Di Maio, Macron e il “Franco coloniale”
Ma quale fact checking…
Prendete
quattro imbecilli, sfaticati e presuntuosi, che chattano sui Social in pigiama
tutto il giorno, con alle spalle un
liceo o un istituto tecnico a fondo perduto, qualche esame universitario facile
facile, o addirittura una laurea strappata a colpi di diciotto, e avrete la classe dirigente pentastellata. Quella che ora è in Parlamento e al Governo.
Quindi
perché meravigliarsi delle scemenze enunciate sistematicamente da Di Maio, Di Battista e accoliti ? Da ultima quella sul “Franco coloniale”, evocato in chiave
complottista… Però, attenzione c’è anche di peggio, come ad
esempio, la Meloni che ha rilanciato,
ribadendo il copyright sulle macro-stronzate (pardon) terzomondiste.
Così
siamo messi. Il punto è che, dal momento
che in politica, ogni azione provoca una
reazione (e così via), una cosa è porre problemi veri e inalberarsi, se e quando occorre, su
questioni reali, un’altra è crearli
senza alcuna vera ragione politica, se non quella, come avviene sui Social,
di spararla più grossa, fino a prova contraria, come spesso si legge. Prova
contraria che però non arriva e non
arriverà mai. Per quale ragione? Perché,
una caratteristica del “Pensiero Social” è l’autoreferenzialità, a ogni costo, al punto di sostenere, paradosso dopo paradosso, persino l’idea che la Terra sia piatta. Però la cosa si fa più grave quando la macro-stronzata finisce nell'agenda politica di una nazione, perché il discorso pubblico si avvita su se stesso. Ad esempio, il cosiddetto fact checking, ora adottato anche
dalla carta stampata, che, ovviamente, in un attimo ha smontato le
stupidaggini sul “Franco coloniale”, rinvia però alle tecniche di
argomentazione social destinate inevitabilmente ad avvitarsi su se
stesse, perché, al primo fact checking, se ne oppone subito un altro e così
via, lungo un percorso a spirale che, privilegia al capire il credere. Il che ricorda, come tecnica argomentativa, il metodo della teologia medievale,
raffinatissimo, ma teso a studiare gli attributi di dio.
Che
cosa vogliamo dire? Che il veleno non è
nel fact cheking in sé, che per certi aspetti, seppure blandamente, rinvia alla
logica della scoperta scientifica e al
principio di fallibilità, ma all’ambito stesso della discussione: alla sua premessa, che nel XIII secolo era l’eternità
di dio, nel XXI l’eternità del colonialismo. Se la premessa, non è vera
né falsa, l’esito dell’argomentazione
sarà indeterminato.
Il
colonialismo, non è vero né falso: esistono però rapporti di forza, politica, economica e
sociale, costanti o regolarità metapolitiche che si riproducono a ogni
livello. E questi rapporti - e non il colonialismo dei terzomondisti a Cinque Stelle- sono immutabili, ma nel tempo storico e sociologico, assumendo forme ricorrenti. Di conseguenza, se gli africani, che i pentastellati e perfino
Salvini, come dicono, vogliono proteggere, si sviluppassero al
nostro livello, o addirittura ci superassero, si trasformerebbero loro nei nostri colonialisti. Del resto, la guerra non dichiarata alla Francia, che tanto piace
a Di Maio e Salvini non è altro che un
portato del sovranismo, che non è che una forma di conflittualismo, antico quanto
l’uomo e la società, che rinvia, per il
Novecento, al nazionalismo, altrettanto imperialista e colonialista.
Ora,
credere, come Di Maio e Salvini, che ognuno potrebbe vivere in pace a casa
propria, è di una ingenuità veramente sconcertante, che ci riporta alle
discussioni medievali sugli
attributi di dio, discussioni altrettanto
ingenue. Però, non fino al punto di non
uccidersi e massacrarsi a vicenda per una certa idea di dio.
E
la stessa cosa vale per il colonialismo. Non esistono due nazionalismi, uno
buono (il sovranismo) e uno cattivo (il colonialismo). Ma un solo nazionalismo che inevitabilmente è colonialista e
imperialista. Sicché, accusando gli altri di colonialismo, è come se ci si guardasse alla specchio del
conflittualismo, che è antico quanto l’uomo. Come del resto - si faccia attenzione - la cooperazione e l'inclusione nelle varie forme politiche, economiche e sociali. Ma il sovranismo, privilegia il conflittualismo. O se si preferisce, un conflittualismo romanzato a fin di bene che porterà alla pace universale del ciascuno a casa sua: l'ideale del ragioniere del quarto piano, o se si preferisce, la filosofia da condominio perfetto. Peccato che gli storici del Novecento non siano d'accordo.
Del resto, che
cosa sta facendo l’Italia in Libia? La
cessione di motovedette, i soldi sotto banco, il via vai dei servizi segreti,
le pressioni neppure tanto scoperte che cosa sono? Intrusioni politiche nelle vicende di un' altra nazione:
neocolonialismo.
Pertanto
sollevare questioni contro la
Francia, - ammesso e non concesso, eccetera, eccetera - significa darsi, come il famigerato
contadino, la zappa sui piedi. Detto altrimenti: creare problemi che non esistono, favorire un approccio irrealistico alla politica,
lavorare per l’isolamento europeo e internazionale dell’Italia.
Una
catastrofe. E per quali ragioni? Perché
quattro scemi, senza arte né parte, hanno agguantato il potere. Grazie a elettori più imbecilli di
loro che pigramente (perché la libertà è responsabilità e fatica), al capire preferiscono il credere. Ma anche a causa della codardia di una classe
dirigente, che ha accettato - semplificando - di
tornare a ragionare degli attributi di dio. Ai quale
ovviamente, si applica il fact checking…
Carlo Gambescia