venerdì 4 gennaio 2019

Il  rischioso realismo ex post di  Mattarella
Non impedire ai  populisti  di farsi male  da soli…


In  cosa consiste l’arte del realismo politico?  Parliamo della  capacità, quasi  sempre  frutto di intuizioni,  di impedire  che le cose precipitino?  Insomma,  come scrivevamo ieri, che il caos avanzi? 
L’amico,  professor Jerónimo Molina,  fa nascere   il realismo politico  dall’ “immaginazione del disastro”: lo collega  alla  previsione, magari al momento  non razionalmente giustificata (dunque, un'intuizione), che le cose politiche, partendo da quelle in atto,  possano sempre  volgere al peggio.  Di qui,   la necessità  di accettare un limite, un punto di non  ritorno, ovviamente da non superare: un limite  che caratterizza ogni processo politico.
Ad esempio, il punto di non ritorno, per fare una citazione macro-storica,  delle classi politiche (non tutte, ovviamente) dell’Europa pre 1914,  fu quello di non  capire, che la guerra avrebbe determinato lo sconvolgimento dell’ordine liberale, sviluppatosi armoniosamente  nel secolo precedente.  Sul piano micro-storico  un  altro esempio,  può essere costituito  dal moderatismo di  Togliatti, che capì che in Italia la presa violenta del potere non era possibile, di qui,  la sua prudente  decisione di favorire il  consolidamento delle istituzione democratiche.
Abbiamo scelto esempi novecenteschi, proprio perché più vicini a noi, quindi facilmente comprensibili. 
Ora, il caos che avrebbe  provocato il  governo populista in Italia, era facilmente intuibile.  Ma per intuirlo serviva una classe politica con il senso del limite, in chiave  di percezione del punto di non ritorno (da non superare mai, ripetiamo).  L’Italia purtroppo, dal 1992-1994, non possiede più qualcosa che  somigli  a una classe politica  capace di tale  genere di intuizioni. Di “immaginare il disastro”. 
Se tale classe fosse esistita, non avremmo avuto la lunga "vacanza" politica  rappresentata da Berlusconi e Prodi:  un imprenditore privato e un imprenditore pubblico. Ma neppure avremmo avuto, la rumorosa supplenza della magistratura, né i governi tecnici, né quelli timidamente riformisti di Letta, Renzi e Gentiloni.
Spesso a un ricambio politico, dunque di quantità,  che in Italia  pure vi è stato dal 1992-1994,  non corrisponde un miglioramento dal punto di vista della qualità. Per ritrovare esempi del genere,  si potrebbe risalire fino alla sostituzione, nell'antica Repubblica romana, della classe dei Cavalieri a quella dei Senatori. Certo, fu un processo secolare.   Tuttavia, anche  per l'Italia degli ultimi anni, come provano del resto i risultati delle  elezioni dello scorso marzo, si è visto  ascendere al potere, addirittura di governo,   un branco di incapaci, ignoranti e presuntuosi. Si dirà, micro-storia...  Eppure, la logica del mutamento sociale, in peggio,   è la stessa.  
Ma Mattarella non era  "targato"  Prima Repubblica? Tradotto: doveva essere dotato di senso del limite.   Perché allora non ha fatto nulla per impedire la nascita del governo populista?  
Probabilmente perché  portatore di un'altra idea di realismo politico.  Di qui, la sua scelta dell’auto-affondamento:  l’idea   di portare i populisti   in cima all’Everest  del potere,  per poi vederli precipitare,  perché totalmente  ignari delle dure  leggi della montagna. Anche questa è una forma di realismo, ma di realismo  ex post, che nasce dalla  accettazione delle cose, non dall'intuizione  ex ante delle stesse.
Insomma,  il trucco , per così  dire,  è   non impedire ai populisti di farsi  male da soli.  Ricetta, quella di Mattarella,  che può anche funzionare (per carità…),  ma che implica  costi altissimi.  Ad esempio, per citare un caso macro-storico, la doppia formula  divise,  dinanzi a Hitler,  Chamberlain (realista ex post) da Churchill  (realista ex ante). Come finì tutti sappiamo: Hitler  si consolidò e raggiunse il suo scopo, quello di  scatenare una guerra mondiale.  E  per metterlo in condizione di non nuocere ci vollero sei lunghi anni e milioni di morti.       
Ora,  l’Italia degli anni Dieci del XXI secolo,  non è la Germania degli anni Venti e Trenta  del XX (almeno, per  il momento), però, anche sul piano micro-storico, la logica dei due realismi opposti è la stessa.   Immaginare il disastro e dunque prevenirlo?  E quindi ridurre  i costi sociali?  O lasciare che il nemico  si faccia  male da solo?  Accrescendoli?
Esiste anche una terza ipotesi, che però crediamo non molto   fondata, alla quale però dobbiamo accennare, per ragioni di correttezza argomentativa.  Quale ipotesi? Che Mattarella sia totalmente inadatto al ruolo che ricopre. Insomma, che  non sia un realista ex post né ex ante, ma qualche altra cosa.  
Qui però  ci fermiamo, per ovvie ragioni di rispetto istituzionale.                            

Carlo Gambescia