimo esempio di ciò che significa “Governo della Paura”, nel senso di un governo che usa la paura come unica risorsa politica. Quindi siamo oltre la definizione giornalistica di Salvini come "Ministro della Paura". Il fatto è strutturale. Sociologico. E spieghiamo perché.
Si agita un fantasma, quello del terrorismo, dopo aver sventolato quello
della criminalità, per spaventare la gente comune e spingerla a sostenere un governo
razzista. Inoltre, nel caso, del voto a Senato, Salvini e sodali
pentastellati, mostrano di voler preparare il terreno per una delegittimazione, davanti all’ "amato popolo", del Senato della Repubblica, in caso di voto contrario.
Insomma, viene presentata come pericolosa
realtà incombente sulla testa dei “poveri” italiani, quella che invece è una remota possibilità,
come la presenza a bordo di
terroristi, così stupidi, tra l’altro, di nascondersi su una nave, che sarebbe sicuramente finita nel mirino
dei media e della forze di polizia.
Ora, per venire al punto strutturale, che i sistemi politici rappresentino una forma di
neutralizzazione della paura, è un fatto sociologico. In argomento esiste una letteratura
vastissima che spiega, ad esempio, le
origini del welfare state come riposta alla paura da impoverimento. Oppure dello
stato di diritto come risposta alla
paura di subire abusi.
Ma,
ecco il punto, governare non rispondendo
ma creando la paura, conduce
direttamente all’uso della paura come mezzo ordinario di governo: si crea ad arte un pericolo per giustificare la pura conservazione del potere. Si fornisce protezione per ottenere l' obbedienza. Il che è un meccanismo politico che ha un senso, ma solo quando la
paura è più che giustificata, quando sia reale non immaginaria. Per farla breve: non costruita e strumentalizzata dal potere.
Naturalmente,
non è facile individuare il punto di
confine tra paura reale e irreale. Che
però esiste.
Si
pensi, a un esempio classico per l’Italia.
Quello dei famigerati appelli
elettorali democristiani contro il pericolo comunista. Allora però il pericolo era reale. L’invasione
sovietica non era una remota
possibilità. Il fatto che poi la Democrazia Cristiana , dopo le
elezioni, favorisse il Partito Comunista
italiano, come negli anni Settanta, faceva parte di una strategia politica
“dell’attenzione” per ricondurre gli
eredi di Togliatti nell’alveo del riformismo socialdemocratico. Pertanto, l’uso della paura,
aveva un preciso senso politico: quello di normalizzare, nel tempo, i comunisti,
anche gli occhi degli stessi elettori democristiani. Quindi l’accento sul pericolo comunista, faceva parte,
tutto sommato di una strategia dell' allargamento, in senso democratico, del
sistema politico italiano.
Per
contro, dietro il salviniano uso della paura,
c’è solo la paura . Non c’è alcuna
strategia politica, se non quella di
indicare all’ “amato popolo”, per spaventarlo, i capri espiatori: i negri terroristi, le banche
speculatrici, le élite gay e al caviale, l’Europa
“che comanda”. Per andare dove? E qui viene il bello (o il brutto). Verso un
rozzo assistenzialismo, politico e sociale, a metà strada tra le idee del fascismo e del cattolicesimo più conservatore.
Quindi nell’ordine: nazionalismo, protezionismo, razzismo e integralismo sociale e religioso.
E
dal momento che l’alleato di Governo, il Movimento Cinque Stelle, sull' immaginaria paura di essere derubati
dalla politica, dai famosi politici corrotti, ha costruito la sua fortuna elettorale,
è facile intuire, come il Governo
giallo-verde non possa giornalmente fare
a meno di indicare nemici e così favorire una mentalità da accerchiamento
politico e da scontro permanente con tutti i "nemici del popolo".
Una linea politica (parola grossa) che in prospettiva può condurre a misure sempre più autoritarie in nome della “salus” dell’ “amato popolo".
Come
ripeto da tempo, l’Italia è messa molto male. Sveglia!
Carlo Gambescia