Il rischioso realismo ex post di Mattarella
Non impedire ai populisti di farsi male da soli…
In
cosa consiste l’arte del realismo
politico? Parliamo della capacità, quasi sempre
frutto di intuizioni, di
impedire che le cose precipitino? Insomma,
come scrivevamo ieri, che il caos avanzi?
L’amico, professor Jerónimo Molina, fa nascere il
realismo politico dall’ “immaginazione del disastro”: lo collega alla previsione, magari al momento non razionalmente giustificata (dunque, un'intuizione), che le cose politiche, partendo da quelle in atto, possano sempre volgere al
peggio. Di qui, la necessità di accettare
un limite, un punto di non ritorno, ovviamente da
non superare: un limite che caratterizza ogni processo politico.
Ad
esempio, il punto di non ritorno, per fare una citazione macro-storica, delle classi politiche (non tutte,
ovviamente) dell’Europa pre 1914, fu quello di non capire, che la guerra avrebbe determinato lo
sconvolgimento dell’ordine liberale, sviluppatosi armoniosamente nel secolo precedente. Sul piano micro-storico un
altro esempio, può essere costituito dal moderatismo di Togliatti, che capì che in Italia la presa
violenta del potere non era possibile, di qui, la sua prudente decisione di favorire il consolidamento delle istituzione
democratiche.
Abbiamo
scelto esempi novecenteschi,
proprio perché più vicini a noi, quindi facilmente comprensibili.
Ora,
il caos che avrebbe provocato il governo populista in Italia, era facilmente
intuibile. Ma per intuirlo serviva una
classe politica con il senso del limite, in chiave di percezione del punto di non ritorno (da non superare mai, ripetiamo). L’Italia purtroppo, dal 1992-1994, non possiede più qualcosa che somigli
a una classe politica capace di
tale genere di intuizioni. Di
“immaginare il disastro”.
Se
tale classe fosse esistita, non avremmo avuto la lunga "vacanza" politica rappresentata da Berlusconi e Prodi: un imprenditore privato e un imprenditore
pubblico. Ma neppure avremmo avuto, la rumorosa supplenza della
magistratura, né i governi tecnici, né quelli timidamente riformisti di Letta,
Renzi e Gentiloni.
Spesso
a un ricambio politico, dunque di quantità,
che in Italia pure vi è stato dal
1992-1994, non corrisponde un
miglioramento dal punto di vista della qualità. Per ritrovare esempi del genere, si potrebbe risalire fino alla sostituzione, nell'antica Repubblica romana, della classe dei Cavalieri a quella dei Senatori. Certo, fu un processo secolare. Tuttavia, anche per l'Italia degli ultimi anni, come provano del resto i risultati delle elezioni dello scorso marzo, si è visto ascendere al potere, addirittura di governo, un branco di incapaci, ignoranti e presuntuosi. Si dirà, micro-storia... Eppure, la logica del mutamento sociale, in peggio, è la stessa.
Ma
Mattarella non era "targato" Prima
Repubblica? Tradotto: doveva essere dotato di senso del limite. Perché allora non ha fatto
nulla per impedire la nascita del governo populista?
Probabilmente perché portatore di un'altra idea di realismo politico. Di qui, la sua scelta dell’auto-affondamento: l’idea di
portare i populisti in cima all’Everest del potere,
per poi vederli precipitare, perché totalmente ignari delle dure leggi della montagna. Anche questa è una forma di realismo, ma di realismo ex post, che nasce dalla accettazione delle cose, non dall'intuizione ex ante delle stesse.
Insomma, il trucco , per così dire, è non impedire ai populisti di farsi male da soli. Ricetta, quella di Mattarella, che può anche funzionare (per carità…), ma che implica costi altissimi. Ad esempio, per citare un caso macro-storico, la doppia formula divise, dinanzi a Hitler, Chamberlain (realista ex post) da Churchill (realista ex ante). Come finì tutti sappiamo: Hitler si consolidò e raggiunse il suo scopo, quello di scatenare una guerra
mondiale. E per metterlo in condizione di non nuocere ci vollero sei lunghi
anni e milioni di morti.
Ora, l’Italia degli anni Dieci del XXI secolo, non è la Germania degli anni Venti
e Trenta del XX (almeno, per il momento), però,
anche sul piano micro-storico, la logica dei due realismi opposti è la stessa. Immaginare il disastro e dunque prevenirlo? E quindi ridurre i costi sociali? O lasciare che il nemico si faccia male da solo?
Accrescendoli?
Esiste
anche una terza ipotesi, che però crediamo non molto fondata, alla quale però dobbiamo
accennare, per ragioni di correttezza argomentativa. Quale ipotesi? Che Mattarella sia totalmente
inadatto al ruolo che ricopre. Insomma, che
non sia un realista ex post né ex ante, ma qualche altra cosa.
Qui però ci fermiamo, per ovvie ragioni di rispetto
istituzionale.
Carlo Gambescia